Sostenibilità: la governance territoriale come evoluzione della cultura di protezione civile nella P.A.

Paola Chiesa
Paola Chiesa

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Dallo studio degli scenari di rischio alla identificazione della struttura organizzativa di protezione civile.

Vivere un territorio “da dentro” – come accade ad ogni amministratore pubblico – significa toccarne con mano e in prima persona non solo le criticità, ma anche le grandi potenzialità.

Questo, a patto di tenere sempre presente un concetto affatto concreto, ma invece assai tangibile: quello della sostenibilità, inteso sia dal punto di vista dell’ambiente e delle infrastrutture, ma anche da quello umano e relazionale all’interno delle organizzazioni deputate alla tutela e alla salvaguardia del territorio stesso.

In questo articolo e nel prossimo quindi, dall’interno del mio doppio ruolo di amministratore e comunicatore pubblico, cercherò di delineare contesti normativi, scenari strategici e opportunità concrete in questo ambito, con un focus specifico alle pratiche di protezione civile collegate al tema, più generale, della sostenibilità.

 

Paola Chiesa



L’Agenda 2030

Il concetto stesso di “sostenibilità” sta assumendo sempre più un ruolo centrale nelle attività di governance e di pianificazione strategica all’interno degli assetti socio-economici di diverse realtà territoriali.

Non è un caso che IRES Piemonte abbia deciso di porre il concetto di “sostenibilità” al centro della sua ultima relazione annuale sulla situazione socio-economica e territoriale. Dal 2018, infatti – affiancando la Regione Piemonte e l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA Piemonte) attraverso studi congiunti e approfondimenti incrociati – ha intrapreso un percorso che sottolinea la necessità di una visione globale per accompagnare la società verso lo sviluppo sostenibile, cioè uno sviluppo in grado di assicurare “il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”, secondo la definizione internazionalmente condivisa (rapporto Our common future, Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, Commissione Bruntland, 1987).

Già nel 2015, del resto, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, con una lista di 17 obiettivi che si riferiscono ai diversi ambiti della vita umana e del pianeta e che dovranno essere raggiunti da tutti i paesi del mondo entro il 2030: povertà zero, fame zero, salute e benessere, istruzione di qualità, uguaglianza di genere, acqua pulita e igiene, energia pulita e accessibile, lavoro dignitoso e crescita economica, industria innovazione e infrastrutture, ridurre le diseguaglianze, città e comunità sostenibili, consumo e produzione responsabili, agire per il clima, la vita sott’acqua, la vita sulla terra, pace giustizia e istituzioni forti, partnership per gli obiettivi. Cosa significa, dunque, aderire all’Agenda 2030?

Aderire all’Agenda, quindi alla sostenibilità, richiede:

  • un cambiamento di prospettiva nel disegno delle politiche economiche, sociali e ambientali;
  • un cambiamento culturale nei singoli cittadini e nelle comunità di riferimento.

Quanto al primo punto, la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile” (SNSvS), approvata con decreto interministeriale per la programmazione economica n.108/2017, costituisce lo strumento di indirizzo per lavorare in questa direzione. Le Regioni, dal canto loro, in base a quanto previsto dall’art.34 del DLgs 152/06, sono anch’esse tenute a dotarsi di una strategia di sviluppo sostenibile in grado di introdurre nuove modalità per costruire, orientare e definire le politiche e le azioni al fine di

“assicurare la dissociazione fra la crescita economica e il suo impatto sull’ambiente, il rispetto delle condizioni di stabilità ecologica, la salvaguardia della biodiversità e il soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo sviluppo delle potenzialità individuali quali presupposti necessari per la crescita della competitività e dell’occupazione”.

Nel maggio scorso, Regione Piemonte ha approvato un documento tecnico (DGR n.98-9007) per costruire la Strategia per lo Sviluppo Sostenibile del Piemonte, che individua la Conoscenza come priorità d’azione. Da qui la collaborazione con IRES Piemonte, con ARPA e con ISTAT, fondamentale per costruire un sistema di conoscenza diffuso e di supporto per la costruzione di politiche integrate.

Il cambiamento culturale nei singoli e nella comunità è legato ai concetti di identità e di relazione. In particolare, grazie alla conoscenza l’individuo può acquisire quella consapevolezza necessaria per indirizzarsi verso comportamenti diversi e virtuosi, in grado di generare relazioni forti e costruire la comunità di riferimento.

In simili contesti, possono trovare terreno fertile approcci nuovi e creativi a sostegno della sostenibilità, per sviluppare i territori in cui si vive generando valore con le risorse disponibili e gestendo le attività come se si facesse parte di un ecosistema naturale, caratterizzato da una progettazione che non spreca (come in natura, l’output di un sistema diventa risorsa, input di un altro sistema) e dove la sostenibilità può essere letta come un rapporto relazionale tra un sistema e un altro, secondo i dettami della “blue economy” e del design sistemico.


La cultura di governance del territorio

A quali obiettivi dell’Agenda possiamo in prima battuta far riferimento per delineare un percorso ottimale di sensibilizzazione sulla sostenibilità, al fine di evolvere verso una cultura di governance del territorio?

Obiettivo n.1 – Povertà zero
L’obiettivo n.1 dell’Agenda intende sconfiggere la povertà attraverso un approccio integrato che vede il benessere delle persone intimamente connesso alla salute degli ecosistemi naturali. Il cambiamento climatico, infatti, provoca conseguenze non solo sull’ambiente e sugli ecosistemi, ma anche sul sistema socio-economico, danneggiando il territorio con ricadute di rilievo sulle attività produttive, sulle infrastrutture e sulle persone. Raggiungere l’obiettivo n.1 può significare allora, costruire politiche per la programmazione di interventi che favoriscano la prevenzione e la gestione del dissesto del territorio, quali ad esempio il rischio di frane e alluvioni (che in Piemonte interessa rispettivamente il 67,82% e il 90,86% dei Comuni).

Obiettivo n. 11 – Città e comunità sostenibili
Un aspetto significativo nel rendere le città e le comunità sostenibili è quello di migliorare l’utilizzo delle risorse. In quest’ambito, diventa fondamentale portare avanti politiche coraggiose di riduzione del consumo di suolo, promuovendo ad esempio la riqualificazione edilizia e la rigenerazione urbana (in Piemonte la distribuzione del consumo di suolo percentuale su base comunale indica che circa un quarto dei comuni – 26% – ricade nella classe con percentuale di consumo maggiore al 9% (il dato nazionale si colloca al 7,6%)

Obiettivo n.15 – Vita sulla terra
Questo obiettivo punta alla salvaguardia degli ecosistemi terrestri e della loro biodiversità. Include, tra l’altro, la promozione di una gestione sostenibile di tutti i tipi di foreste, l’arresto della deforestazione e il ripristino delle foreste degradate. Al fine di salvaguardare la biodiversità, diventa fondamentale tutelare ad esempio il sistema delle aree protette (in Piemonte il totale del territorio protetto interessa il 18,07% dell’intero territorio regionale, laddove il dato italiano riferito alle aree protette è pari al 21,6%).


Sviluppo sostenibile e Protezione Civile

Un interessante esempio di applicazione del concetto di sviluppo sostenibile applicato alla gestione del territorio, è rappresentato dal nuovo codice di Protezione Civile, in vigore dal 2018 (D.LGS 1/2018). Il nuovo assetto normativo è infatti caratterizzato da un’impostazione che rappresenta l’evoluzione verso una concezione di sistema, dimensione ormai necessaria (ma per nulla scontata) per governare la complessità del mondo moderno. Il nuovo codice tende a garantire un’operatività efficace e tempestiva, attraverso chiare attività di previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi, così come di gestione delle emergenze e del loro superamento.

Il nuovo codice introduce il concetto di pubblica utilità per definire il servizio di protezione civile, definito come

“il sistema che esercita la funzione di protezione civile costituita dall’insieme delle competenze e delle attività volte a tutelare la vita, l’integrità fisica, i beni, gli insediamenti, gli animali e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivato da eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo” (art.1).

Se ne sottolinea la funzione di interesse generale, la pari fruibilità a tutte le persone e l’esercizio da parte dei poteri pubblici.

L’art.2 identifica le attività di protezione civile nella previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi, gestione delle emergenze e loro superamento. Particolarmente interessante il fatto di specificare le attività di prevenzione in forme “strutturali”, quali la programmazione degli interventi finalizzati alla mitigazione dei rischi naturali o derivanti dall’attività dell’uomo e “non strutturali”, quali, tra gli altri, il servizio di allertamento, la diffusione della cultura di protezione civile, l’informazione alla popolazione degli scenari di rischio. L’importanza di questo articolo risiede nella evoluzione culturale del sistema di protezione civile, che tende ad evolversi da gestione dell’emergenza alla gestione del rischio di emergenza.

All’art. 3 è stata infine formalizzata la possibilità di articolare la funzione base di protezione civile a livello territoriale su “ambiti territoriali e organizzativi ottimali”, individuati dalle Regioni nel rispetto dei principi di sussidiarietà e adeguatezza. Si tratta anche in questo caso di una sfida molto importante, che intende individuare l’ambito ottimale per garantire l’effettività dell’azione di protezione civile. In un Paese come l’Italia, con rischi diversificati e problematiche complesse, è fondamentale trovare formule di applicazione a geometria variabile, basate su un accordo forte tra l’ente Regione ed i singoli Comuni.

L’art.31 disciplina la partecipazione dei cittadini alle attività di protezione civile. Il Codice introduce il principio della partecipazione dei cittadini finalizzata alla maggiore consapevolezza dei rischi e alla crescita della resilienza delle comunità. Tale partecipazione può realizzarsi in vari ambiti, dalla formazione professionale, alla pianificazione di protezione civile e attraverso l’adesione al volontariato di settore. Si tratta di parole rivoluzionarie che fanno leva su un concetto di pianificazione partecipata, sul diritto del cittadino ad essere informato sugli scenari di rischio, ma anche sul corrispondente dovere di essere preparato, per porre all’occorrenza in essere misure di autoprotezione. Un salto di qualità straordinario verso forme di cittadinanza attiva, preparata e consapevole.

Dunque, la ratio del concetto di sostenibilità che caratterizza l’Agenda 2030 sta in fondo nell’adattamento evolutivo che, per le società umane, significa qualcosa in più rispetto alla sopravvivenza della specie. Significa garantire la sicurezza degli individui, il benessere collettivo, l’equità sociale.

 

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