Social media e Pubblica Amministrazione: in ordine sparso si può?

Paola Chiesa
Paola Chiesa

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Pare che ogni singolo storno si muova in volo in base a ciò che vede fare a un numero fisso di altri uccelli del gruppo che si trovano nelle sue vicinanze, circa sette. Viaggiano compatti in gruppi di 5-10 mila esemplari e volano ad una distanza di circa 80 centimetri-1 metro l’uno dall’altro, per difendersi dai rapaci. La strategia è particolarmente efficace: i loro predatori trovano difficile attaccarli  sia perché lo stormo di uccelli cambia forma e direzione di continuo, sia perché non è facile isolare un individuo dal gruppo: i singoli uccelli cambiano continuamente posizione tra la periferia e l’interno dello stormo, cosicché la probabilità di essere predati è notevolmente ridotta.

Emblematico di un’intelligenza collettiva è anche il comportamento delle formiche, che procedono incolonnate come truppe verso la fonte di cibo per poi fare ritorno al formicaio, così che – in caso di successo nella ricerca – ognuna di esse tenderà in futuro a tornare verso la stessa fonte. Questo anche grazie al rilascio, durante la fase di rientro,  di una scia di secrezioni chimiche, attraverso la quale alcuni tipi di formiche sono in grado di indirizzare gli spostamenti di interi gruppi di loro simili.

Poi ci siamo noi, tra terra e cielo, che ci avventuriamo invece nei social in ordine sparso. Il nostro comportamento non è così valutabile secondo parametri di sincronicità né è esemplare per ordine e disciplina.
E tuttavia, come emerge anche dall’ultimo rapporto Censis del 2015, gli Italiani sono sempre più social: Facebook è frequentato dal 50,3 % della popolazione, Youtube raggiunge il 42% degli utenti e Twitter è utilizzato dal 10,1% degli Italiani.

Distribuzione social in Italia Fonti: Repubblica, rapporto Censis 2015.

Probabilmente allora i tempi sono maturi anche per una presenza di qualità della Pubblica Amministrazione sui canali sociali. In realtà non vi è alcun obbligo normativo per la PA di essere istituzionalmente presente sui canali social, e in ogni caso tali strumenti integrano i tradizionali canali di comunicazione attraverso i quali l’amministrazione rende disponibili le informazioni e i servizi al cittadino.
Piuttosto l’utilizzo dei social implica il passaggio da un modello di comunicazione “verso” a uno “con” il cittadino. Facebook, YouTube, Twitter sono media conversazionali, ossia valorizzano le interazioni tra utenti che nascono dalla conversazione, e consentono di strutturare reti di relazioni. Oggi le informazioni che raggiungono l’utenza sono veicolate più dai propri contatti virtuali attraverso i social network , che dai motori di ricerca.

Se il web è uno strumento di partecipazione e non solo di comunicazione, allora una presenza di qualità della Pubblica Amministrazione sui social è quella che può incentivare la partecipazione del cittadino coinvolgendolo, come dicevamo nell’articolo precedente sulla trasparenza e partecipazione, creando un rapporto di prossimità.

Il cittadino sul web si informa, cerca soluzioni, instaura un dialogo diretto con il proprio interlocutore, sia esso un’azienda o un ente pubblico, all’interno di spazi pensati per una comunicazione a due vie. La partecipazione e l’interazione rafforzano la percezione di trasparenza e di efficienza. Nascono così possibilità nuove, ma anche nuove responsabilità.

Essere in Rete e presidiare i social network, quindi, significa per una PA, affrontare un cambiamento culturale che implica apertura, capacità di ascolto e di dialogo, orientamento all’interazione, disponibilità al cambiamento. E il cittadino si trasforma così da utente esterno, e passivo, dei servizi della PA in interlocutore attivo e coinvolto nei processi, per costruire processi virtuosi di partecipazione.

Le Social Media policy

Come può quindi una PA gestire in modo esemplare i social media, sia come strumento di informazione, ascolto e dialogo che per l’agevolazione nell’erogazione dei servizi al cittadino, promozione dell’immagne dell’ente, del territorio e della comunità?

ll Ministero della Funzione Pubblica ha adottato nel 2011 uno specifico Vademecum ad oggetto “Pubblica Amministrazione e Social Media” a cura del Formez che offre preziosi suggerimenti agli operatori della PA per adottare le social media policy interne, cioè documenti attraverso i quali illustrare le regole interne e i livelli di responsabilità nella gestione del profilo social, e social media policy esterne, attraverso le quali specificare i rapporti fra l’ente e i cittadini.
Attraverso la redazione della policy si evidenziano i valori che devono accompagnare la presenza social dell’ente e dei cittadini: trasparenza, partecipazione, responsabilità, rispetto, collaborazione.

In unanalisi che abbiamo condotto tra Ottobre 2013 e Giugno 2014 sulle social media policy di circa 1500 enti locali italiani (Comuni, Province Regioni) presenti su Twitter e Facebook , è emerso come l’utilizzo di tale strumento non sia avvertito ancora come strategico da parte delle PA, in quanto sono sottovalutate ad esempio le tematiche legate alla tutela della privacy, del diritto d’autore, della sicurezza dei dati.
D’altro canto esiste spesso uno scarso coordinamento tra la comunicazione veicolata nei siti istituzionali e quella presente nei corrispondenti canali social dell’ente.

Sono poi eclatanti gli esempi di utilizzo dei social sia positivi, come la rete di sussidiarietà che si è creata sui social in occasione del terremoto in Emilia-Romagna che negativi, come il caso del tweet emesso dalla Questura di Roma, che ci fanno riflettere sull’importanza di avere delle social media policy chiare ed esaustive da seguire e da non sottovalutare.

In generale, le PA sono poco social e questa caratteristica è evidente se allarghiamo lo sguardo fuori dai confini nazionali. Oltreoceano abbiamo esempi virtuosi di veri e propri social media center, che riflettono una strategia di avvicinamento capillare da parte della PA al cittadino.
Così non troveremo solo l’account facebook o twitter della città di Boston  o Chicago, bensì tanti account quanti sono i diversi dipartimenti e uffici presenti nella città. Peraltro tutti facilmente raggiungibili navigando il sito della città.

Per definire degli obiettivi, dobbiamo prima identificare i bisogni. E questo è possibile se la PA favorisce la nascita di una rete sociale e coltiva la contaminazione di intelligenze collettive a vantaggio della collettività, proprio attraverso i social media. Che possono essere fonti di dati e quindi di informazioni preziose per una PA non solo attenta, ma anche lungimirante in termini di governabilità del territorio.

E’ in quest’ottica che va salutata positivamente l’iniziativa del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha posto in consultazione pubblica fino al 24 dicembre 2015 le proprie social media policy. Si tratta di un esercizio di trasparenza e di incoraggiamento alla partecipazione attiva della popolazione alla cosa pubblica.

Pare che in Italia sia il primo caso, per un ente di tali dimensioni. Abbiamo sicuramente un buon margine di miglioramento, ma siamo sulla strada buona!

Paola Chiesa