High (Tech) Society: innovazione digitale e socializzazione.

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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Affrontiamo oggi un altro capitolo della nostra Rubrica “Innovazione e Performance”. Dopo avere indagato – negli aspetti generali – gli effetti che l’introduzione di strumenti innovativi può generare su determinati settori della sfera sociale, e dopo il primo articolo dedicato alle infrastrutture, arriviamo oggi a parlare di un altro ambito sociale di grande importanza. Si tratta delle cosiddette Agenzie di socializzazione, luoghi materiali o relazionali in cui si incontrano e si formano i componenti di un determinato contesto sociale. Tale classificazione fa riferimento agli ambiti sociali non solo come luoghi in cui i singoli intessono relazioni, ma in cui si costituisce anche il senso di appartenenza a un dato patrimonio culturale. Con un significato in più dunque, che ha a che fare con il riconoscersi in una comune identità sociale e con il condividere valori e saperi.

Le declinazioni concrete delle Agenzie di socializzazione stesse rendono evidente questo aspetto, se consideriamo che si tratta di famiglia, scuola, gruppo dei pari e mass media. Gli studi sono soliti distinguere tra socializzazione primaria e socializzazione secondaria. La prima – garantita dall’istituzione famigliare – trasferisce valori e identità e quindi – ci si attende – è più stabile nel tempo. La seconda invece definisce e differenzia saperi e conoscenze, ruolo assegnato alla scuola e ai mass media ad esempio, e per definizione dunque soggetta al cambiamento.
Tuttavia la pressione senza pari imposta negli ultimi decenni dall’innovazione tecnologica degli strumenti di conoscenza e di relazione, ha scombinato categorie e sistemi tradizionali di socializzazione. Vedremo alcuni esempi (per ovvie ragioni di spazio), che ci sono parsi particolarmente significativi.

A partire dalla famiglia, per cui prendiamo spunto da un interessante articolo, l’intervista a Riccarda Zezza, autrice del libro “MAAM – Maternity as a master”  e cofondatrice di Piano C. La riflessione da cui nascono questi progetti supera d’un balzo il problema attorno a cui a lungo si è attorcigliato il ruolo delle donne nella società recente, quello della conciliazione del ruolo di cura (e di socializzazione!) della famiglia e quello svolto all’interno del mondo del lavoro. Da un lato in questi progetti si rivendica alla madre proprio quelle competenze, per così dire naturali di leadership, che sono richieste dalla società attuale, e si rintracciano finalmente nella tecnologia gli strumenti per esercitarla. Da qui il coworking, ovvero spazi condivisi di lavoro, così lontani dagli “inaccessibili” e rigidi uffici tradizionali, spazi che sono possibili solo grazie agli strumenti digitali. E che significano flessibilità degli orari e delle modalità di gestire la propria professionalità, finalmente delineando una prospettiva nuova anche per le madri lavoratrici.
Una possibilità che diventa una necessità: come preparare alla socialità, come traferire valori utili alla vita nel mondo nuovo, all’interno di una famiglia i cui componenti genitoriali non siano essi stessi parte integrante di quella società cui sono chiamati a partecipare i loro figli in un futuro prossimo? Ecco che l’innovazione si fa portatrice del cambiamento nella società, anche attraverso i cambiamenti della famiglia.

Venendo alla scuola, l’irruzione del digitale è avvertita anche qui come una necessità, per i medesimi motivi di cui abbiamo parlato. Come farebbe la scuola a preparare adeguatamente alla vita sociale se non condividesse con i suoi alunni quegli stessi strumenti cui loro, sin da piccolissimi, sono esposti? Con il rischio di lasciarli in balìa di quegli strumenti stessi, utilizzatori passivi e deboli, invece che abili ed esperti, capaci di massimizzarne i vantaggi e le potenzialità.
Di questo sembrerebbe esserci consapevolezza diffusa, magari non sempre adeguata progettazione e concretizzazione. Se l’istituzione scolastica italiana ha avviato un piano in 35 punti per la “scuola digitale”, modelli didattici innovativi sono possibili. Non solo LIM e tablet a scuola, ma un “insegnamento capovolto”  è ad esempio quello in uso in molte scuole americane, e applicato e promosso anche in alcune realtà italiane. Flipnet ad esempio è la piattaforma dell’“Associazione per la didattica capovolta”. La dinamica della lezione frontale classica si trasforma in un’esperienza di condivisione e collaborazione tra docente e allievi che si preparano a casa per poter interagire attivamente a scuola; andando così incontro alla nuova forma mentis dei nativi digitali cui è impensabile ormai rivolgersi con modalità “classiche”.
In una tale prospettiva naturalmente gli strumenti digitali diventano essenziali e l’apprendimento online una pratica quotidiana. Così come è anche per altre piattaforme, ad esempio Eduopen: una rete di Atenei italiani che permettono la formazione a distanza. Del resto anche la formazione – come vedremo in un approfondimento futuro – è sempre più liquida, meno netti i confini e praticamente costante l’aggiornamento: quale risorsa migliore degli strumenti digitali? Tanto che la scuola può trovare spazio anche in un altro contesto sociale, quello del lavoro, come nelle corporate academy censite in Emilia Romagna.

Ultimo, ma non ultimo, il tema dei mass media  che focalizziamo brevemente come WEB e Social Media in rapporto alle dinamiche sociali dei cosiddetti gruppi di pari, che qui usiamo nell’accezione più tipica, quella relativa all’età adolescenziale. Se per le generazioni del secolo scorso il luogo di incontro tra giovani era il famoso “muretto” o la chiassosa discoteca, oggi la piazza digitale è quella dei Social Media e delle App per scambiarsi i messaggi, con numeri impressionanti e anche risvolti preoccupanti come illustrato da questa ricerca.
Sì, perché la distanza e la virtualità non possono che incidere sulla qualità e la natura delle relazioni, innovando profondamente le dinamiche sociali. In fondo si tratta sempre di mezzi al cui uso si dovrebbe essere formati con valori di cultura digitale… E non ci riferiamo solo agli adolescenti! 😉