La semantica del Sentiment: comunicazione e comunicabilità.

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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Il tema dell’incomunicabilità è stato nel corso del Novecento un argomento fondante della produzione artistica, da quella letteraria a quella cinematografica.
 Da Freud in poi, le parole, la lingua e gli schemi interpretativi consegnati dalla tradizione non potevano più spiegare la complessità dell’individuo, né il suo smarrirsi di fronte ai fatti della storia e alla complessità crescente delle relazioni sociali.
 Il ritratto dell’uomo fatto da artisti e intellettuali ci restituiva spesso un’umanità balbuziente, talvolta inconsapevole, altre volte plagiata dall’ideologia o dalle sirene del consumismo.

Poi è venuta la Rete con la sua promessa di democrazia del sapere e dell’informazione, e con essa l’esplosione della comunicazione globale che è l’elemento più caratterizzante il costume sociale del millennio appena iniziato.
 Internet, oggi, è attraversata quotidianamente da flussi incommensurabili di conversazioni, opinioni, scambi di idee, espressioni di sentimenti ed emozioni. Verso se stessi o gli altri, in relazione a fatti d’attualità o ad argomenti più generali. Miliardi di persone possono incontrarsi per le vie digitali e scambiare opinioni e conoscenza.
 Tanto che è nata una nuova esigenza, quella di interpretare il flusso delle conversazioni e delle argomentazioni on line, comunemente definita analisi del sentiment, ovvero l’indagine orientativa dell’opinione positiva, negativa o neutra che un determinato campione sulla Rete restituisce di un certo argomento, di un evento, di un brand, di un personaggio.

Ma, a prescindere dagli strumenti esistenti sull’analisi del sentiment, anche in real time – di cui ci occuperemo in un prossimo articolo – vogliamo ragionare oggi dal punto di vista del semplice fruitore della Rete, meglio definibile come “utente”, sia esso un singolo o una collettività (come nel caso di gruppi, liste e forum).
Quali dinamiche si attivano ad esempio all’interno di una simile esposizione a messaggi comuni, contemporanei e continuativi? Che tipo di semplificazione inevitabilmente (e più o meno consapevolmente) si origina nel lettore nel momento in cui utilizza un Social e si fa un’idea del “sentiment” di una conversazione o di un tema? Che tipo di comunicazione si instaura insomma tra le persone sulla rete e sui Social Media in particolare? E soprattutto: è davvero possibile che i Social Media veicolino la verità di un’istanza comunicativa se essa è tante volte ignota perfino a chi la esprime?

Specialmente quando si parla di opinioni e sentimenti infatti, cioè quando il livello della comunicazione non è referenziale e neutro, ma entrano in gioco fattori individuali, c’è sempre un sottotesto comunicativo dietro le parole, nelle pieghe del significato, nei tratti che diremmo prosodici della comunicazione. Le sfumature, il non detto, ciò che si dice per dire altro, ciò che si dice perché altri intenda. E poi ci sono l’ironia, il sarcasmo, il paradosso, a precisare, distinguere, distorcere o addirittura stravolgere il significato primo delle parole.
Se da un lato è quasi ovvio prevedere l’eccesso e l’esagerazione comunicativi dovuti allo sfogo e al protagonismo che possono essere stimolati dal trovarsi su una ribalta mediatica, come svelare e riconoscere fenomeni meno prevedibili? Pensiamo all’autocensura e alla reticenza ad esprimersi in un contesto che pur è pubblico, per timore del giudizio altrui, per riservatezza o anche solo per evitare di assumere una posizione che si riconosce come scomoda o che rischierebbe di attirare commenti e confronti cui occorrerebbe poi opporre risposte e argomentazioni.

Il rischio che si corre dunque è quello di una generalizzazione, del prendere alla lettera quello che evidentemente non può essere che un orientamento, un’occasione di informazione e di comunicazione trasferita da un medium che ha le sue regole. Come per ogni strumento di comunicazione infatti è indispensabile conoscerne i codici espressivi per sfruttarne al meglio le potenzialità, ma anche per difendersi da incomprensioni, falsi, giganteschi misunderstanding.

Questo anche alla luce di alcune specificità della Rete. Ad esempio il mutamento del principio di autorità. Se sui mezzi di informazione tradizionali l’autore e l’editore fungevano (e fungono) da garanti, sulla Rete non solo per la prima volta chiunque può facilmente condividere informazione e pensieri, ma paradossalmente anche un’affermazione falsa, se ricondivisa da molti, può assumere veridicità per autorevolezza – per così dire – numerica.
Frequente, ad esempio, è la ricondivisione a posteriori di articoli o post “datati” che, nell’essere riportati all’attenzione pubblica in certi periodi di attualità della stessa tematica, generano spesso fraintendimenti di notizie. Pensiamo ad esempio alle informazioni legislative o di cronaca, in cui eventi magari di un anno prima vengono ricondivisi in coincidenza ad altre notizie di attualità, con effetti o di amplificazione delle notizie o al contrario di incongruenza delle news. Il tutto tenendo conto dell’estrema rapidità di ri-diffusione della notizia vecchia, presa dai più come recente.

In questo tipo di criticità la velocità della Rete e il suo particolare modo di interpretare il fattore tempo hanno infatti un ruolo fondamentale, insieme anche a una certa inevitabile superficialità di lettura tipica della fruizione dei contenuti su Internet. Ma un recente studio condotto da ricercatori dell’IMT Alti Studi di Lucca sottolinea ad esempio come la diffusione delle notizie sia oggetto di quello che chiamano “confirmation bias”, ovvero si tende a condividere e a far circolare le informazioni che confermano le proprie convinzioni, indipendentemente dalla verifica della loro veridicità.

È evidente dunque che la Rete e i Social Media da un lato non possono offrirci un rimedio all’incomunicabilità, ovvero alle difficoltà per così dire esistenziali del comunicare con gli altri e tante volte anche di esprimere correttamente quello che avvertiamo magari confusamente di noi stessi. E che d’altro canto come ogni strumento di comunicazione anche Internet e i Social Media sono destinati a replicarne e ad amplificarne per la loro stessa natura, le insidie e le trappole.
Sono però senz’altro uno strumento rivoluzionario di comunicazione, il più potente mai stato a disposizione di così tante persone, diverse per cultura ed estrazione sociale: una concreta occasione di partecipazione e di comunicabilità che – come ogni cosa in terra – può solo aspirare ad avvicinarsi alla verità.

approfondimenti

Per saperne di più

www.internazionale.it
www.repubblica.it
www.lescienze.it