Capita spesso che chi lavora nel settore IT o ICT abbia qualche difficoltà a spiegare in poche parole il proprio lavoro a chi non conosce bene il settore. Questo è anche dovuto all’enorme evoluzione che c’è stata nel corso degli anni. Vediamo di fare chiarezza ed esplorare le competenze di queste figure professionali.
Breve biografia istituzionale dell’ICT
L’ICT che, come visto nell’articolo precedente, “è oggi un pilastro fondamentale per la nostra società e per la nostra vita” ha ormai decenni di attività alle spalle e ha subito una evoluzione non comparabile con quella di altri settori tecnologici umani.
In particolare, negli ultimi 15 anni si sono verificati tanti cambiamenti per i profili professionali operanti nel campo ICT, con una moltiplicazione enorme di titoli e job description, che ha portato contestualmente a un grande disordine e alla non effettiva comprensione di chi fa che cosa all’interno della definizione di l’ICT. Situazione, questa, in comune comunque con diversi altri settori professionali, all’interno dei quali sono nate nel corso degli anni professioni del tutto nuove.
In questo quadro, il 14 gennaio 2013 in Italia è stata emanata la Legge n. 4 recante “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”, norma di particolare interesse per chi svolge professioni appunto non organizzate in ordini o collegi, a esclusione delle attività artigianali, commerciali e in generale di tutto ciò che è già normato o disciplinato.
Sulla base di questo mandato UNINFO, la sezione dedicata alla regolamentazione ICT di UNI, l’Ente Italiano di Normazione, ha emanato la norma UNI 11506:2013 dal titolo “Attività professionali non regolamentate – Figure professionali operanti nel settore ICT – Definizione dei requisiti di conoscenza, abilità e competenze”, in vigore dal 26 settembre 2013.
Questa norma definisce i criteri generali delle figure professionali operanti nel settore ICT stabilendo i requisiti fondamentali per l’insieme di conoscenze, abilità e competenze che le contraddistinguono, e si applica alle figure professionali indipendentemente dalle modalità lavorative e dalla tipologia del rapporto di lavoro (dipendente, freelance o libero professionista iscritto a un Ordine professionale).
La norma UNI 11506 è stata redatta a partire dal quadro europeo di riferimento delle competenze e dei relativi skill “eCompetence Framework (e-CF)”, trasferendolo al contesto italiano. L’Italia, con la norma UNI 11506, è stata la prima nazione a livello europeo a dotarsi di uno standard per le competenze ICT, diventando per la prima volta anche propositore e anticipando altre nazioni: l’organo di normazione della Unione Europea, il CEN, ha rilasciato nella primavera 2016 la nuova norma EN 16458-1, basata sulla nostra UNI11506, con tanto di traduzione italiana già pronta.
La continua crescita e la necessità di costruire un sistema evolvibile ha infine portato alla normativa completa attualmente in essere dal 2016, la UNI 11506-11621, norma “multi-parte” che definisce:
Livello 1: le 6 famiglie fondamentali di profili, legate alle specifiche funzioni necessarie per tutto il ciclo di vita di un servizio ICT, e le regole per costruire un profilo professionale ad esse legato.
Livello 2: entro una (o più) di queste funzioni i 23 profili professionali fondamentali dell’ICT, detti anche profili di “seconda generazione”.
Livello 3 e successivi: profili di “terza generazione”, definiti seguendo le regole del livello 1 e collegati con i profili di seconda generazione.
I fornitori del servizio ICT: famiglie e profili
Vediamo ora le “famiglie” fondamentali in cui sono suddivisi i profili, tenendo presente che viene riconosciuta la necessità di strutturare un piano di business in cui inserire il progetto di un servizio ICT, dal suo concepimento alla sua entrata in servizio, sino alla sua dismissione. Ricordiamo inoltre che per servizio ICT si intende una unità funzionale, composta di software, hardware e reti, che eroga un valore per i suoi utenti. Esempi di servizi ICT possono essere un social media come Facebook, un servzio mail come GMail, un software ERP come SAP, un software come la suite Office di Microsoft o una app come quella per pagare un parcheggio.
Diventano quindi necessari gli ambiti:
Business Management: gestione dal punto di vista business ed economico, deve garantire un ROI per il servizio.
Technical Management: gestione metodologica e tecnica, presuppone l’uso delle tecniche di Project Management applicate al contesto ICT.
Design e Plan: progettazione tecnica ed architetturale, dove è compresa la raccolta dei requisiti e la definizione delle esigenze funzionali cui il progetto pone una risposta.
Build: costruzione tecnica del servizio obiettivo del progetto, quindi sviluppo, integrazione e collaudi.
Run: parte di esercizio, in cui il servizio deve svolgere il compito per cui è stato creato rispettando i parametri di funzionamento stabiliti durante le fasi precedenti.
Enable: tutto l’insieme delle attività di supporto che abilitano il funzionamento del servizio, che comprendono anche le relazioni commerciali tra entità giuridiche diverse (ad esempio clienti-fornitori).
Il quadro va pensato in termini temporali: tutti i servizi sopra citati non sono entità statiche, che una volta realizzate rimangono costanti, ma strumenti che evolvono nel tempo, seguendo le mutevoli esigenze funzionali di chi le usa. Pensiamo, ad esempio, a come nel tempo si sono evoluti Facebook o GMail. Ne deriva che, in realtà, il ciclo plan-build-run si ripete continuamente nel tempo, con l’aggiunta di funzionalità sempre nuove e la correzione di errori e imprecisioni.
Altri profili e prossime sfide
Nel diagramma sottostante sono invece rappresentati, inquadrandoli nei 6 ambiti fondamentali, i ruoli di seconda generazione, che devono svolgere le funzioni degli ambiti fondamentali. Tra di essi sono riconoscibili alcuni ruoli “storici” come il developer o sviluppatore, il CIO – evoluzione dell’ EDP/IT Manager, l’IT Project Manager, il Business Analyst o analista funzionale, il Sysadmin o sistemista .
Alcuni ruoli sono di collocazione “varia”, come l’ICT Consultant, che è a cavallo fra diversi ambiti. O il Service Manager, che si colloca fra la gestione tecnica ed il run. Altri ruoli sono nati con le nuove tecnologie, come il Business Information Manager, responsabile, fra l’altro, delle informazioni e della conoscenza in un’azienda e figura funzionale che dovrà un domani dirigere chi si occupa materialmente di Big Data.
In ogni caso è stabilita una nomenclatura standard, che identifica ruoli precisi e gli associati compiti e definisce ordine nel mare magnum dell’ICT, finora molto anarchico. Il quadro sicuramente si evolverà nel tempo al procedere della evoluzione dell’ICT e nuovi profili dovranno essere creati.
La certificazione professionale , disponibile per profili come il Security Specialist, l’IT Project Manager ed il Business Analyst, aggiunge valore alla figura del professionista che la possiede, in quanto riconosciuta da Accredia, l’Ente Italiano di Accreditamento.
Inquadrato il discorso in ambito generale, proviamo ora a entrare più nello specifico.
Un’azienda di informatica italiana, come ad esempio il Gruppo Maps, di che profili ha bisogno?
Senz’altro di molti Developer, Test Specialist e Digital Media Specialist, di alcuni sysadmin, DBA, network specialist e technical specialist, di diversi Business Analyst, System Analyst e Systems Architect, di diversi Project Manager e Account Manager, di almeno un Quality Assurance Manager. Il tutto tenendo conto del fatto che più ruoli possono essere ricoperti dalla stessa persona, magari in diversi progetti, purché essa abbia gli skill necessari e il tempo uomo sufficiente a disposizione.
Un’azienda non di informatica, invece, di che profili ha la necessità?
Sicuramente di un CIO, di un Security Manager, di diversi sysadmin, network specialist e DBA, di service desk agent. Inoltre di ICT Consultant e Technical Specialist, questi ultimi tipicamente esterni. Se è presente un settore di sviluppo interno saranno necessari anche diversi developer.
Un’ultima questione: chi si affaccia per la prima volta al mondo dell’ICT può, da subito, aspirare a ricoprire uno qualsiasi di questi profili?
Nella maggior parte dei casi no, perché i ruoli più manageriali richiedono sicuramente anche esperienza operativa sul campo.
Nel prossimo articolo vedremo come l’Università prepara le persone che diventeranno i professionisti ICT di domani.
Per saperne di più
www.wikipedia.org
Giulio Destri, “Sistemi Informativi. Il pilastro digitale di servizi ed organizzazioni”, Ed. FrancoAngeli, 2013
www.certificazioneprofessioni.org