Erogazione di servizi sanitari e innovazione: dalla parte del Paziente. Di Mauro Di Maulo.

Mauro Di Maulo
Mauro Di Maulo

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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I vantaggi del modello “Patient Journey”.

Nei primi due articoli di questa rubrica abbiamo parlato di dati e informazioni in ambito sanitario.

Vorrei ora passare a un altro tassello di questa relazione cruciale tra il “paziente” e l’Ente erogatore di servizi clinici: il rapporto umano “mediato” dall’uso – rispettoso, appropriato e pertinente – dei vari dispositivi, all’interno di quello che viene comunemente chiamato rapporto uomo-macchina.

Nel caso di servizi clinici, sanitari e medici, infatti, l’attenzione da mettere nella relazione è massima: questi dispositivi divengono un vero e proprio luogo di incontro tra gli aspetti più innovativi della medicina (e della cura) e il nostro corpo, assunto non solo nei suoi aspetti fisici e concreti, ma anche percettivi, relazionali e psicologici.

Quel che mi preme dunque sottolineare è di conseguenza il necessario focus sulla persona che – attraverso l’utilizzo di adeguati dispositivi capaci di seguire in maniera competente e pertinente i cosiddetti modelli “Patient Journey” – può accedere a molteplici vantaggi di tipo innanzitutto comunicativo, tra cui:

  • il soddisfacimento dei suoi bisogni di “paziente” nel minor tempo possibile;
  • il miglioramento della qualità delle interazioni con l’Ente e i vari operatori;
  • l’individuazione mirata e precipua dei suoi bisogni e delle problematiche che dovesse incontrare nell’interazione;
  • la rappresentazione – anche visiva, e dunque più immediatamente comprensibile – dei possibili percorsi per tipologia di servizio;
  • l’utilizzo, in itinere, di punti di contatto “Touch Point”, che possono essere sia digitali che in presenza di operatori, e che consentono una migliore interazione con l’organizzazione sanitaria;
  • l’incremento – attraverso il supporto delle migliori tecnologie – della modalità self-service là dove l’interazione diretta con l’Ente sia non necessaria, ma anzi sia ridondante.

 


L’accoglienza messa a “sistema”: non un’utopia, ma una concreta possibilità

Questi diversi punti di contatto rappresentano in sintesi le varie fasi di un processo di accoglienza nella struttura che coinvolge in maniera sistematica tutti gli attori dell’organizzazione sanitaria, dagli operatori del banco informazioni a quelli di sportello e amministrativi, dal capo sala al Medico e così via, senza tuttavia “interferire” in nessuno degli aspetti di clinica e cura vera e propria.

E tuttavia, una messa a sistema efficiente del sistema di accoglienza e presa in carico del paziente, si riverbera non solo in una maggiore efficacia ed efficienza degli aspetti collegati alla Direzione Generale dell’Ente, ma anche in un risparmio di istanze burocratiche che finiscono per riguardare anche gli operatori sanitari e i Medici, risparmiando loro tempo da iterazioni inutili così da liberarlo in favore di quello dedicato al paziente e alla sua cura.

Queste considerazioni – riferite in particolar modo al nostro paese – in cui possiamo vantare posizione assolutamente d’eccellenza rispetto alla qualità delle pratiche di diagnosi e cura medica – sono invece cruciali per quanto riguarda gli iter burocratici di accesso alle stesse.

È infatti purtroppo innegabile che siamo ancora indietro rispetto agli standard più elevati non solo negli aspetti della riorganizzazione dei percorsi di accoglienza, ma anche in tutti gli investimenti fatti da questo settore nell’ICT (Information and Communications Technology).

Detto questo, è evidente che, da solo, un investimento maggiore in questo ambito non sarebbe decisivo: la relazione tra Ente e Paziente per un ottimale accesso ai servizi sanitari è indubitabilmente assai più complesso.

Per questo, occorre contestualmente progettare e mettere in campo nuovi modelli organizzativi, proprio a partire da un utilizzo ottimale dei dati informativi disponibili, da una riorganizzazione della logistica che tenga conto ad esempio della quantità di accessi e così via.

Il fine ultimo è quello di utilizzare le tecnologie digitali di ultima generazione come avviene del resto in altri settori quali il retail, la grande distribuzione, i trasporti etc, come abbiamo visto insieme nei precedenti articoli.

Un’ultima annotazione: anche ripensare agli spazi e ai percorsi “fisici” di accesso alla cura può rivelarsi, da qui in avanti, una strategia vincente.

Gli arredi, gli itinerari, l’illuminazione stessa degli spazi e il loro allestimento hanno un impatto innanzitutto percettivo (ma anche comunicativo) che non va assolutamente sottovalutato.

Gli stessi spazi fisici all’interno delle strutture sanitarie, infatti, tenderanno nel tempo a modificarsi. Pensiamo ad esempio ad alcune attrezzature che utilizzano le nanotecnologie e a come queste stanno sempre più riducendo gli ingombri delle sale che le ospitano, e a come la robotica entrerà in maniera massiccia anche nelle realtà ospedaliere…

La nostra nuova sfida – in qualità di architetti digitali della sanità – è dunque proprio questa, esattamente come accade nella progettazione e nella realizzazione di un nuovo quartiere o un nuovo complesso abitativo: utilizzare i dati raccolti e, grazie a modelli di simulazione e predizione dei vari scenari possibili, ideare nuovi design, immaginare nuovi servizi e innovare la sanità modellandola sempre più a misura d’Uomo, sia esso un Paziente che un Operatore o anche un Medico.

Per saperne di più sul modello “Patient Journey”

Artexe


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