EduOpen: l’Open Learning Network tutto italiano.

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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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A volte un contrattempo o un ritardo aprono possibilità insperate, e il tempo di una vacanza si trasforma in un’impresa tanto complessa e ambiziosa quanto vitale ed entusiasmante.
E’ quanto avvenuto alla fine del 2014, tra Reggio Emilia e il Salento, passando per Bari, Parma, Genova e poi Modena, Foggia, Ferrara e il Piemonte.
Di cosa si tratta? Di EduOpen, un grande balzo in avanti nel settore della formazione avanzata a distanza che in un sol colpo colma anni di ritardo, mettendo finalmente l’Italia in pari con gli altri pesi europei.
Ma facciamo un passo indietro, alle sorgenti di questa storia esemplare, dal sound tipicamente italiano, in cui la creatività e l’ingegno sono capaci di sorgere – e risorgere – nei modi e nei tempi più imprevedibili.

Sono i giorni di Natale 2014, e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca proroga al 28 dicembre il bando annuale per il finanziamento di progetti innovativi, anziché rispettare la tradizionale scadenza di ottobre.
Alcuni professori universitari degli Atenei di Ferrara, Foggia, Genova, Modena e Reggio Emilia, Parma, del Piemonte Orientale e del Salento, del Politecnico e dell’Aldo Moro di Bari, decidono – a Università chiuse, e alcuni di loro già in vacanza in varie parti dell’Italia – decidono tra Natale e Santo Stefano di approfittare di questa dilazione per presentare in “volata” un progetto che sta loro a cuore da tempo: una piattaforma italiana federata per l’erogazione di corsi in modalità OpenLearning, sul modello dei MOOCs.
Nei pochi giorni a disposizione, e chiaramente a distanza, chi al telefono, chi alla scrivania e chi al pc, il progetto si materializza in tutta la sua semplice complessità.
Più difficile è raccogliere le firme di tutti, indispensabili per la validità della richiesta.
Il tempo stringe, i giorni passano, ma il patto è siglato, e il progetto – che già era ben impresso nelle loro menti da tempo – è nero su bianco, con tanto di firme e controfirme.
Per la prima volta in Italia nove Atenei si raccolgono attorno un progetto comune, partecipano al bando e…
Vincono, è chiaro. Tutti noi, anche adesso, nel leggere la loro impresa dietro le quinte, ce lo aspettavamo. Ma il risultato non era per niente scontato.
La competizione era agguerrita, la burocrazia temibile come sempre, l’imprevisto dietro a ogni angolo. Vincono. Anche se il fondo economico ottenuto – a differenza di quanto richiesto dal gruppo di Atenei – è risicato: 100.000 euro una tantum, che bastano giusto per le spese.
Ma i nove Cavalieri e Cavaliere della formazione digitale non si fanno certamente fermare sul più bello. Anzi, sono già partiti, lancia in resta.
In aprile, a Modena e alla presenza dei Rettori degli atenei coinvolti o dei loro delegati, i nostri Eroi hanno proceduto alla sigla del protocollo d’intesa triennale, ufficializzando così il progetto. Tra questi, ne abbiamo intercettato uno al volo e lo abbiamo intervistato, rigorosamente via Skype.
E’ il professor Tommaso Minerva (un nome, un destino, vista l’etimologia del suo cognome), Professore Ordinario e Direttore del Centro e-Learning di Ateneo presso l’Università di Modena e Reggio Emilia nonché Presidente della Società italiana di e-Learning (Sle – L).
Ha risposto alle nostre domande, e il suo racconto ci ha emozionato. E la parte più bella di questa storia, proprio perché concreta e reale, è il resoconto di cosa propone e cosa proporrà EduOpen, come ci ha spiegato punto per punto nell’intervista che segue.


La prima domanda, professor Minerva: cosa sono i MOOCs?

Sono dei corsi brevi offerti in modalità telematica, inscritti nella tradizione più ampia delle cosiddette OER (Open Educational Resources). Consentono di seguire percorsi formativi di alta qualità a distanza e di acquisire, se richiesto, attestati di frequenza o crediti formativi universitari.
Dal punto di vista economico, se la necessità dell’utente è solo quella di frequenza e apprendimento, non dovrà sostenere alcun costo. Se invece gli occorrerà una certificazione di acquisizione di questa competenza, magari per motivi professionali, dopo aver sostenuto l’esame potrà chiederne l’attestazione, dietro il versamento di poche decine di euro per le spese di segreteria.
Se infine tale studio sarà finalizzato al conseguimento di una vera e propria laurea, allora ogni esame sostenuto prevederà un costo di “ufficializzazione”, che comunque non supererà le poche centinaia di euro ciascuno.

Esisteva già qualcosa di simile in Italia, prima del vostro progetto?

Diversi atenei italiani in questi anni si sono già cimentati nella realizzazione di corsi aperti completamente gratuiti o che prevedono il pagamento di piccole somme finalizzate unicamente alla certificazione finale degli apprendimenti.
Non esisteva tuttavia ancora una piattaforma che aggregasse diverse università, né si è mai dato vita a un modello di progettazione ed erogazione strutturato, organizzato e condiviso.

Ci sono altri esempi di network simili in Europa?

Sì, in moltissimi dei Paesi europei, tra cui la Francia, la Spagna, l’Inghilterra, la Germania. Nati da istanze molto differenti a seconda della nazione interessata, a volte a seguito di un incentivo statale altre volte in base a richieste “dal basso”, i MOOCs sono attivi in Europa (e oltreoceano) già da tempo, ed hanno ampiamente dimostrato la propria efficacia, realizzando modelli di fatto a cui attingere e da seguire anche nella nostra “impresa”.

In base a quali requisiti o sentiment comuni si sono riuniti i nove Atenei interessati dal progetto di OpenLearning?

Come ho già raccontato il progetto è nato quasi per caso, e si è potuto concretizzare a partire da due fattori principali.
Innanzitutto la conoscenza personale tra i vari referenti di Ateneo, che ci ha consentito una partenza informale e veloce basata sull’entusiasmo di condividere una idea comune. In secondo luogo le caratteristiche strutturali dei nove atenei coinvolti. Si tratta di realtà di piccole-medie dimensioni in cui esistono legami e pratiche di reciprocità e collaborazione interne ampiamente condivise, che ci hanno consentito una maggiore flessibilità di azione e un minore impatto della cosiddetta burocrazia procedurale. Come ogni progetto innovativo, anche il nostro è partito dunque da singoli individui che si sono messi insieme per perseguire un destino comune.

Si può dire che in questo modo si infrangono molti degli stereotipi legati al tema dello studio, della ricerca e della formazione?

Sicuramente. Gli stereotipi che in questo progetto saltano sono molteplici, e la portata innovativa del progetto, nel panorama italiano, è notevole a mio parere.
Il modello del progetto si basa innanzitutto su una possibilità di personalizzazione del proprio percorso di studi o comunque formativo: ciascun ateneo infatti si specializzerà in un proprio ambito di “eccellenza”, e lo studente potrà scegliere in piena autonomia quali corsi frequentare.
Credito dopo credito, esame dopo esame, alla fine del percorso di studi lo studente potrà scegliere la disciplina più attinente al proprio ciclo di studi e, dopo aver concordato eventuali esami integrativi con l’ateneo prescelto per la propria laurea, potrà formalizzarla secondo il regolamento previsto normalmente.
È evidente che in questo modo rendiamo fruibile, da qualunque postazione fisica, l’accesso a conoscenze di cui chiunque può disporre on demand, sulla base dei propri interessi o necessità, anche personali.

Si tratta in effetti di una vera e propria rivoluzione, soprattutto per gli standard italiani! Quali sono quindi i prossimi step previsti del progetto?

Come si può vedere dal nostro sito abbiamo tracciato una serie di tappe ben precise.
Entro fine anno partiamo ufficialmente con l’erogazione dei corsi: ogni ateneo si è impegnato per allora a produrre in questa modalità 9 crediti formativi, suddivisi in più corsi. La finalità è quella di creare nel tempo altrettanti percorsi di studi, specializzando ciascun Ateneo in un proprio settore di eccellenza.
Siamo già tutti all’opera a pieno regime, e senz’altro speriamo di raggiungere il traguardo nei tempi previsti. Sempre sul sito, chi vorrà, potrà iscriversi per avere gli aggiornamenti in diretta sia sul nostro percorso che sui corsi di mano in mano attivati.

E’ molto chiaro il range di vantaggi per lo studente di una modalità di formazione di questo tipo. Ma qual è il valore aggiunto per un docente e, su più larga scala, per un ateneo che vi partecipa?

Intanto posso dire che, a livello personale, il primo valore aggiunto che mi viene in mente è semplice: mi piace il mio lavoro, e mi diverto tantissimo nel farlo. Lo stesso vale per i miei compagni di avventura. Innegabilmente, poi, è una questione di “orizzonte” che si allarga, con tutte le smisurate – ma misurabili – possibilità che una rete di questo tipo può dispiegare. Infine stiamo parlando di un tema che mi sta molto a cuore: la ricerca e l’innovazione.
Unendo le forze e ottimizzando procedure e pratiche, le risorse investite si possono mettere a regime, consentendoci così di investire di più ma soprattutto meglio nella ricerca, avanzando passo dopo passo, o almeno provando a farlo.
La nostra speranza, in questo caso, è che il progetto abbia una sua forza e valore tali da riuscire ad avanzare presto sulle proprie gambe, grazie ai tanti bisogni che può andare a coprire. Pensiamo ad esempio alla questione dell’aggiornamento permanente, che riguarda ormai ciascuno di noi. O anche agli interessi personali, che possono riguardare materie altrimenti inaccessibili dal punto di vista logistico o contingente. O ancora alle necessità cui ci vincola la vita quotidiana… Basti pensare al settore della salute. Che valore si può dare alla possibilità di documentarsi direttamente e con basi scientifiche solide, da un esperto di una determinata patologia, su quali sono le due caratteristiche, gli approcci diagnostici e terapeutici? Certamente non per curarsi da soli (è sempre necessario affidarsi a un esperto qualificato!), ma per essere consapevoli e informati, questo sì. In ognuno di questi esempi, gratuitamente e da casa propria, si potrà dunque attingere a un sapere altamente qualificato in un rapporto quasi di uno a uno, cosa un tempo inimmaginabile. Ecco: essere attore di questo processo penso non abbia prezzo.

Siamo pienamente d’accordo! E a proposito di attori e spettatori: come possiamo noi, dall’esterno di questo processo, renderci utili al progetto?

Uscendo dal ruolo di semplici osservatori e facendone parte concretamente.
Attraverso la semplice divulgazione o la partecipazione indiretta. O anche soltanto facendo il tifo per noi. Perché la forza di questo progetto è rappresentato dal suo nome: EduOpen. Ovvero apertura ed educazione. Reciproca, continua e auto-generativa.

Grazie professor Minerva. Senz’altro parteciperemo attivamente a questa avventura appena iniziata che mostra fin da ora tutto il suo potenziale innovativo.


Eccoci qui, allora, alla fine dell’intervista. Da parte nostra, vi terremo costantemente aggiornati sugli sviluppi di questa impresa memorabile, che nel frattempo ha proseguito il suo corso. Ai primi di giugno, infatti, anche l’Università degli Studi di Milano Bicocca ha aderito al Network del Progetto EduOpen, e, sempre a metà del mese, si è tenuto a Reggio Emilia un incontro tecnico molto importante tra gli Instructional Designer, CINECA e Consorzio GARR, per definire le linee guida di progettazione e creazione dei corsi e dei percorsi formativi. In qualità di osservatori interessati c’erano anche gli atenei di Venezia Ca’ Foscari, di Urbino, di Trieste e del Politecnica delle Marche.
La “rete” sta insomma crescendo, e diventa giorno dopo giorno sempre più attiva.

Perché la “gratuità” – ben lontana dall’essere buonista o semplicemente volontaristica – ha un’ambizione altrettanto utile e pressoché sterminata: guardare al futuro anziché al presente, nell’idea di una reciprocità capace di passare ogni confine.
Così che quanto seminato oggi si possa raccogliere non solo domani, ma dopodomani, e dopo dopodomani. Qui e altrove. Esiste forse ambizione più grande della universalità? A presto dunque, su questi schermi. Anzi, sui vostri!

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www.eduopen.it