La saggezza dei Padri: l’economia circolare prima che si chiamasse così. Di Maria Bonifacio.

Maria Bonifacio
Maria Bonifacio

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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L’Elogio della Legge non poteva trovare un epilogo diverso: l’Economia Circolare, intesa non come una rivoluzione culturale, figlia della società moderna, bensì come una necessità che affonda le sue radici nella saggezza dei nostri padri.

Giambattista Vico, corsi e ricorsi…

Giambattista Vico, noto filosofo napoletano vissuto a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo, elaborò una teoria sulla storia umana assai singolare.
Secondo il pensiero vichiano, la storia era caratterizzata dal continuo e incessante ripetersi di tre cicli distinti:

l’età primitiva e divina,

l’età poetica ed eroica,

l’età civile e veramente umana.

Il continuo ripetersi di questi cicli non avveniva per caso, ma era predeterminato e regolamentato dalla provvidenza. Filosofia di pensiero nota come teoria dei corsi e dei ricorsi storici.

In altre parole e per non essere troppo ermetici, Vico sosteneva che alcuni accadimenti si ripetevano con le medesime modalità, anche a distanza di tanto tempo, non per puro caso, ma in base ad un preciso disegno della divina provvidenza.

La storia si ripete e un ciclo si conclude.

Nel corso della storia abbiamo assistito a situazioni che ci hanno ricordato precedenti periodi storici, seppur in forme diverse, che ci evidenziavano come un ciclo si stesse per concludere facendo largo al nuovo.

Attualmente stiamo vivendo un periodo che ha letteralmente “tirato troppo la corda”: la mancanza di ciò che è da considerarsi basilare per il semplice vivere dell’essere umano, la carenza e il calpestio dei valori fondanti, quali il rispetto dell’altro, il bisogno del non percepire più il vivere come un sopravvivere, i diritti umani, la libertà d’espressione, la ricerca della verità, la tutela dell’ambiente.

Credo che se volessimo attingere alla nominata teoria vichiana, il ciclo che si sta concludendo è quello dell’età poetica ed eroica. Mentre, il terzo stadio, quello Umano, era considerato da Giambattista Vico il più evoluto, ovvero quello in cui la società sarebbe stata dominata dalla ragione con conseguente uguaglianza tra gli uomini.

Ebbene, dando uno sguardo alle informazioni che viaggiano in rete e alla velocità ivi presente, siamo indotti a sperare che uno di questi giorni si possa improvvisamente assistere all’evoluzione vera e propria.

E l’economia Circolare?

E da questa premessa passerei a parlare dell’economia circolare che rappresenta, in questo dato momento storico, uno dei principali motori di spinta in ambito economico e di approvvigionamento, nonché di business legato alla green economy. Evocando sempre Vico e andando indietro nel tempo, o meglio di una o due generazioni, la società era basata sul concetto del “non si butta niente, ma si recupera”. I nostri nonni in povertà recuperavano il cibo, il vestiario, le relazioni umane e le bici rotte. Nei fatti sono stati i precursori della teoria dell’Economia Circolare. Dovremmo, dunque, ritornare ai principi di quel tempo in una visione moderna e articolata, tipica delle grandi conquiste fatte da allora ad oggi.

Volendo soffermarsi nello specifico sul problema dei rifiuti in Italia è pacifico che esso richieda un indirizzo legislativo, che vadano, altresì, divulgate e condivise le buone pratiche mediante lo strumento della comunicazione, nonché le soluzioni innovative per la loro gestione e tutto questo, chiaramente, presuppone una revisione organica della normativa.

A tal proposito, gli orientamenti politici della Commissione Europea fanno dell’economia circolare uno dei punti cardini dell’agenda politica UE. Difatti, il 2 dicembre 2015 è stato pubblicato un pacchetto ad hoc – a cui per brevità si fa espresso rinvio – che promuove proprio tale transizione e indica alcune azioni che premono sulla realizzazione di progetti innovativi di riutilizzo e valorizzazione delle risorse. Per dare un’idea, in sintesi, il primo vicepresidente Frans Timmermans, responsabile per lo sviluppo sostenibile ha dichiarato:

“La creazione di un’economia circolare in Europa costituisce una priorità fondamentale per questa Commissione. Oltre ai progressi già messi a segno stiamo elaborando nuove iniziative per il 2017. Siamo in procinto di chiudere il cerchio di progettazione, produzione, consumo e gestione dei rifiuti per creare un’Europa verde, circolare e competitiva“.

Qualche flash.

Secondo la Commissione Europea,

una buona gestione dei rifiuti, la progettazione ecocompatibile e il riutilizzo, possono portare risparmi netti per le imprese europee pari a 600 miliardi di euro, ossia l’8% del fatturato annuo, riducendo l’emissione di gas a effetto serra del 2-4%. I settori del riutilizzo e della rigenerazione sono considerati una fonte di risparmio: se il 95% dei telefoni cellulari fosse raccolto si potrebbero generare risparmi sui costi dei materiali di fabbricazione pari a oltre 1 miliardo di euro”.

La Commissione ha stabilito di fissare tali obiettivi comuni:

riciclare il 65% dei rifiuti urbani entro il 2030,

riciclare il 75% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030,

fissare un vincolo di collocamento in discarica per ridurre tale pratica al massimo al 10% di tutti i rifiuti entro il 2030.

Sull’efficacia dell’economia circolare sono, inoltre, sbocciate iniziative volte a diffondere e indirizzare, come la Ellen MacArthur Foundation, la WRAP, il Circular Europe Network.

Premesso che in Italia il problema rifiuti è davvero un serio problema, orientarsi verso un modello di economia circolare presuppone il superamento di due ostacoli:

  1. Il primo è l’essere legati alla vecchia economia lineare, che ha portato al problema smaltimento, il cui risultato è che i rifiuti urbani spesso sono gestiti e smaltiti da discariche – con tutte le relative conseguenze negative – e che soprattutto nel sud, ma anche al centro, scarseggiano ancora gli impianti per trattare e avviare a riciclo i rifiuti.
  2. Il secondo blocco è rappresentato dai costi: la Gran Bretagna ha stimato che la creazione di un sistema efficiente per il riutilizzo e il riciclo delle risorse verrebbe a costare nel proprio territorio circa 14 miliardi di euro. Per citare un esempio.

A ciò aggiungasi lo stop delle politiche governative che stentano a muoversi nella direzione dell’economia circolare in modo deciso così che la valorizzazione del rifiuto non è efficacemente supportata.

Al contrario le imprese leader hanno recepito le ricadute che l’economia circolare potrà avere sulla loro competitività e a livello locale spesso si registra la volontà di muoversi su questa strada, con la raccolta differenziata, le isole ecologiche, i consorzi pubblici e privati, le aziende virtuose, nonché gli ecodistretti.

In tal senso bisognerebbe fornire alle autorità locali un indirizzo normativo, facilitare la condivisione delle buone pratiche e delle soluzioni innovative per sviluppare sistemi sostenibili di gestione dei rifiuti e riduzione degli sprechi. D’altra parte esiste un’altra necessità non trascurabile ossia la revisione organica delle norme, con principi diversi, per superare i limiti dei rischi amministrativi legati al riciclo e avviare la tutela di chi decide di iniziare attività di riciclo: recuperare ad esempio le bottiglie di vetro è un valido progetto, ma per l’imprenditore non è davvero così semplice il recupero e riutilizzo poiché va incontro a responsabilità di natura sanitaria, burocratica e quant’altro.

Aiutare gli imprenditori interessati a superare tali criticità convertendole in opportunità è uno degli elementi su cui la Pubblica Amministrazione centrale e locale può giocare un importante ruolo costruttivo.

E’ intuitivo che si tratti di un dovere etico e sociale. L’economia circolare, come detto, rappresenta uno dei principale motori di business legato alla green economy, e non possiamo più pensare di farne a meno.

Tale sviluppo potrebbe senz’altro individuare l’approdo nel terzo ciclo di Vico, quello Umano dominato dalla ragione.