Un tesoro di cultura: BigData e Iot al servizio del Bel Paese.

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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Che la Cultura – quella con la “c” maiuscola, ma non necessariamente solo quella – si possa trasformare sotto mani e “cervelli” sapienti in un’impareggiabile risorsa economica è risaputo.
A maggior ragione in un paese come l’Italia, che annovera una densità di valore culturale equiparabile a un vero e proprio giacimento di beni ancora non valorizzato a sufficienza, soprattutto dal punto di vista economico.

Iniziamo dunque a sgomberare il campo dalle possibili obiezioni e dire che sì, quello riversato nella Cultura è spesso un investimento ben riuscito anche in termini economici. Pensiamo ad esempio alla creazione di un’opera d’arte, di un monumento o di una pinacoteca…
Quale altro settore d’investimento – messo in campo centinaia, quando non migliaia, di anni prima – è capace di attualizzare un ritorno economico altrettanto durevole, continuativo e ricco di indotto, senza tra l’altro gli effetti collaterali, anche gravi, tipici delle attività speculative o intensive?
Ed è proprio nel rapporto tra l’opera d’arte e il suo possibile pubblico che si gioca la partita. Sono infatti molte le esperienze, a volte anche italiane, che dimostrano come il legame tra Cultura e Business possa farsi stretto e proficuo, in una reciproca valorizzazione.
Soprattutto quando si fanno dialogare in maniera continua, organizzata e strutturata il patrimonio culturale e i “numeri” propri delle tecnologie più attuali e dirompenti: Big Data e IoT.

Tutto ciò premesso, entriamo nel vivo di quello che possiamo definire come un vero e proprio percorso di valorizzazione di un bene culturale – e dunque della sua messa a frutto – che si snoda attraverso tre fasi ideali e imprescindibili per un’offerta culturale di qualità.
Fasi che, declinate con le odierne tecnologie, concorrono in maniera sostanziale a decretarne o meno il successo, altraverso la:

– PROGETTAZIONE
La sua finalità consiste nella messa a punto di una strategia idonea ad attirare un pubblico pertinente, a partire da un’adeguata analisi di mercato. Ha dunque una componente che possiamo chiamare predittiva, in virtù del valore anticipatorio dei dati raccolti: la loro elaborazione in informazioni strutturate permette – oggi – di conoscere le esigenze e i comportamenti dell’utenza, di focalizzare gli ostacoli del contesto e quindi di ottimizzare i servizi.

– ESPERIENZA E CONDIVISIONE
La fruizione dell’esperienza culturale ha al centro l’utente, che vive le opere d’arte, non solo in modo sempre più “ipertestuale” attraverso le nuove tecnologie e i nuovi dispositvi, ma anche può immergervisi dal suo punto di vista. Ora infatti esperienza e condivisione sono un tutt’uno e se in passato l’esperienza poteva solo in parte riverberarsi in promozione, ora potenzialmente questa immersione nei Social Media e nella Rete può trasformare gli utenti in community, e l’esperienza dei singoli in un valore aggiunto impareggiabile per la notorietà di un istituto culturale.

– MISURAZIONE
Ai tradizionali sistemi di valutazione della riuscita di un progetto culturale, come ad esempio i dati di affluenza, le recensioni effettuate, il livello di fidelizzazione verso l’ente organizzatore dell’evento, oggi si affiancano nuove metriche rese possibili dall’analisi dei dati sia di fruizione che di condivisione che passano per la Rete e i Social Media. E dalla misurazione arrivano nuovi dati che – in un circolo virtuoso – vanno a plasmare sia la progettazione che l’esperienza.

Andiamo ora ad alcuni esempi concreti, a partire dagli aspetti progettuali. Già nel 2014 il MIBAC istituì in proposito il Laboratorio del Turismo Digitale con il compito di fissare un piano dello sviluppo digitale del settore, di cui fu coordinatore Euro Beinat, Professore di Geoinformatics e Data Science all’Università di Salisburgo. Il lavoro di studiosi come Beinat – come si può leggere in questo articolo – riguarda proprio lo studio dei Big Data dei social media e del traffico di carte di credito e conversazioni telefoniche ad esempio, per capire esigenze, comportamenti (anche economici) e percorso dei turisti, nonché concentrazioni dei flussi nelle varie zone, dati da cui partire per strutturare un’offerta adeguata.

Veniamo ora all’esperienza e alla condivisione. Dispositivi collegati alla Rete, realtà virtuale e aumentata, tecnologia 3D, wearables possono estendere la fruizione di una visita museale, come è il caso – per fare un solo esempio italiano – degli ArtGlass adottati dal Museo Civico di San Gemignano che permettono una visita tridimensionale e ricca di particolari di tre cicli di affreschi medievali.
Ma la fruizione può essere anche solo virtuale, come per il progetto Google World Wonders che permette a ciascuno di conoscere posti lontani, preparandosi magari a un viaggio “vero”. E anche la distanza nel tempo non è più un ostacolo e immensi patrimoni archivistici potrebbero essere resi fruibili a tutti, sull’esempio del “Facebook” della Venezia del Cinquecento ricostruita attraverso i Big Data ricavati dalla digitalizzazione evoluta dei documenti dell’Archivio di Stato.

Se l’esperienza è condivisione, come abbiamo detto dalla condivisione arriva engagement, notorietà e promozione per gli istituti culturali capaci di servirsi della Rete e dei Social Media in maniera efficace e insieme costruttiva. La Tate Gallery ad esempio, con il progetto 1840s-GIF-Party ha invitato gli utenti di Tumblr a creare gif animate con le opere più celebri, creando così partecipazione e avvicinando il pubblico alla fruizione dell’arte, seppur qualche dubbio sull’effettiva creazione di valore dell’operazione possa essere sollevato, come si legge in questo articolo.

Arriviamo infine alla misurazione, sia in termini di quantità di dati di engagement che di qualità del sentiment sviluppato dagli utenti nei confronti di un determinato progetto o settore culturale. Museum Analytics, ad esempio, è una piattaforma online che raccoglie i dati dei contenuti più performanti sui Social di 3000 musei.
E anche qui in Italia si fa sentire l’esigenza di valutare le performance dei Musei messa in campo da parte del Ministero analizzando il sentiment sui social, argomento che abbiamo già affrontato in questo nostro articolo su 6memes.
I dati dei Musei possono poi divenire open e costituire un patrimonio condiviso: la Fondazione Torino Musei ad esempio, prima in Italia, “rende accessibili e utilizzabili: l’elenco delle opere con le immagini, le informazioni su restauri, i prestiti, l’affluenza del pubblico e le metriche web e social” con l’obiettivo dichiarato di realizzare “trasparenza e creazione di valore”.

Possiamo ora concludere questo viaggio immaginario nella realizzazione di un “ideale” progetto culturale – in grado di generare a sua volta valore – sottolineando che, dei tre punti sopra descritti, la misurazione è probabilmente il più “sensibile”.
Se infatti è indubitabile che la riuscita di un servizio culturale sia misurabile anche coi numeri (l’affluenza di visitatori in un museo, gli incassi di un film prodotto con fondi pubblici, il consenso dei Social Media per un’iniziativa), certo non va dimenticato che vi sono successi ben più impalpabili e valori in sé incommensurabili. Quanto vale ad esempio la partecipazione di una scolaresca alla rappresentazione di un’opera lirica? Quanto la possibilità di una comunità di accedere a una biblioteca pubblica? Quanto l’opportunità per ogni cittadino di avere accesso alla Rete e al patrimonio di informazioni e saperi che custodisce?
A ciascuno di noi la risposta, magari dopo la visita al più vicino Museo. Ricordando che amministrare un patrimonio culturale significa sempre e comunque proteggere e investire, custodire e innovare.

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