Open Data e Data driven decision. Di Paola Chiesa.

Paola Chiesa
Paola Chiesa

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Al di là delle classifiche che periodicamente attribuiscono alle città posizioni più o meno gratificanti in termini di smartness della loro politica innovativa, è indubbio che ci sia uno stretto legame tra Open Data e Smart City.
Le Smart Cities identificano quelle realtà urbane caratterizzate da elementi tali da garantire uno sviluppo intelligente, ovvero equilibrato e vicino ai cittadini. In altri termini, sostenibile. Ciò è possibile nella misura in cui i centri decisionali siano supportati da dati ed informazioni adeguati ed aggiornati per consentire valutazioni, analisi ed interventi mirati, tipicamente in settori quali la mobilità, l’ambiente, lo sviluppo economico, la qualità della vita dei cittadini. Tutto ciò costituisce il presupposto per una smart Governance.

Ad esempio è recente la notizia di uno strumento realizzato da Ancitel Energia e Ambiente e dal ministero dell’Ambiente per monitorare e controllare gli impatti ambientali derivanti dalla gestione dei rifiuti in modo da valutare le performance dei sistemi di recupero e adottare i miglioramenti eventualmente necessari.
Nella fattispecie si tratta di un nuovo Open Data, il primo in campo ambientale, che monitora in tempo reale i parametri di raccolta, emissioni e costo dei sistemi urbani di raccolta dei rifiuti, a supporto dei processi di policy decision dei Comuni.

Decisamente all’avanguardia è anche l’esperienza londinese di WhereaboutsLondon. Si tratta di un esperimento per esplorare come gli Open Data possono essere usati per migliorare le città future.
Mappando le comunità che le compongono per poter integrare al meglio le diverse esigenze, si possono ridisegnare le città in base ai comuni stili di vita dei cittadini, piuttosto che limitarsi a considerare in quale zona della città vivono. Questo consentirebbe alla Pubblica Amministrazione di migliorare i servizi che eroga ai cittadini, andando incontro alle loro reali esigenze, dai trasporti alle scuole, al tempo libero all’ambiente.

London

La qualità dei Dati

Si pone allora, evidentemente, anche un problema di qualità dei dati raccolti, considerando anche che sempre più spesso possono essere condivisi sui social network attraverso app a disposizione dei cittadini, che aiutano tra l’altro le amministrazioni a rendere più efficienti e trasparenti i processi.
In tale ottica, a fine ottobre 2015 è stato pubblicato dall’International Organization for Standardization lo standard ISO/IEC 25024 “Measurement of data quality”, estensione dell’ISO/IEC 25012 “Data quality model” del 2008″ sulla misurazione della qualità dei dati.
L’applicazione della norma potrà essere utile per controllare il livello di qualità dei dati e favorire l’interscambio, l’integrazione e l’interoperabilità, la condivisione e l’ottimizzazione di servizi.

Lo standard della norma puntualizza le caratteristiche che un approccio di qualità deve avere nella gestione a vario titolo dei dati, evidenziando molteplici aspetti:

  •  il governo della crescente disponibilità di dati;
  • l’acquisizione di dati la cui qualità è sconosciuta;
  • la gestione di informazioni spesso insoddisfacenti;
  • la focalizzazione dei requisiti di qualità dei dati;
  • la riduzione della dispersione di dati tra i vari owner ed utenti;
  • l’incremento di dati riusabili (eliminando ambiguità semantica);
  • la coesistenza di legacy system con sistemi aperti;
  • la riduzione di duplicazioni e risorse;
  • il miglioramento dei processi che causano dati errati;
  • la stima dei costi della non qualità;
  • l’eliminazione progressiva dei modelli cartacei di acquisizione dati.

E’ importante sottolineare come il miglioramento della qualità dei dati, e la maggiore diffusione delle tecniche di misurazione, dipenda da vari fattori tra cui l’adesione a modelli di qualità condivisi.
Del resto serve una sinergia concertata che consenta un’interazione tra le banche dati e la razionalizzazione delle informazioni. E sensibilizzando la società sull’importanza di disporre di Open Data che soddisfino i principi di credibilità e accuratezza, si apre anche la strada verso un cambiamento culturale ed un modello cooperativo per il miglioramento dei dati, nel quale anche il cittadino può giocare un ruolo attivo, in quanto conoscitore della realtà in cui vive.
In questa scia, nel mese di Novembre 2015 l’UE ha lanciato la versione beta del portale dei dati europeo, a riprova del fatto che la trasparenza dei dati raccolti e prodotti dagli enti pubblici e il loro libero impiego – in modalità anche condivisa – promettono benefici la cui valenza è concretamente misurabile. Si parla, ovviamente, anche di risparmi per le pubbliche amministrazioni.


I dati come strumento di governance del territorio


Come trasformare le informazioni generate dai dati in decisioni?
Tutto sommato prolifera un’offerta vasta di dati, a fronte di una domanda ancora limitata, legata al livello di consapevolezza e conoscenza della materia.
Su questo punto va innescata la rivoluzione culturale che consente di passare dal processo tradizionale di raccolta dei dati, elaborazione dell’informazione e diffusione, al processo inverso, secondo cui si parte dai bisogni della cittadinanza, si individuano le decisioni da prendere, ci si focalizza sulle fonti più adatte a costruire l’ informazione.
La Pubblica Amministrazione è il soggetto che ha il privilegio di essere in contatto con i cittadini e quindi è tenuta a dare risposte coerenti alle domande, secondo logiche di nowcasting, ovvero capacità di raccontare il mondo quale è oggi.
Una logica per processi all’interno della PA è quella che può consentire la produzione in qualità del dato, attraverso sistemi di business intelligence in grado di dare risposte real time e seguire il ciclo di vita del dato, da quando lo si raccoglie a quando lo si produce.
Ma attualmente nelle pubbliche amministrazioni italiane proliferano processi ideati attorno alla “carta”.
Si è digitalizzato il documento cartaceo, vero portatore dell’informazione, e il dato disponibile nei database è comunque una derivata di un documento. Ciò che serve è invece una rimodellazione dei processi nella quale il dato, che peraltro rappresenta il cittadino, sia al centro.

Le risposte ai bisogni arrivano se vengono poste le giuste domande, ma affinché ciò avvenga, c’è bisogno di gente preparata a far parlare i dati e ad utilizzarli nel loro mondo. E’ una questione di coinvolgimento, di collaborazione e di competenze da creare attraverso la formazione.
Ed anche la formazione, a sua volta, può essere il frutto di un originale riutilizzo di dati aperti. A conferma del fatto che i dati acquistano ulteriormente valore se vengono efficacemente comunicati.

Paola Chiesa