Salute, Uomo e Macchina in ambito sanitario: verso il modello Connected Care. Di Mauro Di Maulo.

Mauro Di Maulo
Mauro Di Maulo

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Dopo aver parlato nello scorso articolo di Intelligenza Artificiale in ambito sanitario, e di come le nuove tecnologie potranno aiutarci anche in questo momento così critico, vorrei iniziare questo secondo contributo cercando di contraddire un luogo comune particolarmente radicato sui presunti costi dell’innovazione in generale, e in particolare nella Sanità, costi che, solitamente, vengono prefigurati come molto elevati.

Quello infatti che voglio subito anticipare è che l’uso a ragion veduta dei vari processi digitali e innovativi in questo settore non solo non porta a un eccessivo dispendio di risorse, ma può addirittura generare un risparmio di risorse, in primo luogo economiche.

Non solo: questo risparmio avviene in favore di una serie di costi che possiamo definire, se non come veri e propri sprechi, senz’altro come un impiego di risorse sovradimensionate rispetto a quanto potrebbe essere, anche perché non portano, nei fatti, nessun beneficio per nessuno, tanto meno per noi cittadini-pazienti-consumatori.

Mi riferisco, ad esempio, a tutti gli adempimenti burocratici legati alle prenotazioni dei servizi sanitari, pratiche interminabili di cui ciascuno ha contezza nella sua vita di tutti i giorni, che sono di solito espletate in una serie di passaggi ridondanti che portano via tempo e denaro a tutti i soggetti interessati.

Senza contare le inutili code nelle sale di attesa che non solo costituiscono oggi addirittura un pericolo per la salute di tutti, vista l’emergenza Covid-19 in corso, ma che in ogni modo rappresentano un evidente spreco di energie da parte di tutti, operatori compresi, che si trovano loro malgrado a dover rincorrere procedure obsolete salvo poi avere minor tempo residuo da dedicare al tempo di “cura”, sia in senso clinico-medico che assistenziale.

In questi termini, è già quindi molto evidente che investire in azioni di digitalizzazione di tutte quelle procedure che si prestano ad essere automatizzate rende più efficienti aspetti meramente burocratici traducendosi al contempo, alla fine del processo, non solo in un risparmio di tempo e risorse, ma addirittura in un miglioramento della qualità finale del servizio erogato.

E tuttavia, sino ad oggi, il processo di digitalizzazione della Sanità – soprattutto nel nostro paese – non è stato affatto lineare e sistematica, ma si è mosso invece a macchia di leopardo, rendendo evidente una certa diffidenza da parte dell’Uomo nei confronti della Macchina, forse anche a causa della “sensibilità” del settore.

Nonostante ciò, da qui in avanti, saremo tutti chiamati inevitabilmente a colmare questo ritardo, se vorremo spendere oculatamente le nostre residue risorse economiche e nel frattempo garantire a ciascuno l’efficacia di un sistema, quello sanitario, più che mai essenziale e vitale per ciascuno.

Cerchiamo insieme di vedere come.


Dallo spreco al risparmio, dall’Uomo alla Macchina (e ritorno)
passando dal miglioramento del servizio erogato.

 

Chi, come me, opera in questo campo dal punto di vista dell’innovazione, sa in prima persona come sia importante coniugare i bisogni degli Uomini – che siano pazienti, medici, operatori o dirigenti – con le migliori performance che possono garantire in termini di efficienza ed efficacia le cosiddette Macchine, ovvero i sistemi, i programmi e i dispositivi automatizzati che si possono utilizzare.

Ma il fatto che l’innovazione tecnologica nel settore della sanità non si traduca necessariamente in un taglio delle risorse economiche, non vuol dire che la strada sia in discesa, altrimenti non sarebbe comprensibile come questo cambio di passo sia stato, sino ad oggi, così difficoltoso. Nel nostro paese, ma non solo.

Quale è stato dunque uno dei motivi che ha fatto da freno a questo indispensabile passaggio innovativo verso il digitale? Il problema è stato, in primo luogo, culturale.

Le risorse che vengono richieste in questo sforzo di digitalizzazione, infatti, sono quasi tutte a carico dell’Uomo, piuttosto che della Macchina, e riguardano non tanto le competenze tecniche, ma soprattutto quelle strategiche, di visione e finanche comunicative anche da parte della classe dirigente.

Trattandosi di pratiche, sistemi e processi che modificano alla base ogni status quo di tipo sia strategico che procedurale, tali competenze e capacità di sguardo sono infatti essenziali, e non sono sempre facili da far emergere.

Ecco dunque che gli ostacoli tecnici (che ci sono stati, inutile negarlo, e spesso proprio a livello di interoperabilità) sono diventati a maggior ragione un freno che spesso ha rallentato, nei fatti, un processo di cambiamento che, in sé, andrebbe considerato invece come un vero investimento di risorse in primo luogo umane.

Non a caso, nella Ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità “Connected care: il cittadino al centro dell’esperienza digitale” (Maggio 2019) tra i dati che sono stati rilevati figurano proprio La Comunicazione, e la necessità di

“Creare cultura, comunicare e diffondere la conoscenza sui temi dell’innovazione digitale in Sanità tra Istituzioni, Aziende e i cittadini”.

Solo infatti a partire da un’interazione fattiva e partecipata – in primo luogo tra gli operatori sanitari (Uomo-Uomo, potremmo dire parafrasando i topic del nostro blog) – possiamo sperare che, a ricaduta, le istanze innovative si ripercuotano a livello culturale in maniera positiva e diffusa, a partire degli operatori di settore sino alle comunità più vaste, con indubbi vantaggi per tutti nel processo di digitalizzazione e innovazione.

E che questa sia una necessità che ben presto si farà ancora più stringente – a causa dell’emergenza Covid-19, certo, ma non solo – lo anticipano già altri dati rilevati dalla stessa ricerca, che suggeriscono come sarà sempre più importante:

“gestire l’invecchiamento della popolazione e della forza lavoro in un contesto di decrescita demografica” in un contesto in cui “siamo il Paese europeo con il più elevato indice di vecchiaia, pari a 168,9 (dietro di noi la Germania a 158,5 e il Portogallo a 150,9)” e “siamo ultimi, assieme alla Spagna, per il tasso di fecondità, che si attesta su una media di 1,32 figli per donna”.

Tali dati, nel report, ne introducono altri che riguardano l’evoluzione dei bisogni e della domanda di sanità in una popolazione che si troverà in condizioni di salute sempre più complesse a causa della presenza contemporanea di più patologie:

“Il 21% della popolazione ha dichiarato di essere affetto da due o più patologie croniche e tra gli over 75 la comorbilità si attesta al 66% (57% tra gli uomini e 72% tra le donne)”.

Questo, mentre “si prevede che nel 2025 ci saranno 16.700 medici specialisti in meno”.

Risulta quindi chiaro – secondo questi dati a cui va aggiunta l’attuale emergenza sanitaria – che una gestione oculata delle risorse (sia economiche che operative) sarà più che mai determinante, per cercare di “mantenere un buon livello di qualità della cura e sostenibilità del sistema sanitario”, anche perché la maggior parte delle patologie rivestirà carattere di cronicità e dunque, per sua natura, dovrà essere adeguatamente trattata in ottica anche preventiva, piuttosto che soltanto emergenziale.

Ecco dunque che una consapevolezza diffusa degli scenari prossimi (e futuri) mette ancora più in evidenza come l’innovazione digitale possa rivelarsi una leva insostituibile per governare i nostri bisogni di Sanità in maniera sostenibile, a maggior ragione attraversando una crisi sanitaria ed economica, come l’attuale, che sarà purtroppo destinata a durare a lungo.

Un modello virtuoso da prendere in esame, in questo senso, è quello cosiddetto “Connected Care” che vede il cittadino proprio al centro dell’esperienza digitale, così da migliorare nei fatti la qualità della propria vita.

Vedremo insieme come, quanto e perché nel prossimo articolo.

 

Mauro Di Maulo


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