Modelli del passato per capire (e predire) il futuro? La lezione della Storia

Giulio Destri
Giulio Destri

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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La lezione della Storia:
andiamo per gradi, anzi, per Tempo, Dati e Informazioni

Nell’intervista di inizio anno abbiamo introdotto il concetto generale di MODELLI del mondo, mentre nell’articolo precedente ne abbiamo trattato uno in particolare, ovvero la mappa geografica.

In questo articolo parleremo invece della Storia, seppure con un approccio diverso da quello “nozionistico” puro, tuttora in uso in molte scuole nonostante le critiche che subisce da sempre. Ricordiamo, solo a titolo di esempio, l’incipit esemplare di Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi: “L’Historia si può definire…”.

Gli esseri umani, come del resto tutto l’Universo, esistono soltanto entro il Tempo che – a quanto ci è dato sapere – scorre in una sola direzione, dal passato verso il futuro. Il tempo può essere quello di un’ora di lavoro, di una giornata di viaggio o di un anno di vita, oppure quello dei decenni dell’esistenza umana o piuttosto quello dei secoli di dominio dell’Impero Romano. Per non parlare dei tempi geologici o di quelli dell’universo: si tratta di milioni e di miliardi di anni…

Senza addentrarci nella Fisica o nella Filosofia, semplificando le cose, possiamo dire che, tramite i nostri organi di senso, utilizziamo questo tempo per raccogliere dati e informazioni – sia attraverso la nostra esperienza diretta nel presente che attraverso documenti e “reperti” provenienti dal passato  – dopodiché li accumuliamo nella nostra memoria e infine li attualizziamo nel presente. Sempre nel presente poi, attraverso il pensiero e le capacità della nostra mente umana, li elaboriamo per trarne informazioni e conoscenza atte a migliorare la nostra consapevolezza e a prendere adeguate e “sagge” decisioni per il futuro, o almeno così dovrebbe essere.

OrientamentoQuesto processo avviene spontaneamente e naturalmente anche nelle fasi di apprendimento del bambino che, durante la sua crescita e il suo sviluppo, impara a rapportarsi con il mondo. Lo stesso accade perfino nello sport, in cui si analizzano le partite passate degli avversari futuri per carpirne schemi e modi di gioco e adottare tattiche e contro-schemi al fine di vincere la partita.

Anche nel contesto aziendale avviene qualcosa di simile durante l’adeguata fase di chiusura che ogni progetto – secondo gli standard e le buone pratiche del Project Management – dovrebbe avere: stiamo parlando della “Lesson learned”, comprendente l’approccio predittivo e quello agile-adattivo della “retrospettiva”.

In queste attività, infatti, vengono valutate le azioni compiute durante il progetto assieme al loro esito, per capire cosa è stato fatto bene, cosa invece è andato meno bene (ed è quindi da migliorare) e quali sono stati infine i rischi e i problemi incontrati, così da tenerne conto nei progetti/fasi futuri.

Un approccio analogo viene attuato con la Business Intelligence ogni qualvolta si estraggono schemi, tendenze, correlazioni e altre informazioni dai dati “grezzi”, sempre con lo scopo di poter prendere decisioni nel modo migliore (ovvero più “saggio”) possibile per il futuro. Allo stesso modo funzionano i sistemi di Machine Learning che sono alla base di molte applicazioni di Intelligenza Artificiale.
E allora, che informazioni possiamo trarre dalla Storia? Come la conoscenza del passato ci aiuta a pre-vedere il futuro e a pre-pararci ad esso, possibilmente senza pre-occuparci più del necessario?

Approfondiamo insieme la questione.


La relazione tra i Dati e la Storia

In primo luogo: cosa ci arriva dal passato?

Molto dipende dalle diverse epoche che prendiamo in considerazione, così come dalle tecnologie allora disponibili, o dalla distanza temporale che ci separa dalle stesse, o ancora dagli eventuali avvenimenti catastrofici accaduti nel frattempo, come sono ad esempio le guerre o i disastri naturali. Detto questo, possiamo applicare una semplificazione che ci aiuti nel raggruppare i Dati in questione in base a vari tipi di fonti, distinguendoli in:

Dati diretti, provenienti da autori contemporanei all’epoca che stiamo esaminando, che possiamo a loro volta sudividere in:

– Documenti visivi “oggettivi”, disponibili solo dopo l’invenzione della fotografia e del cinema, quindi posteriori al 1839 e al 1895.
– Documenti audio “oggettivi”, disponibili solo dopo l’invenzione delle registrazioni audio, quindi posteriori al 1877.
– Documenti visivi o tridimensionali come affreschi, dipinti, stampe, miniature, icone, disegni, progetti, modelli, statue e sculture, bassorilievi etc.
– Edifici e città, con le loro strutture, caratteristiche ingegneristiche, architettoniche, paesaggistiche etc.
– Oggetti di vita quotidiana, spesso a loro volta contenuti entro:
– sepolture;
– documenti scritti a carattere letterario;
– documenti scritti di tipo storico (cronache, annuari…) e socio-economico (bilanci, documenti contabili…);
– narrazioni orali tradizionali, canti etc;
– abitudini storiche;
– ricordi diretti di persone.

Dati dedotti a partire da:

– Tracce archeologiche.
– Elementi lasciati nell’ambiente.
– Elementi geologici ed ambientali.
– Correlazioni fra tutto quanto sopra definito.

Anche per i dati apparentemente “oggettivi”, come riprese audio e video, è importante considerare che essi riflettono comunque il punto di vista di chi aveva la macchina da presa in mano e/o che possono essere stati strumenti di propaganda (estremizzando si può arrivare a pensare alle fake news, così presenti nel nostro mondo).

E, per quanto riguarda i documenti scritti, come le cronache, occorre considerare che, molto spesso, essi sono “non particolarmente oggettivi” per motivi legati al tempo immediatamente successivo all’avvenimento.

Solo a titolo di esempio si può pensare alla “damnatio memoriae tipica del mondo romano (e non solo), quando alcuni imperatori sono stati tramandati alla storia solo con aspetti negativi perché questo era funzionale e vantaggioso per i loro successori. “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato” (George Orwell in 1984).

Tutto ciò premesso, partendo da dati dimostrati dagli storici attraverso secoli di lavoro, applichiamo ad essi una serie di analisi socio-organizzative contemporanee, al fine di riconoscere pattern ed estrarre schemi utili nel presente. Lo faremo attraverso una serie di “cammei” che rappresentano le lezioni che la Storia impartisce agli esser umani nelle sue diverse organizzazioni sociali, economiche e politiche.


Historia magistra societatis: il sogno di Dario

Analizzando la storia, troviamo che in varie parti del mondo si sono evoluti sistemi sociali molto diversi e in tempi diversi, ma che sono in generale riconducibili a due modelli di base o, in alcuni casi più rari, in qualche modo “ibridi” fra di essi.

Da un lato troviamo organizzazioni poco stratificate, solitamente applicate a comunità piuttosto ristrette quali villaggi e piccole città, organizzate con strutture piuttosto “paritetiche”, ove il capo singolo, se presente, è comunque, con diverse sfumature, una sorta di “primus inter pares” e deve rendere conto ad un’assemblea, anche quando è il capo religioso. In molti casi, soprattutto al crescere delle dimensioni della struttura (città o insieme di città), il ruolo di approvazione o contribuzione alle decisioni del capo è ristretto ad una parte della popolazione (“aristocrazia”).

Dove si possono trovare, geograficamente, esempi di questa struttura? In Europa, ad esempio, con le organizzazioni della Gallia, dell’Etruria e dell’Italia preromana, della Germania, dell’Iberia. Più in particolare nell’antica Grecia l’evoluzione di questo modello condusse per la prima volta alla democrazia come oggi la conosciamo (pur con tutti i distinguo, a cominciare dal fatto che quella greca era una democrazia diretta e non rappresentativa…).
Il modello ovviamente non era presente solo in Europa: anche le tribù indiane nel Nord America erano organizzate in questo modo, così come molte tribù africane, dell’Oceania, delle steppe asiatiche… Ma usiamo il modello europeo come pietra di paragone.

Dall’altro lato troviamo invece organizzazioni molto più complesse e stratificate, applicate a territori vasti quanto attuali nazioni, spesso disposti lungo vie di comunicazione geografica come fiumi, e caratterizzate da elevata specializzazione degli individui, da una stratificazione sociale e dalla presenza di un capo “carismatico”, spesso anche capo religioso, in qualche modo rappresentante vivente della impersonificazione dello stato.

Usando una vecchia terminologia scolastica, questo tipo di organizzazione prende il nome di “Impero idraulico”, perché nato storicamente per la prima volta intorno a grandi fiumi e basato per le risorse alimentari su un’agricoltura intensiva, che richiedeva notevoli livelli di organizzazione sociale per il suo funzionamento.

PlatoneAnche in questo caso ci chiediamo: in quali zone si è creata con maggior frequenza questa struttura organizzativa nel corso della storia?  La possiamo riscontrare in molte zone del mondo, corrispondenti a quelle che oggi consideriamo come le grandi Civiltà del mondo antico: l’Antico Egitto, la Mesopotamia, la Persia, l’India, la Cina, il Messico (Aztechi, Maya), il Sudamerica (Chibca, Incas), l’Africa (Etiopia, Zimbabwe).

A questo, nel nostro argomentare, possiamo aggiungere che la contrapposizione fra questi due modelli è avvenuta molte volte nella storia. E in molti casi ha visto vincente il secondo modello, quello “imperiale” sia per dimensioni numeriche sia per organizzazione più efficiente. È così avvenuto che territori organizzati secondo il primo modello, quello “democratico”, sono stati incorporati con la forza entro “Imperi”. 

Questa contrapposizione è del resto stata studiata e “codificata” già dagli storici dell’antica Grecia, all’epoca delle Guerre Persiane (490-480 a.C.), quando l’insieme delle città-stato greche, rette da regimi aristocratici o democratici, fiere della propria indipendenza e cultura, si trovarono di fronte il grande impero Persiano in espansione, che, dopo avere unificato le varie civiltà “imperiali” del medio oriente si stava espandendo verso occidente.

Gli storici greci riconobbero già allora che a scontrarsi non erano solo due culture o due popoli diversi, ma proprio due modelli diversi di organizzazione sociale.
Il concetto fu espresso attraverso il mito del “sogno dell’Imperatore persiano Dario”, in cui il sovrano sogna “due donne di nobili origini, sorelle in stirpe, venute in lite fra loro” e tenta di sottometterle al giogo del proprio carro; l’una (l’Asia) accetta il giogo, l’altra (l’Europa) insorge, lo spezza e travolge il Re. Il significato della metafora era chiaro: la Grecia non poteva accettare il potere imperiale.

LegionariGli eventi – narrati e documentati – ci raccontano come andarono le cose: le città greche alleate insieme riuscirono a vincere ed a conservare la propria indipendenza e l’impero Persiano dovette ritirarsi, temporaneamente. Ma nel giro di 50 anni, le rivalità interne ai Greci fecero precipitare la situazione, scatenando la tremenda guerra del Peloponneso fra lo schieramento “democratico” guidato da Atene e quello “aristocratico” guidato da Sparta…

Nei secoli successivi la Grecia fu conquistata, insieme a tutto il Mediterraneo e a buona parte dell’Europa, dalla repubblica romana, che però non resse al contraccolpo interno della rapida espansione e, dopo un periodo di guerre civili, divenne l’Impero Romano, dotato di caratteristiche “imperiali”, ma più vicine al modello europeo, con l’adozione del Diritto e altre forme mutuate in qualche modo dalle organizzazioni “democratiche” ad esso preesistenti.

Quel che ne seguì, a vicende alterne, si chiama, per l’appunto, Storia. Ma il racconto di questa “competizione” tra differenti modelli è ancora oggi emblematico, come vedremo. Ampliando l’orizzonte alla storia recente e al mondo si possono trarre alcune conclusioni:

  • La democrazia non è un valore universale nella Storia, né l’aspirazione ultima dei popoli: l’evoluzione nel tempo non conduce necessariamente ad essa, anzi, ha condotto spesso a situazioni in cui essa cessava.
  • L’”esportazione della democrazia”, vanto propagandistico non molti anni fa, è una chimera: nazioni che sono eredi di una tradizione “imperiale” e non hanno mai avuto nel loro passato organizzazioni “democratiche” difficilmente possono evolvere verso un modello democratico senza una profonda trasformazione culturale, che richiede molto tempo.
  • In alcuni casi, in alcuni momenti particolari della storia, la democrazia, più lenta nell’agire con tutti i suoi meccanismi, può non essere la forma organizzativa più adatta per la sopravvivenza di una nazione o di una organizzazione; in altri momenti invece si; questo fatto era noto già nei primi secoli della repubblica romana, in cui, in situazioni di emergenza, il potere dei Consoli veniva sostituito da quello, concentrato in una sola persona, del Dittatore.
  • La democrazia con i suoi valori, proprio perché non definitiva, va difesa, in primo luogo considerando che accanto ai diritti ci devono essere i doveri ed il rispetto dei medesimi.

Quando la città retta a democrazia si ubriaca di libertà confondendola con la licenza, con l’aiuto di cattivi coppieri costretti a comprarsi l’immunità con massicce d’indulgenza verso ogni sorta di illegalità…” scriveva già il filosofo greco Platone nel 370 a.C.. Quindi, se la democrazia degenera in licenza, questo è l’anticamera della sua fine.

Tanti esempi di questa degenerazione possono essere trovati nella Storia, anche recente. Ricordiamo che Dante Alighieri, verso la fine della propria vita, stanco delle lotte intestine delle città toscane che gli sono costate anche l’esilio dalla sua Firenze, scrive nel trattato “Monarchia” della necessità di un potere statale “universale” forte e indipendente dall’autorità del papato, per garantire la pace e il libero sviluppo delle persone durante la vita terrena.


Historia magistra nationum: le relazioni fra le “nazioni”

L’osservazione della storia ci mostra alcuni schemi ricorrenti anche in civiltà lontane tra loro sia nel tempo che nello spazio. Per la maggior parte del tempo trascorso dal neolitico in poi le organizzazioni umane (tribù, nazioni, città…) sono state in guerra tra loro, dove per guerra intendiamo un conflitto organizzato e condotto con armi, non necessariamente rivolto alla distruzione del nemico.

Probabilmente, agli esordi, la guerra è nata come evoluzione estrema della competizione per le risorse (territori di caccia o simili). Poi, con l’avvento della agricoltura e delle civiltà stanziali basate su di essa, è diventata la difesa del cibo prodotto da parte degli “agricoltori” rispetto a chi voleva impadronirsene (“predoni”). E solo più tardi tale competizione per il territorio nel suo insieme è diventata conquista di territori adiacenti da parte di strutture più forti e organizzate, con la conseguente sottomissione delle popolazioni preesistenti.

Combinata con la schiavitù, questa evoluzione condusse alle guerre di conquista per il potere nella maggior parte del mondo. E poi alle guerre per il mantenimento del potere. E le guerre per la difesa del proprio territorio, solo a titolo d’esempio le guerre fra l’Impero Romano e i barbari e le guerre fra l’Impero Cinese ed i Mongoli.
E’ interessante notare il parallelo “culturale” di tutto ciò. In molte culture, infatti, la parola usata per indicare “uomini” (nel senso di “esseri umani”) viene usata per indicare i propri membri, quasi a distinguere in maniera netta chi è simile a se dagli “altri”.

Rappresentazione del cervelloNella storia questa distinzione è presente in varie sfumature. Pensiamo agli antichi Greci che chiamavano tutti gli altri popoli “barbari” (addirittura anche il re Filippo II di Macedonia, padre di Alessandro Magno, che pure parlava la lingua greca e faceva parte del mondo greco, era definito “Filippo il Barbaro” dai Greci).

O, in tempi più recenti, alle ideologie propagandanti la superiorità della razza bianca o della razza “ariana”… O a quelle credenze e fedi religiose che tendono a considerare “miscredenti” gli altri e a suggerire la “guerra santa” contro di essi.

Cambiando tuttavia punto di vista – applicando uno sguardo più ampio facendo affidamento sulle piùà recenti scoperte riguardo alla struttura del cervello e della mente umana – possiamo stabilire delle motivazioni profonde per questi schemi ricorrenti nella storia, e riassumerle come segue:

Nella mente umana esistono diverse sezioni, cooperanti fra loro e, in parte, riconducibili a strutture fisicamente presenti nel cervello e frutto della evoluzione della specie umana; alcuni autori li definiscono come “cervello rettile”, “cervello mammifero” e “neocorteccia”: teorizzato da Paul MacLean in questo modello estremamente valido è oggi ampiamente usato anche nella pubblicità e nelle vendite (si vedano ad esempio e ); il primo scopo del cervello rettile è quello di mantenere in vita l’essere umano cui appartiene, in special modo individuando in anticipo le minacce.

A livello percettivo questa distinzione si traduce nei sistemi del fast thinking e dello slow thinking, di cui si è parlato nella sopra citata intervista: la prima cosa che facciamo in un ambiente sconosciuto è attivare le percezioni sensoriali per dare “’un’occhiata in giro” e verificare l’eventuale presenza di pericoli, poi passiamo ad elaborazioni mentali più complesse.

A livello più “astratto”, corrispondente all’insieme dei tre cervelli ossia a tutta la mente, è dimostrata, nel coaching ed in altre tecniche di “potenziamento” mentale, la efficacia del modello dei livelli logici di Bateson-Dilts (si veda ); senza entrare nei dettagli di tale modello, ne traiamo un postulato: le nostre capacità ed i nostri comportamenti nell’ambiente in cui ci troviamo dipendono dalle nostre convinzioni e dai nostri valori.

Mettendo insieme tutto questo traiamo alcune semplici regole:

  • Gli esseri umani diffidano “istintivamente” del diverso (chi dice che non è vero analizzi in modo oggettivo e senza pregiudizi le sue sensazioni quando in uno spazio ristretto come un vagone entra una persona chiaramente diversa da tutti gli altri).
  • Il nostro comportamento, ossia la reazione agli stimoli sensoriali che percepiamo, dipende dalla combinazione delle regole del nostro cervello rettile con quelle delle nostre convinzioni e valori.
  • Convinzioni e valori di un certo tipo, combinati con emozioni legate alla sopravvivenza come la paura e la rabbia, specialmente in momenti particolari della storia possono condurre a considerare “giusti”, anche a livello di intere nazioni, comportamenti in altre circostanze definibili come “criminali”.

Questi meccanismi possono essere (e sono stati tante volte) pilotati per motivi vari: “entro ogni uomo esiste un potenziale nazista, immergetelo in un bagno di propaganda adeguata e vedrete cosa ne vien fuori” (frase attribuita al filosofo Bertrand Russel, si veda anche ).


Historia magistra organizationis: l’interno delle società

I meccanismi della sopravvivenza individuale e dei propri cari (familiari, parenti, amici, concittadini del villaggio…) hanno influito in molti casi anche nella struttura interna di organizzazioni ed entità “statali” nel corso dei secoli.

Per analizzare questa parte è importante aggiungere ai meccanismi analizzati sopra il modello della Piramide dei Bisogni di Maslow, che li completa ponendo in gerarchia i bisogni dell’essere umano, a partire da quelli più necessari per la semplice sopravvivenza (come per esempio il cibo e che soddisfano le regole del cervello rettile), passando per la sicurezza (individuale, di salute, di proprietà…) per giungere all’appartenenza (ad un gruppo, una comunità e alle relazioni di amicizia, amore…), fortemente associate al cervello mammifero: non scordiamo tutti i paralleli che gli antropologi hanno scoperto tra le organizzazioni sociali umane e l’organizzazione sociale delle scimmie, il branco dei lupi etc.

All’interno di una struttura sociale i primi bisogni sono la sopravvivenza e la sicurezza. Seguono la possibilità di evoluzione sociale in base alle proprie capacità e in base alle pressioni contingenti individuate come preminenti.

Nel medioevo, ad esempio, la paura delle invasioni da parte di nemici avevano prodotto una società chiusa ed arroccata su se stessa, che chiedeva protezione al feudatario, accettandone in cambio il potere.

Nella rinascita dopo l’anno mille, invece, le strutture sociali cambiarono e le città ripresero la loro importanza. Nell’Italia tra il 1100 e il 1300, infatti, i Comuni – essenzialmente città-stato organizzate in modo analogo all’antica repubblica romana – si affrancarono progressivamente dal Sacro Romano Impero, in nome della libertà (ricordiamo, ad esempio, la Battaglia di Legnano).

Muraglia CineseMa ogni città agiva in primo luogo in base ai propri interessi e all’interno stesso delle città agivano fazioni in lotta fra loro.

Questo condusse prima verso le Signorie (“così ora darsi in Signoria era la moda”, Corrado Barbagallo in ), e poi alla creazione degli Stati Regionali Italiani, che consentirono comunque, principalmente nel periodo compreso fra il 1454 e il 1494 lo sviluppo dell’economia, delle arti e di tante altre cose che oggi chiamiamo Umanesimo e Rinascimento.

Cambiando scenario, in vari paesi dell’Europa, soprattutto nella Francia, le rivolte contadine come la Jacquerie – causate sia da prelievi fiscali eccessivi, sia dalle carestie e dagli effetti indiretti delle guerre – hanno influito non poco sul mantenimento del potere da parte delle classi dominanti.

E anche la rivoluzione francese, che tanto ha influenzato la storia europea, può essere vista come una versione più estesa di rivolta. Rivolte contadine sono esistite anche presso entità imperiali molto più consolidate, come la Cina, dove hanno contribuito alla caduta di imperatori.

In generale quindi cosa possiamo trarre da questi avvenimenti:

  • L’esasperazione delle persone rispetto ai bisogni elementari conduce alla reazione, anche violenta, se non esistono altri modi per cambiare la situazione.
  • Spesso le reazioni violente sono state pilotate da persone appartenenti alle classi dominanti per cambiare equilibri di potere o per conquistare il potere.
  • Il mantenimento di una organizzazione sociale nel momento in cui la maggior parte delle persone ha soddisfatto i propri bisogni più importanti è molto più facile.
  • Cambiamenti in sistemi esterni che influiscono su un sistema sociale possono creare i presupposti per un cambiamento sfavorevole ai bisogni della popolazione, a sua volta causa di reazioni violente.
  • La difesa a oltranza di organizzazioni valide in passato (“cristallizzazione della società” o “difesa del buon tempo antico”) non serve, anzi, può essere controproducente.

È utile osservare come esempio per questo gli avvenimenti della Cina degli ultimi anni: resosi conto del malcontento montante negli strati più bassi della società, aggravato ulteriormente dal rallentare della impetuosa crescita economica cinese, il presidente Xi Jinping ha adottato misure drastiche ed efficaci contro la corruzione (approfittandone nel contempo per rafforzare il potere del suo gruppo di fedelissimi entro le strutture dello stato), contro l’inquinamento e contro altre cause del malcontento.

Erede degli antichi imperatori cinesi, Xi Jinping è un ingegnere chimico, ha ampia esperienza politica e conosce bene la storia cinese. Osservando la Cina attuale e la sua organizzazione viene quasi spontaneo definirla uno stato-azienda (o un’unica azienda gigante grande come uno stato)… A questo proposito è utile citare una frase da un discorso tenuto da Mauro Moretti, allora amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, nel 2013 a Brescia.

Moretti era da poco tornato da una missione commerciale in Cina e riferì questa frase di un alto dirigente cinese in relazione ad una trattativa commerciale con gli USA: “nella nostra delegazione (cinese) noi eravamo (ingegneri,) impegnati a costruire il futuro, gli americani erano tutti (avvocati,) impegnati a difendere il passato”.


Historia magistra vitae: il caso dell’Isola di Pasqua

Sino ad ora abbiamo considerato la storia umana quasi esclusivamente dal punto di vista degli esseri umani. Ma gli esseri umani esistono entro il sistema “pianeta Terra”, composto a sua volta da tanti sistemi ed eco-sistemi collegati fra loro ed a sua volta soggetto alle influenze degli altri corpi celesti vicini come il Sole, fonte primaria delle energie che servono alla vita, la Luna (principalmente per le maree, non a caso definite “respiro degli oceani”…).

Le influenze esterne si sono manifestate più volte nella storia della Terra: una delle più importanti è l’estinzione dei dinosauri avvenuta in seguito all’impatto del grande meteorite circa 65 milioni di anni fa. Senza quell’avvenimento oggi la maggior parte delle specie animali (noi compresi) non esisterebbero e i mammiferi sarebbero ancora piccoli animali notturni simili a topi (si veda ).

E anche l’interno della Terra si manifesta con le sue influenze. Pensiamo alla disastrosa eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo che, oltre a sommergere le città romane di Ercolano e Pompei, causando la morte delle migliaia di abitanti delle stesse, ha addirittura cambiato la forma della montagna.

O, in tempi recenti, ai disastrosi terremoti che hanno sconvolto varie regioni del mondo e colpito anche pesantemente il nostro paese, con l’effetto di morti, sofferenze e gravi effetti economici…

Le pestilenze più volte in passato hanno imperversato, con effetti devastanti sulle società umane. E i fattori climatici hanno influito pesantemente sulla Storia. Solo a titolo di esempio citiamo la spaventosa eruzione del vulcano Tambora, in Indonesia, avvenuta nell’aprile 1815.

Isola di PasquaMilioni di tonnellate di polveri, accompagnate da sostanze inquinanti come gli ossidi di zolfo, furono sparate in atmosfera e, combinandosi con il vapore acqueo, causarono il formarsi di una specie di “nebbia” nella alta atmosfera. Oltre a molte migliaia di morti nelle vicinanze del vulcano, l’effetto secondario fu una grande piovosità nei mesi successivi ed un drastico abbassamento delle temperature (“anno senza estate”).

Il primo probabile effetto sulla Storia di questa eruzione è il suo contributo alla sconfitta di Napoleone a Waterloo nel giugno del 1815, dovuto al fango causato dalle piogge eccezionali di quel periodo che impedì all’esercito francese di usare al pieno potenziale la propria cavalleria.

E negli ultimi secoli l’effetto delle azioni umane sul sistema “pianeta Terra” è diventato sempre più intenso.

A tal proposito è utile prendere in esame un caso particolare: l’isola di Pasqua nell’oceano Pacifico meridionale. L’isola era disabitata fino circa all’anno 900-1000 d.C. ed era coperta di una immensa foresta di palme. Un uso smodato delle risorse e l’eccessivo aumento della popolazione in pochi secoli causarono l’inaridimento progressivo dell’isola e la sparizione degli alberi e di molte risorse alimentari. La conseguenza fu un progressivo inasprimento dei rapporti fra i gruppi sociali degli abitanti, con guerre e atti di cannibalismo. Per approfondimenti si raccomanda il documentario di Alberto Angela

Un fatto analogo avvenne con l’eccessivo sfruttamento dei piccoli boschi della Groenlandia da parte dei Vichinghi che l’avevano colonizzata intorno all’anno 1000. I Vichinghi avevano bisogno del legno e l’eccessivo sfruttamento eliminò una risorsa vitale per la società vichinga, provocando la decadenza e poi la fine delle colonie. E’ interessante tuttavia notare come la popolazione degli Inuit, che aveva adottato uno stile di vita molto più rispettoso dell’ambiente, sopravvisse anche a questo inaridimento, tanto che tutt’ora i loro discendenti abitano la Groenlandia.

Tornando ai tempi nostri – e ai ghiacci – sappiamo che l’impatto dell’azione umana sul clima viene di solito indicato come “riscaldamento globale”. In realtà questa espressione è riduttiva e incompleta, portando con se un modello eccessivamente semplificato degli effetti. Più gas a effetto serra in atmosfera significano più radiazione solare trattenuta e quindi più energia in atmosfera.

Per spiegare questo effetto è utile la metafora del sistema “pentola sul fuoco”. Se noi aumentiamo la potenza della fiamma, e quindi forniamo più calore all’acqua contenuta nella pentola, questa bolle più forte, quindi le correnti interne sono più veloci, le bolle più grandi… In sostanza il sistema è analogo ad un sistema fisico con feedback positivo in cui le oscillazioni diventano sempre più forti. Si veda come esempio di questo tipo di effetto il filmato sul disastro del ponte Tacoma.

Le fluttuazioni climatiche sono sempre esistite negli ultimi milioni di anni, di solito però si esprimevano in decenni o secoli. Ma la presenza di più energia “intrappolata” in atmosfera non fa altro che amplificarle maggiormente, sia come effetti (eventi meteo estremi), sia come scala temporale (ad esempio, anno 2014 con estate molto piovosa, anno 2015 con estate molto secca o anche periodi molto piovosi alternati a periodi molto caldi nella stessa estate…).

Continuando ad immettere gas serra in atmosfera stiamo amplificando, in modo drammatico, le oscillazioni climatiche pre-esistenti, conducendo ad un clima sempre più “caotico”.

Che informazioni di tipo generale possiamo dedurre da tutto ciò?

  • La nostra società è complessa, si basa sul continuo afflusso di risorse, che potrebbero venire meno o essere disponibili in minore quantità, con effetti sulla stabilità sociale.
  • Non siamo indipendenti dall’ambiente, nonostante tutta la nostra tecnologia.
  • Non voler vedere le cose o fare finta che non esistano è una mossa suicida; ma anche propagandare interventi “ideologici” e non sistemici è altrettanto pericoloso.
  • L’intervento deve avvenire a tutti i livelli: ad esempio, lamentarsi che “ci sono sacchi della spazzatura in giro” e poi contribuire a buttare spazzatura in giro è oltre che dannoso, ipocrita.


Historia magistra omnium rerum:
che lezione complessiva possiamo trarre?

Se applichiamo l’analisi dei sistemi in modo oggettivo alla situazione attuale possiamo concludere che nel 2100 potrebbe non esistere più alcun essere umano sul pianeta Terra. E’ una certezza? Ovviamente no, è solo un futuro possibile, che dobbiamo fare in modo di cambiare.

Stiamo, in sostanza, giocando col fuoco. O, in altri termini, facendo gli apprendisti stregoni, senza sapere quali possono essere le conseguenze delle nostre azioni e della combinazione di esse. Ricordiamo che il pianeta Terra è un grosso sistema, composto di tanti sotto-sistemi collegati fra loro, che evolvono in modo non lineare, come rappresentato validamente nella metafora dell’effetto farfalla. E gli effetti possono andare in tutte le direzioni.

Effetto FarfallaL’auto-distruzione della specie umana non è inevitabile.

Già più volte in passato ci sono stati rischi gravi per la nostra specie. Solo in tempi molto recenti si è arrivati alla possibile distruzione totale ad opera dell’uomo.

Prendiamo il periodo della guerra fredda, con l’equilibrio del terrore poggiante sulla mutua distruzione reciproca assicurata con le armi atomiche. In almeno due occasioni (a quanto noto pubblicamente) si è arrivati molto vicino alla guerra nucleare.

Prendiamo il primo caso: la crisi dei missili di Cuba, nel 1962. Il mondo fu veramente sull’orlo della guerra, quasi nel momento previsto da un film sul tema della guerra atomica del 1959, L’ultima spiaggia. Anche se molti documenti sono stati presentati, diversi film sull’episodio realizzati, ancora non vi è certezza su quanto esattamente avvenne. L’intervento di mediazione di Papa Giovanni XXIII, che contribuì in modo decisivo allo sbloccarsi della crisi, non è completamente noto. E tuttavia accadde.

Emblematico è anche il secondo caso: nel 1983 il colonnello Petrov della forza missilistica dell’URSS identificò correttamente come malfunzionamento di un sistema (più tardi fu scoperto dovuto a una condizione di illuminazione non prevista da chi aveva progettato i sensori) la segnalazione di un attacco atomico condotto dagli USA da parte di un satellite spia. Per questo il colonnello fu anche redarguito e la sua carriera compromessa.

Cosa possiamo trarre da tutto questo?

Che la nostra sopravvivenza dipende dal buon senso e dalla intelligenza, oltre che dalla conoscenza del mondo e di noi stessi, in modo sistemico. Se sapremo applicarle a livello di società umana, allora, sopravviveremo. O forse, in altri termini, qualcuno ci giudicherà degni di sopravvivere.

Giulio Destri


  • Bibliografia
  • Paul D. MacLean – Evoluzione del cervello e comportamento umano. Studi sul cervello trino – Ed. Einaudi.
  • Paolo Borzacchiello – Vendere ai 3 cervelli – Ed. Unicomunicazione.it.
  • Oren Klaff- Pitch Anything: la presentazione perfetta – Ed. ROI Edizioni.
  • Bertrand Russel – Storia della Filosofia Occidentale e dei suoi rapporti con le vicende politiche e sociali dall’antichità ad oggi – scaricabile QUI.
  • Robert Dilts – Cambia le convinzioni con la PNL. I livelli di pensiero – Ed. Unicomunicazione.it e Il manuale del Coach – Ed. Unicomunicazione.it
  • Corrado Barbagallo – Storia Universale – Ed. UTET.
  • Robert Jastrow – Il Telaio Incantato – Ed. Mondadori.

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Clessidra ID Immagine: 46736255. Diritto d’autore: Narith Thongphasuk.

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Navigazione ID Immagine: 29013324. Diritto d’autore: Eugene Sergeev.

Isola di Pasqua ID Immagine: 77822383. Diritto d’autore: Laurent Davoust.

Muraglia cinese ID Immagine: 41511176. Diritto d’autore: Sean Pavone.

Farfalla ID Immagine: 41731974. Diritto d’autore: vician.

Rappresentazione del cervello umano ID Immagine: 119628144. Diritto d’autore: designua.

Filosofo Platone ID Immagine: 81933668. Diritto d’autore: Stefanos Kyriazis.

Soldati romani ID Immagine: 31099976. Diritto d’autore: Peter Bernik.

Cartina Antica ID Immagine: 65820318. Diritto d’autore: Dmitry Rukhlenko.

Manoscritti ID Immagine: 29453970. Diritto d’autore: Alfio Scisetti.