Dati che parlano tra loro… e anche con noi!

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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Dopo un rapido sguardo alle principali definizioni e caratteristiche che riguardano gli Open Data, viste in precedenza, ci occupiamo ora in dettaglio di alcune delle loro peculiarità più rilevanti, quelle capaci di renderli così speciali.
Innanzitutto, è esemplare la capacità degli Open Data di dialogare liberamente non solo tra di loro, ma contemporaneamente anche con l’ambiente a loro esterno, fornendo informazioni spesso fondamentali e divenendo allo stesso tempo più facilmente “visibili”. Tutto ciò è reso possibile dall’assenza di ogni forma di barriera al loro utilizzo, a parte quelle prettamente “tecniche” connesse alla conoscenza – o meno – dei codici attraverso i quali gli Open Data e i Dati in genere sono organizzati e strutturati.
L’accessibilità riguarda quindi non solo i dati in sé, ma anche i sistemi di raccolta, stoccaggio e lavorazione con i quali vengono genericamente trattati, al punto da rendere gli Open Data pienamente disponibili, ossia portatori naturali di un ulteriore valore pressoché inesauribile, quello della loro interoperabilità.

E se “l’interoperabilità è la capacità di diversi sistemi e organizzazioni di lavorare insieme (…) di combinare una base di dati con altre” come viene definito nel Manuale degli Open Data, siamo allora in presenza di un requisito essenziale affinché sistemi differenti, lavorando insieme, riescano a fondersi in strumenti di elaborazione di dati sempre più complessi.
L’interoperabilità è dunque “la chiave per realizzare il principale vantaggio pratico dell’apertura: aumentare in modo esponenziale la possibilità di combinare diverse basi di dati e quindi sviluppare nuovi e migliori prodotti e servizi”.
Di fronte a questa vocazione globale tipica degli Open Data, sostenuta dal ruolo di grimaldello operativo svolto dalla lingua inglese e dalla possibilità pressoché infinita di connessione online, è difficile concepire limiti al loro uso, riuso, ricombinazione e ibridazione, se non quelli propri della nostra immaginazione.

Un caso esemplare e per certi versi sorprendente di combinazione tra dati sedimentati nel tempo con flussi di dati in real time, resa possibile grazie a un impiego sincronico di dataset diversi in chiave Open, è quello rappresentato dal sito www.FlyOnTime.us.*
Realizzato tutto in ambiente open, il sistema di elaborazione di dati alla sua base consente al visitatore – tra le altre cose –  di verificare personalmente e in tempo reale la percentuale di probabile ritardo dei voli in un dato Aeroporto, in base alle condizioni climatiche previste.
Il processo, infatti, combina insieme i dati storici sui ritardi resi disponibili dal Transportation Bureau con le informazioni meteorologiche concesse dalla Federal Aviation Administration, i bollettini meteo pregressi della National Oceanic and Administration e i dati in real time rilasciati del National Weather Service. Il viaggiatore comune non deve fare altro che connettersi al sito, compilare i campi proposti e ottenere immediatamente e gratuitamente la stima dell’eventuale ritardo!

E dopo questa ulteriore incursione nel mondo open, state pronti ai prossimi articoli: sono in arrivo altri esempi concreti sull’uso e riuso degli Open Data, oltre a qualche “volo fantastico”, stavolta tutto nostro: stay tuned!

approfondimenti
Mayer-Schönberger Viktor – Cukier Kenneth, “Big Data. Una rivoluzione che trasformerà il nostro modo di vivere e già minaccia la nostra libertà”. Garzanti, Milano, 2013