Business Analyst: sinergia tra IT e Business per guidare l’azienda in un mondo che cambia. Donna è meglio?

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Giulio Destri

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Le soluzioni IT per il business

Nei precedenti articoli è stata presentato quanto l’IT sia diventata e stia tuttora diventando sempre più pervasiva nella nostra vita e nel nostro lavoro, sottolineando anche come questo possa rivelarsi utile per la nostra salute.

Per tutti questi motivi occorre un allineamento ed una integrazione sempre maggiore fra l’IT con le sue potenziali soluzioni ed il Business. L’IT è infatti ormai il fattore abilitante principale per qualsiasi business. Ad esempio, se una azienda di moda vuole aprire nuovi negozi in una parte del mondo, deve provvedere risorse ed azioni per far si che questi negozi siano correttamente connessi con la sua rete aziendale.

Quindi l’IT deve poter provvedere proprio a quello che le viene chiesto e, dall’altra parte, le richieste devono essere estremamente chiare e precise. Cosa non sempre facile.

Questo significa, di conseguenza:

Definire con precisione i bisogni per il business in funzione delle attività strategiche, tattiche e/o operative che l’azienda sta per intraprendere.

Valutare la situazione di partenza (il cosiddetto AS-IS).

Definire l’obiettivo, in cui una soluzione tecnica ed organizzativa risolve i bisogni, da realizzarsi entro un tempo accettabile (il cosiddetto TO-BE).

Chi ha in azienda tale ruolo, deve dunque poter parlare con persone diverse (dalla direzione al personale operativo), deve poter raccogliere le informazioni da tutti e trasformarle (con una visione integrata di insieme) nelle specifiche precise per costruire una soluzione, e – come in parte abbiamo spoilerato nl titolo:) – deve avere una pluralità non comune di competenze, sia personali che professionali.

Ma chi è la figura quasi “magica” in grado di  essere – e dunque fare – tutto questo questo?

In realtà non c’è niente né di magico né di impossibile da raggiungersi: l’inquadramento di tale figura si basa su di una scienza e una metodologia ormai ampiamente codificata chiamata Business Analysis (in italiano tradotto spesso come analisi business o analisi aziendale) e il mago (o la maga) in questione è un professionista normato e codificato a livello di Unione Europea, ovvero il Business Analyst.

In questo articolo prenderemo quindi in esame l’Azienda e il ruolo del Business Analyst al suo interno, per mettere a fuoco le capacità di cui deve disporre questa figura essenziale per il successo del business, il cui ruolo e la cui influenza vanno ormai ben oltre l’IT.


Come funziona l’azienda?

Ogni azienda opera per fornire prodotti e servizi ai propri clienti e da questo trae il proprio guadagno. Per ottenere questo entro l’azienda vengono compiute dai dipendenti successioni di attività collegate logicamente, i cosiddetti processi aziendali o processi business (in inglese Business Process).

Ogni processo partendo da un input realizza un output, che ha valore per il cliente. E il cliente può essere esterno all’azienda – nel qual caso il valore è monetizzabile e costituisce un ricavo per l’azienda – oppure interno, come ad esempio avviene nei processi amministrativi o di gestione del personale, che hanno come clienti altre parti dell’azienda.

I processi possono essere produttivi e costruire materialmente prodotti, come nel caso delle aziende manifatturiere. O gestionali, come i processi di gestione delle fatture, del personale ecc… e trattare informazioni.

I processi, inoltre, possono essere espliciti e codificati in procedure documentate, come avviene, ad esempio, nelle aziende certificate ISO9001, oppure impliciti ed esistere nella mente dei dipendenti, che sanno quale è il loro compito e cosa devono fare per fare sì che l’azienda nel suo insieme realizzi il proprio obiettivo. In taluni casi manca la visione di insieme e magari l’azienda non è dappertutto efficace ed efficiente.

Cosa rappresenta la conoscenza dei processi? Semplicemente il modo con cui l’azienda funziona ed opera e comprende in se il know-how delle specifiche operazioni. Addestrare un neoassunto a svolgere le sequenze di azioni che un veterano compie in modo quasi automatico richiede tempo. Se alcuni processi non sono codificati e documentati, all’uscita di una persona occorre effettuare un passaggio di consegne, trasferendo la conoscenza tacita che forma i processi taciti ad altre persone, altrimenti l’azienda perde una parte del suo funzionamento. Ecco perché i processi sono così importanti economicamente.

La analisi, formalizzazione e documentazione dei processi, che viene compiuta ad esempio durante le certificazioni ISO9001, rende quindi i processi patrimonio aziendale, trasferibile da una persona all’altra attraverso la lettura della documentazione, “estraendoli” dalla mente delle persone dove si trovano quando sono ancora taciti. La codifica di procedure ed istruzioni di lavoro o work instruction in modo semplice consente anche di ottimizzare i processi stessi, diminuendone tempi e/o costi e anche di addestrare rapidamente i neoassunti a svolgere le operazioni.

Questo è uno dei compiti svolti da un Business Analyst.


Congiungere IT e Business

L’analisi dei processi è il primo passo per la loro ottimizzazione. Tale ottimizzazione può avvenire progressivamente, con il miglioramento di tutte o di alcune delle attività la cui successione forma il processo stesso (procedimento chiamato Business Process Improvement).

Oppure con la ridefinizione del processo, con la sostituzione o la modifica di alcune o tutte le attività che lo formano in modo molto più “invasivo” (procedimento chiamato Business Process Reengineering).

Oggi si tende ad usare un approccio evoluzione del primo, ma che combina le caratteristiche positive di entrambi, chiamato Continuous Process Improvement (miglioramento continuo dei processi), recepito anche nelle normative della qualità. Anche le nuove leggi, come il GDPR, richiedono in alcuni casi l’organizzazione di processi espliciti.

E oggi, per i processi amministrativi e gestionali l’IT, in qualsiasi azienda, interviene massivamente, automatizzando insiemi di operazioni sull’informazione trattata entro i processi. E anche nei processi produttivi l’OT (Operation Technology),  è ormai fondamentale.

Quindi il compito complessivo del Business Analyst è studiare i processi e come funziona l’azienda, individuare i punti di miglioramento (ad esempio, riduzione di tempi e/o costi nello svolgere le attività) e risolvere problemi riscontrati o definire le risposte possibili ad opportunità che si presentano sul mercato, come la nascita di nuovi mercati o settori di business. Questo rende l’azienda agile e veloce nel cambiare, adattandosi ad un ambiente che ormai può mutare con velocità semplicemente impensabili fino a pochi anni or sono.

Il cambiamento può avvenire con l’introduzione di mutamenti organizzativi (nuovi processi, nuove suddivisioni di reparti…), di nuove soluzioni tecnologiche (nuovi applicativi, nuovi strumenti…), o, nella maggior parte dei casi, con una combinazione di entrambi, che porta al risultato migliore. Il semplice inserimento di un nuovo strumento tecnico, senza che i processi si adattino alla sua presenza, per poterne sfruttare al meglio le potenzialità, non riesce ad ottenere tutti i vantaggi possibili dall’investimento economico necessario.

Il Business Analyst quindi deve:

Rilevare i bisogni, espliciti o latenti, del cambiamento.

Definire la situazione attuale con precisione.

Definire l’obiettivo per il cambiamento.

Definire i passi da compiere, compatibili con le risorse esistenti, per ottenere gli effetti positivi del cambiamento.

Documentare tali passaggi ed, eventualmente, verificare il loro andamento per l’ottenimento del successo.

Spesso, inoltre, il Business Analyst fa anche il progetto di dettaglio della soluzione IT, definendo con precisione cosa essa dovrà fare entro il contesto dell’azienda (la cosiddetta analisi funzionale di un prodotto IT) e magari procede anche, dopo la realizzazione, all’addestramento delle persone. Quindi il Business Analyst interviene dal momento in cui il bisogno (risoluzione di problema o sfruttamento di opportunità) inizia ad esistere, lungo tutta la costruzione di una soluzione al bisogno, fino alla sua entrata in servizio, curando spesso l’addestramento necessario per le persone.


Processi, dati ed informazioni

I processi hanno dei flussi di informazioni al loro interno, attraverso le quali si coordinano le attività collegate logicamente e/o cronologicamente che li formano. Ed esistono flussi di informazioni anche fra i vari processi che operano entro l’azienda.

I flussi possono essere legati alle attività operative come la vendita, la produzione, la gestione magazzino, oppure collegare le attività produttive con quelle tattiche e strategiche svolte al livello della dirigenza aziendale. E possono infine contribuire ad estrarre dalla mole di dati grezzi l’insieme delle informazioni utili ad aumentare la conoscenza sullo stato dell’azienda e dei mercati, il che rende possibile alla direzione aziendale il prendere con saggezza le decisioni vitali per il futuro dell’azienda stessa.

Compito del Business Analyst è anche definire come trattare questi dati, attraverso l’uso di quella branca dell’IT chiamata Business Intelligence, che oggi, attraverso i Big Data e l’intelligenza artificiale, sta evolvendo in qualcosa di completamente nuovo, in grado quasi di prendere decisioni in modo autonomo.

In questo compito, il Business Analyst è affiancato da due figure specialistiche che in qualche modo ne sono una evoluzione: il Business Information Manager, che possiamo definire anche il gestore aziendale della conoscenza, e il Data Scientist, che “disegna” i trattamenti automatici per passare dai dati alla conoscenza.

L’analisi dati per estrarne conoscenza è una necessità per ogni azienda, in quanto da ad essa una consapevolezza con cui agire con forza e rapidità nel mercato in continuo mutamento, agendo anche d’anticipo rispetto ai mutamenti. Dalle grandi aziende, via via, il suo uso sta espandendosi a cascata anche verso le aziende più piccole.


Il profilo codificato del Business Analyst?
Donna è meglio!

Esistono diverse certificazioni professionali per il Business Analyst. In particolare le normative UNI 11506:2017 e UNI 11621-2, recepite a livello di tutta l’Unione Europea, definiscono con precisione il profilo professionale “Business Analyst” come colui/colei che:

Identifica aree dove sono necessari cambiamenti del sistema informativo per supportare i piani di business e ne controlla l’impatto in termini di gestione del cambiamento.

Contribuisce ai requisiti funzionali generali dell’azienda per quanto riguarda l’area delle soluzioni basate sull’IT.

Analizza le esigenze di mercato e le traduce in soluzioni IT.

Per fare questo il Business Analyst deve comprendere come funziona l’azienda (o almeno una sua parte), i suoi processi, il mercato. Deve interagire proficuamente con le persone, ai livelli manageriali e a quelli operativi. Dovendo guidare anche il cambiamento, il ruolo del Business Analyst è, in taluni casi, quello di interagire con le persone coinvolte, motivandole nell’accettare ed anzi avvantaggiarsi del cambiamento, svolgendo quasi un’azione di Business Coaching.

Deve quindi avere grandi capacità di analisi, conoscere il business, identificare modelli e situazioni note in cui poter applicare, ad esempio, soluzioni dimostrate di comprovata efficacia (come avviene, ad esempio, per i framework organizzativi legati alle certificazioni ISO, ITIL, COBIT ecc…).

E deve conoscere, almeno ad alto livello, la tecnologia e le soluzioni. E, soprattutto, deve avere grandi doti di comunicazione interpersonale, deve saper parlare diversi linguaggi, entrando quasi in empatia con le persone con cui interagisce.

Per questo, in genere – e come suggerito dal titolo dell’approfondimento – si tratta di uno di quei ruoli in cui, a parità di altre capacità e conoscenze, una donna può riuscire mediamente meglio di un uomo, essendo in genere sia più empatica che dotata di maggiore pazienza.

Nel prossimo articolo estenderemo il concetto di comunicazione fra professionalità diverse, dotate di diversi linguaggi specialistici, diversi modi di pensare e diversi approcci ai problemi nel cotesto lavorativo. Necessità fondamentale per creare quei team interdisciplinari necessari, ad esempio, per svolgere funzioni di trasformazione che, come ad esempio nel caso dell’adozione del GDPR,  richiede interventi legali, organizzativi e tecnologici. A presto.

Giulio Destri

Business Consulting