Dalla gestione degli accessi al processo di cura: la digitalizzazione nella sanità è un tema non più rimandabile. Di Fabrizio Biotti.

Fabrizio Biotti
Fabrizio Biotti

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Flusso di accesso alle strutture sanitarie: lo stato attuale

La digitalizzazione in ambito sanitario è, si può dire, il “cuore” della mia attività professionale da molti anni. In questo settore si radica la mia esperienza e da questo patrimonio personale attingono le mie riflessioni.

Per questo motivo – quando ho iniziato a scrivere l’incipit di questo articolo, qualche mese prima che si scatenasse il virus che, molto probabilmente, cambierà radicalmente molte delle nostre abitudini (compreso il modo di curarci) – la mia attenzione si era già focalizzata sul flusso di accesso alle strutture sanitarie, visto come punto critico non certo da ora all’interno del rapporto tra utente/paziente e medico/struttura sanitaria.

Un’esperienza che, probabilmente, molti di noi hanno vissuto anche prima dell’attuale emergenza, infatti, è quella di entrare in un ufficio pubblico e avvertire un senso di oppressione e di soffocamento, dovuto alle lunghe code agli sportelli, al fatto di vedere tutte le sedie occupate in sala d’attesa e, infine, al dubbio di aver preso il ticket sbagliato e di non essersi messi in coda  allo sportello corretto.

Chi, tuttavia, fosse stato in buona salute (e dotato magari di un innato buon umore) si sarebbe armato di calma e pazienza, e avrebbe “immolato” con rassegnazione la propria mezza giornata buona per completare  la sua commissione, di qualsiasi tipo fosse stata: dalla posta, all’agenzia delle entrate etc…

E, tuttavia, tale frustrante esperienza sarebbe stata particolarmente sofferta – già prima di questa terribile pandemia – qualora  la coda, l’attesa e lo stress fossero derivati da una lunga, logorante permanenza in una sala di anticamera di uno studio medico piuttosto che di un ospedale.

La condizione di necessità derivante da una situazione di malattia (o comunque di malessere) avrebbe infatti giustamente amplificato ciascuna di queste pessime esperienze al di là della naturale propensione di ciascuno al buonumore: con la salute non si scherza!

Riflettendo su questi temi ora – sull’onda dell’esperienza che tutti stiamo vivendo in merito al Covid-19 e le sue condizioni, possiamo quindi osservare come questo tsunami stia anticipando in maniera inaspettata alcuni cambiamenti che, probabilmente, si sarebbero in ogni modo messi in moto (seppure più lentamente e in ordine sparso), ovvero la possibilità di digitalizzare il momento dell’accesso ai servizi e renderlo sempre più in modalità self service.

Vediamo insieme come.

Dal momento dell’accoglienza all’erogazione del servizio senza “mettersi in coda”

Esaminiamo con attenzione il momento dell’accoglienza, che è poi quello che possiamo definire il primo impatto e che sappiamo essere molto importante in ogni contesto, a maggior ragione in quello di cura, i cui protagonisti sono persone che affrontano un tempo difficile della propria vita.

Nello stesso tempo, non scordiamoci che gli ambulatori e gli ospedali – se da un lato sono sempre luoghi cosiddetti “caldi” (in questo periodo “caldissimi”) nei quali le persone, i pazienti e i medici si incontrano e si parlano tra loro per portare a termine un percorso di cura – dall’altro sono vere e proprie “strutture”, ciascuna nel suo ambito, in cui vengono erogati servizi che hanno non solo dei costi, ma  devono anche soddisfare determinati requisiti qualitativi.

Come rendere dunque il primo impatto con il luogo della cura – in uno scenario altamente complesso e in più letteralmente “vitale” – il più sereno e sicuro possibile? Per cercare di rispondere voglio rifarmi a un’esperienza personale che risale a più di dieci anni fa, quando organizzai un breve viaggio professionale in Svizzera con l’obiettivo di capire come avveniva l’accesso presso le strutture sanitarie di quel paese.

Notai subito che il fenomeno dell’ingresso  diretto con le relative code e affollamenti vari era pressoché sconosciuto in terra Elvetica: tutto il processo era razionalizzato da strumenti, allora ancora elementari, che permettevano al cittadino di recarsi in struttura solo previo appuntamento, sia per un visita ma anche per un semplice accesso.

Già da allora, dunque – anche se attraverso forme meno complesse di quelle che si possono mettere a sistema oggi – il tema della razionalizzazione del flusso delle persone era al centro di un modello che, oggi, è diventato cruciale in tutti gli ambiti, ma soprattutto nella sanità.

Alla luce degli attuali scenari, dunque, al primo pilastro della necessaria razionalizzazione dei flussi, occorre affiancarne un altro, quello legato al tema imperativo della digitalizzazione che consente di gestire sia l’affluenza ordinaria che straordinaria in termini strategici e operativi.

Per questi motivi, occorrerà digitalizzare in termini di accoglienza non tanto singoli segmenti, comparti e flussi (di servizi come di persone e merci) ma piuttosto l’intero processo, integrando maggiormente  la fase della richiesta del servizio con quella della prenotazione dell’accesso e della gestione del percorso del paziente all’interno della struttura.

Razionalizzazione e digitalizzazione: questi sono dunque gli ambiti verso i quali è necessario agire fin da subito con il “vantaggio” che – essendo il nostro, da questo punto di vista, un paese ancora molto “indietro” in termini di ammodernamento digitale delle varie pratiche, l’orizzonte che abbiamo davanti si presta a interventi davvero strategici e decisivi.

A tal proposito, il tema delle best practice nonché della necessaria migliore interoperabilità tra enti e strutture – con l’evidente necessità di mettere in rete le competenze e le risorse – potranno risultare come temi decisivi nel gestire in maniera ottimale la presa in carico del paziente fin dal momento in cui entra in contatto con la struttura, indipendentemente dal motivo per cui ne ha la necessità e a maggior ragione se si tratta di un “corridoio” di accesso che sia sicuro anche dal punto di vista epidemiologico.

Buone Pratiche da seguire e implementare…

Per chiudere, vorrei fare una breve riflessione sui dati che abbiamo a disposizione.

In questi anni infatti – come da molto tempo certifica l’Osservatorio sulla sanità del Politecnico di Milano –  alcune cose sono state fatte, ma moltissimi interventi sono ancora da approntare o portare a compimento e, per questo, è buona norma sempre riferirsi alle migliori pratiche.

Buoni esempi analizzati nell’ultimo convegno dell’anno scorso, ad esempio, sono quelli riguardanti l’Azienda sanitaria locale di Piacenza relativa alla gestione del percorso del paziente all’interno della struttura, ma anche quello in ambito privato relativo al Centro Medico Sant’Agostino che vede il paziente come “utente digitale” protagonista, nell’offrirgli un accesso alle prestazioni sanitarie completamente digitalizzato e quindi smart.

Un altro interessante esempio è quello della gestione operata dal San Gerardo di Monza sui pazienti dimessi Covid-19, grazie a un’attività di gestione dei flussi che permette di gestire i tamponi di controllo in totale sicurezza.

Questi sono solo alcuni esempi di buone pratiche che dovranno essere necessariamente portate a fattor comune se vogliamo veramente recuperare il gap esistente con altri paesi più avanti del nostro su queste tematiche.

La tecnologia in tutti i casi citati è diventata il fattore abilitante per una corretta gestione e razionalizzazione dell’accoglienza integrata ai differenti processi aziendali e non come un qualcosa di astratto e non sufficientemente integrato con gli altri attori dell’ecosistema sanitario.

Vi do quindi appuntamento al prossimo articolo, confidando di essere tutti quanti, per allora, in uno scenario meno impegnativo per le nostre comunità, per lo meno dal punto di vista sanitario.


CREDITS IMMAGINI

Immagine di copertina rielaborata
ID Immagine: 80150334, di Pop Nukoonrat
ID Immagine: 67985962, di Ravil Sayfullin