Big Data, Open Data e Relevant Data declinati in maniera trasversale su temi non solo tecnici ed economici, ma anche sociali e culturali: è da poco online “6memes”, il nuovo blog di Maps Group. In proposito, Natalia Robusti ha intervistato Maurizio Pontremoli, amministratore del gruppo, per dare voce ad alcune curiosità riguardanti sia la nuova pubblicazione che le tematiche che interpreta in maniera originale e innovativa.
Innanzitutto il titolo del blog, un po’ ermetico: da dove deriva e cosa vuole significare?
“6memes” prende ispirazione da un’affinità stringente con le sei parole-chiave culturali che Calvino aveva già individuato nel 1985 e alle quali ha dedicato le sue ‘Lezioni americane’: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, coerenza (quest’ultima in realtà incompiuta).
Ognuna di esse può essere utilizzata come punto di vista e riferimento per identificare o analizzare quelli che sono definiti i Big Data, la materia prima, diciamo così, del nostro lavoro. Dal titolo inglese dell’opera, “Six Memos for the Next Millennium”, abbiamo creato il gioco di parole “Six Memes for Our Millenium”, abbreviato in “6memes”, che rappresenta innanzitutto il nostro omaggio a un autore italiano ammirato universalmente.
Consapevoli dell’azzardo al quale in parte ci esponiamo, cercheremo in questo blog di evidenziare e approfondire le intersezioni tra varie forme di sapere, guidati e – perché no – divertiti dai temi individuati da Calvino, cercando di rendere più leggeri da un lato e più visibili dall’altro quelli che sono il cuore della nostra attività: i dati extralarge.
Questo ci conduce alla seconda domanda: il pay-off del gruppo, Sharing Knowledge, è esaustivo rispetto all’intenzione appena chiarita. Come si coniuga però questa vocazione alla condivisione con le necessità di business di ogni impresa che opera sul mercato, compresa la vostra?
I due aspetti sono assolutamente conciliabili, anzi ancor meglio complementari, costituendo un percorso circolare virtuoso. Non c’è innovazione senza condivisione della conoscenza e, allo stesso modo, non c’è business sostenibile nel tempo senza innovazione e scambio continuo.
Nel nostro settore questo paradigma vale ancora di più. Il punto di vista espresso nel pay-off del nostro marchio non rappresenta quindi un puro valore culturale e ideale, ma possiede una sua valenza concreta.
Ogni giorno trattiamo dati complessi, che sono per loro natura il risultato di molteplici interazioni che si stratificano in differenti unità di spazio e di tempo. Essi stessi, in sintesi, sono condivisione di informazioni e dunque terreno di coltura ideale per essere trasformati in ulteriori forme di conoscenza.
Così resta un po’ troppo vago. Non riesce a farci esempi più concreti?
Ci provo volentieri. Ciascuno è abituato, nel suo quotidiano, allo scambio di dati di ogni genere, in tempo reale e in modo quasi automatico, cosi che tali azioni ci sono tanto familiari da non avere niente di straordinario.
E attenti come siamo solo all’informazione scambiata in quel momento, trascuriamo sia la valenza che è alla base stessa di tale scambio, ovvero il motivo per cui questo è avvenuto, che le sue conseguenze, che possono produrre livelli di complessità informativa anche per altri destinatari, aggiungendo significato a ogni ulteriore passaggio di conoscenza.
In concreto, basta pensare al settore della sanità, in cui in ogni istante scorrono flussi di dati la cui unità di misura è nell’ordine di Terabyte al giorno.
Si tratta di nomi, cognomi e indirizzi, date di ingresso e uscita dalle strutture sanitarie, ma anche di patologie individuate, di medicinali prescritti e somministrati, di guarigioni effettuate o meno in base alla diagnosi. Il tutto raccolto ed espresso in una mole indistinta di dati all’apparenza insignificante, o per lo meno prive di un immediato valore tangibile.
Ecco che questi stessi dati, estratti ed elaborati da mani esperte, capaci di individuarne il potenziale significativo secondo precisi parametri, si possono trasformare in studi clinici sulle varie malattie, indicatori di buone performance di cura o rivelare nodi cruciali di inefficienza. Il tutto traducibile in breve tempo in un valore non solo di conoscenza, ma anche di business, che in questo caso è l’ottimizzazione delle risorse investite in ambito sanitario in base ai risultati ottenuti.
Quindi l’attività di scambiarsi informazioni possiede virtù in sé? Se sì, quali?
Quando mi fanno questa domanda ho una risposta in tasca che mi piace spendere: il filosofo americano Fred Dretske definisce la conoscenza come “informazione disponibile per l’azione”, implicando in essa un duplice significato: conoscere è indubbiamente utile per prendere decisioni valide, ma è il destinatario dell’informazione stessa che stabilisce ciò che è importante valutare o trascurare, modulandolo rispetto ai propri obiettivi.
In questo modo attribuisce un valore aggiunto all’informazione iniziale, e così via.
Tra i sistemi informativi che si occupano di trattare la conoscenza, quelli che operano in ambiti dove più soggetti cooperano tra loro condividendo le proprie informazioni si confermano indubbiamente oggi, e non a caso, i più interessanti e promettenti.
In questa ottica, ci può fare qualche esempio di sistemi o modelli che contestualizzano le informazioni in base al destinatario e che usiamo magari tutti i giorni, senza scomodare i massimi sistemi?
Il servizio di Gmail è senz’altro esemplare. Il destinatario dei messaggi può stabilire cosa deve essere recapitato nei ‘Principali’ e cosa in ‘Social’ o ‘Promozioni’, mentre in mancanza di sue particolari indicazioni ci pensa l’algoritmo super segreto di Google a gestire il tutto. In questo senso, bisogna dare atto a Google di aver modellizzato e applicato egregiamente il concetto di livello di importanza di una mail, assicurandoci un servizio che ci semplifica la vita nel decidere cosa merita la nostra attenzione, o almeno con quale priorità.
Non meno utile e interessante è il sistema che governa la musica in streaming come il canale musicale Pandora, guidato dall’ascoltatore stesso mediante i suoi ‘mi piace’ e ‘non mi piace’ che istruiscono un algoritmo nel selezionare brani sempre più in linea con i suoi gusti musicali.
Esattamente la possibilità di intervenire sulla proposta musicale, personalizzata man mano dal fruitore e affiancata da un potente motore che identifica i gusti musicali, ha decretato il pieno successo di questa piattaforma di streaming. E potrei dire lo stesso per molti altri prodotti o piattaforme che ciascuno di noi utilizza ogni giorno.
In sintesi, quindi, la conoscenza condivisa si perfeziona e si potenzia in funzione di chi raggiunge e coinvolge, e quindi si “evolve”?
Io credo di sì. La vera conoscenza, quella adeguata ai contesti dei suoi possibili e diversi destinatari, si esprime pienamente quando il sistema informativo che la condivide è in grado di selezionare le informazioni utili e separarle da quelle ridondanti, in maniera da restituire all’utente una reale possibilità di scelta in base alle proprie priorità.
Questo almeno è il nostro approccio, finalizzato come dicevamo prima alla produzione concreta di beni e prodotti utili in termine di valore e usabilità. Certo il discorso della condivisione della conoscenza è solo un aspetto di tutta la filiera di analisi e produzione di servizi di questo tipo, ed è quello che il più delle volte dà il via ai processi di selezione dei Big Data.
Il nostro blog vuole servire esattamente a questo: a condividere con gli altri – anche i non addetti ai lavori – il mondo dei Dati che ogni giorno raccogliamo, analizziamo e trasformiamo, e, con essi, tutte le idee e le suggestioni, le analisi e i riferimenti che incontriamo durante questa attività.
Nel farlo, misureremo a nostra volta noi stessi, sulla base degli obiettivi che ci siamo posti e i risultati che abbiamo raggiunto o meno. Il nostro viaggio all’interno di 6Memes è del resto appena iniziato. Ci ritroviamo magari tra un anno, a tracciare un bilancio, come si dice, a consuntivo. E i Dati certo non ci mancheranno.