Pronto, chi – dove, quando e come – parla? Stato dell’arte su Big Data e Predictive analysis nel settore TELCO

Maurizio Pontremoli
Maurizio Pontremoli

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Dopo aver introdotto nell’articolo precedente il tema generale delle best practice nella Predictive analysis, e aver trattato più in particolare l’argomento dell’Informatizzazione clinica orientata all’analisi predittiva, procediamo nella nostra rubrica in una rapida, ma articolata incursione nel settore delle telecomunicazioni.

Analizzando questo mercato con i focus caratteristici della nostra rubrica, incentrati su Business Model, User experience e Operating process, già a un primo approccio possiamo confermare che sia la ricerca di una fidelizzazione del cliente che l’aspirazione all’individuazione di nuove fonti di ricavo, in questo settore di per sé amplissimo, sono rilevanti e significative.

Se ne potrebbe dedurre che siamo di fronte a un mercato in cui la ricerca di casi d’uso sulla Predictive analysis si dovrebbe presentare come particolarmente fruttuosa…

Questo, da un lato perché la disponibilità dei dati è molto ampia, e dall’altro perché la competizione nel settore è decisamente elevata: non occorrono sofisticati algoritmi previsionali per stimare che almeno il 50% dei miei (pochi 😉 lettori avranno cambiato operatore almeno una volta negli ultimi due anni.

Eppure, come vedremo, non mancano le sorprese. Vediamo insieme quali.


Oltre la quantità, di quali dati parliamo?

Anche se può essere facilmente intuibile, non possiamo non sottolineare come i dati in questione siano di diverso tipo, a partire da quelli a prima vista più insignificanti, come le informazioni riguardanti il traffico in sé (ad esempio data e ora della chiamata, la sua durata e il destinatario) e i luoghi frequentati da chi sta conversando (tracciati attraverso la geo-localizzazione), per arrivare ad altre tipologie di informazioni mano a mano più dense di valore rispetto ai comportamenti d’acquisto e agli stili di vita.

Essendo difficile immaginare una situazione in cui ciascuno di noi non è accompagnato dal proprio inseparabile compagno elettronico, se ne ricava che – volente o nolente – ognuno fornisce continuamente una gran mole di informazioni a chi sta dall’altra parte di tale, invisibile eppure perfettamente tracciabile cordone ombelicale, fatto da flussi incessanti di azioni e conversazioni.

La mole delle informazioni che si muove complessivamente da un capo all’altro di tali interazioni è davvero rilevante: secondo la Weve, la quantità di dati raccolti è pari almeno a 100 eventi al giorno per ciascun utente. Si tratta di cifre impressionanti, se vi aggiungiamo il fatto che, tipicamente, ogni operatore del settore dispone di alcune decine di milioni di utenti.

Il tutto conduce inevitabilmente a un tipico approccio Big Data, in cui le tecniche di Predictive analysis sono in grado, almeno in potenza, di generare ulteriori informazioni preziose sia in forma aggregata e anonimizzata che in modalità più dettagliata e profilata su ogni singolo utente. Con buona pace della privacy di ciascuno, ma questa è un’altra storia…

A partire da queste premesse cerchiamo ora di comprendere insieme quali sono  innanzitutto gli impatti del settore relativi all’emergere di nuovi modelli di business, per poi passare – seguendo l’impianto tradizionale della nostra rubrica – a valutare le possibili esperienza d’uso riferite agli utenti e infine riflettere sulle diverse  ottimizzazioni dei processi operativi in capo alle aziende che utilizzano tali tecnologie.

Pronti? Bene, iniziamo!

Business Model: da un capo all’altro delle telecomunicazioni

Il focus sui Business Model rappresenta forse uno degli aspetti più interessanti in un settore come questo, fortemente connotato come commodity.

La ricerca di come estrarre valore dalla miniera di dati di cui dispongono gli operatori telefonici è infatti una questione per certi aspetti non semplice, ma che consegna alla contingenza di mercato alcuni casi di successo particolarmente significativi. Andiamo ora sul concreto con alcuni esempi pratici.

Weve

Se è vero che le informazioni raccolte da questo mercato  possono servire a predire la disponibilità degli utenti all’acquisto di un determinato bene anziché un altro, ecco che –  unendo le rispettive forze, ma soprattutto i dati di ciascuna organizzazione – gli operatori Vodafone, O2 e EE hanno costituito la già citata joint venture Weve, un’impresa che opera nel Regno Unito e che ha come obiettivo quello di mettere a disposizione di vari Brands una piattaforma di Mobile Commerce particolarmente efficace nel proporre beni e servizi a un pubblico di potenziali utenti interessati. Con i conseguenti vantaggi competitivi che un tale approccio al business porta con sé.

AdWorks

Attraversando l’oceano troviamo la business unit AdWorks del famoso operatore AT&T, che ha come obiettivo quello di massimizzare i ritorni della pubblicità veicolata tramite varie piattaforme televisive (ad esempio attraverso i sistemi IPTV). Anche in questo caso i dati relativi all’utilizzo dei servizi di telecomunicazione vengono usati per prevedere l’attitudine all’acquisto di gruppi di utenti, agevolando sia le attività di generazione di lead che le relative conversioni.

Di esempi di questo tipo, ovvero quelli mirati a migliorare le performance nell’area dell’ecommerce o dell’advertising, ce ne sono moltissimi altri, ma – a voi e a me piacendo – tralascerei quest’area che, almeno dal punto di vista di noi utenti, è un poco fastidiosa, inutile negarlo. Posiamo quindi lo sguardo altrove alla ricerca di altri modelli di business.


Quando i dati generano valore in forma di efficienza e conoscenza

Una diversa tipologia di utilizzo fruttuoso dei dati del settore – che mi affascina particolarmente e che, almeno in linea teorica, dovrebbe trovare ampi spazi di impiego nel Bel Paese – è ad esempio l’utilizzo applicato delle informazioni riguardanti i flussi delle persone sia nelle aree urbane che in quelle a vocazione turistica.

Quali sono le notizie che possono essere utilizzate per questa tipologia di analisi? Riguardano per lo più i dati relativi alle celle ai quali i vari dispositivi mobili si “agganciano” di volta in volta, che possono di conseguenza raccogliere informazioni su fattori di estrema rilevanza, come ad esempio il numero delle persone che transitano in una certa area, i flussi che si muovono da una cella a un’altra, i tempi di permanenza in ciascun luogo e così via.

Ed è qui che le tecniche di Predictive analysis – se applicate su intervalli di tempo sufficientemente estesi – possono studiare, inferire e modellare tali dati fornendo informazioni sulle percorrenze abituali, evidenziandone ad esempio le possibili criticità in termini di densità di popolazione, facendo emergere in maniera predittiva le problematiche inerenti i fenomeni di pendolarismo o, ancora, intercettando e anticipando i flussi turistici, di per sé estemporanei.

Si tratta quindi di una miniera di informazioni che, per chi si occupa di pianificazione urbana, può rivestire un enorme valore strategico e operativo, come illustrato in questo articolo. Lo stesso vale per chi si occupa dei fenomeni turistici, come ampiamente argomentato in quest’altro contributo.

Seguendo dunque il filo dell’utilità d’uso dei dati in ottica predittiva passiamo al tag successivo, quello inerente l’esperienza d’uso.

 

User experience: quanto, quando e soprattutto come…

Lo dico subito: per quanto riguarda la user experience, in tutta franchezza, mi sarei aspettato qualcosa di più in termini di casi d’uso, visto il settore percepito ad alto livello di commodity. In realtà ho riscontrato una certa difficoltà nel trovare casi significativi che vadano oltre alle buone intenzioni.
Esistono tuttavia delle eccezioni, che sottopongo al vaglio dei miei (pazienti) lettori, sottolineandone soprattutto – come si dice – la capacità di visione di alcuni operatori più creativi e forse lungimiranti degli altri.

Nugu

Il primo esempio che voglio condividere è relativo all’esperienza dell’operatore sud coreano SK Telecom, che ha implementato un vero e proprio Digital Assistant. Sì: avete capito bene. Si tratta di un Siri made in corea o di un Alexa con esotici occhi a mandorla, se preferite.
Il suo nome è NUGU, ed è un concentrato di tecnologia studiato per offrire ai clienti di SK Telecom l’accesso a una miriade di servizi con l’utilizzo di comandi vocali. In questo ingegnoso caso le tecniche di predictive analysis sono utilizzate per identificare con maggiore precisione il servizio richiesto, soprattutto nei casi di maggior ambiguità di traduzione.

AdSpark

Il secondo caso d’uso che vi propongo è quello di AdSpark, una divisione dell’operatore telefonico delle Filippine GLOBE TELECOM, che – utilizzando i dati a sua disposizione –  individua mediante algoritmi di predictive analysis i momenti migliori in cui è preferibile segnalare i contenuti video ai propri clienti.
La soluzione viene integrata in alcuni servizi applicativi come quelli ad esempio presentati in questo sito. E già questi due esempi fanno intuire quanto spazio potrebbe ancora esserci per “immaginare” e mettere in opera ulteriori servizi utili e personalizzati…

Tuttavia ora, per concludere il nostro itinerario del mondo delle telecomunicazioni “predittive”, andiamo alla terza e ultima metrica d’analisi, quella dedicata ai processi operativi del settore.


Operating process: dal dire al fare senza alcun mare di mezzo

I casi d’uso che vi segnalo sono quelli relativi all’utilizzo della predictive analysis in funzione dell’efficienza e dell’ottimizzazione dei processi, come di seguito raccolti. E in questo caso la raccolta si fa di nuovo ricca e interessante: vediamo insieme perché.

Churn prediction

La prima area che mi corre l’obbligo di sottoporvi, è quella relativa alla Churn prediction. Si tratta infatti di quella particolare forma di analisi che cerca di stabilire quali sono i clienti maggiormente a rischio di cambiare operatore a fronte di segnali più o meno latenti e deducibili provenienti dalle svariate fonti dei dati in possesso dell’azienda.
Su questa tematica è (ovviamente?) tale la quantità di casi d’uso che diventa difficile sceglierne qualcuna in particolare come esempio. A tal proposito vi segnalo questo articolo, particolarmente esaustivo, ma ve ne sono in realtà tantissimi altri, tanto da poter affermare, credo, che non esista un operatore telefonico uno che non abbia in tasca una soluzione pronta all’uso su questo tema.

Network capacity forecasting

Un’altra tematica, forse meno comune della precedente, è quella relativo all’utilizzo della Prediction analysis finalizzata alla stima della capacità della rete di supportare il proprio traffico, sia di dati che telefonico.

Si tratta della cosiddetta attività di network capacity forecasting, il cui obiettivo –  come ben descritto in questo articolo dell’azienda SAS – è quello di permettere agli operatori telefonici di predire l’utilizzo della rete a livello di singola cella in base alla tipologia di tecnologia utilizzata (2G, 3G, 4G o 5G). In questo altro articolo, ad esempio, si effettua la stessa tipologia di analisi basata sulle reti di tipo LTE (Long Term Evolution).

Le capacità previsionali di sofisticati algoritmi sono invece utilizzati per prevedere il malfunzionamento della rete con un anticipo che può arrivare anche ai due giorni, così come descritto nella presentazione di prodotto (Predictive Operations platform) della storica azienda Nokia.

I dati che servono per arrivare a questo servizio – equiparabile a un vero e proprio esercizio da Oracolo d’altri tempi – sono di varia natura, come ad esempio i dati sul traffico della rete, quelli sui livelli di erogazione e gradimento di un servizio piuttosto che sulla customer experience, oltre ai dati sulle previsioni del tempo e quelli relativi ai social media.


Per concludere? Non tutto è Predictive analysis quello che luccica…

La conclusione cui mi sento di giungere, dopo questa traversata nel settore TELCO, è che se da un lato, come prevedibile, le tecniche di predictive analysis in questo mercato sono in uso da diversi anni – e di conseguenza sono molteplici sia gli ambiti di applicazione che le tecniche utilizzate – mi sarei aspettato una maggiore capacità di innovazione soprattutto per quanto riguarda la User experience.

Si sono infatti sì perfezionati gli algoritmi e sono state implementate le architetture IT – con evoluzioni tali da poter dare un grande contributo in altri settori con problematiche simili – ma il potenziale insito nella mole inusitata di dati a disposizione e nelle sue caratteristiche è a mio parere ancora oggi poco messo in relazione con altri settori potenzialmente tangenziali o paralleli, in cui le tecniche di Predictive analysis potrebbero rivelarsi decisive.

Oltrepassato dunque questo tema, continueremo il nostro peregrinare tra i casi d’uso in altri mercati. Con questo, dunque passo e chiudo, dandovi appuntamento al prossimo articolo. Non mancate.

Maurizio Pontremoli

ABOUT MAPS GROUP

Maps Group, dalla sua nascita ad oggi, opera nei settori business intelligence, data mining e machine learning, con lo scopo di passare dai Big data ai Relevant Data.

In questa prospettiva si realizza l’attività del gruppo, che persegue gli obiettivi strategici e operativi dei propri clienti attraverso la raccolta di dati che, analizzati e adeguatamente trattati e modellati, sono in grado di creare nuovi asset digitali creando prodotti e servizi innovativi o migliorando nettamente le performance delle attività già in essere.

ABOUT MAURIZIO PONTREMOLI

Imprenditore nel settore IT con avanzate competenze informatiche e lo sguardo di un Fisico, si occupa dello sviluppo di nuovi business nel settore dell’innovazione tecnologica.

Condivide con il Gruppo Maps, di cui è fondatore e AD, una missione specifica: trasformare in asset gli scenari sempre più complessi della Big Data Science con un sguardo attento alle pratiche più avanzate di condivisione, valore fondante della conoscenza e condizione sine qua non per l’evoluzione della stessa.

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