Se la bellezza è negli occhi di chi guarda… anche i Big Data raccontano l’Arte.

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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Quando siamo partiti per questo articolo eravamo dubbiosi: “troveremo fonti, materiali, ispirazioni che legano arte, bellezza, cultura e Big Data?” La sorpresa è stata grande, e la vogliamo trasmettere ai nostri lettori.
Sembra proprio che l’arte, quella con la A maiuscola, si stia iniziando a interessare dell’argomento Big Data, mettendo il naso anche in questo settore all’apparenza asettico e privo di fantasia. Le iniziative che ibridano creatività e dati sono difatti innumerevoli e davvero sorprendenti. Ve ne raccontiamo qualcuna.

La prima riguarda la Data Visualization –  a cui dedicheremo un prossimo articolo e che abbiamo già introdotto con il concetto di Visione – che viene identificata come “una nuova disciplina a cavallo tra l’arte e la statistica che semplifica la comunicazione di informazioni complesse”.
Riportiamo alcuni link ulteriori dell’articolo perché possiate farvi un’idea diretta di questa forma impegnata di arte, in cui si mostrano e dimostrano flussi di popolazione,  statistiche sulle vittime di guerra dei droni  sino ai luoghi dove sono caduti meteoriti (suddivise addirittura per tipologie) dal 1800 a oggi.

Un’altra opera che vogliamo citare è un’installazione, “Persona Non Data”, che promette di rendere visibile proprio la questione significativa dei Dati, visti come: “non il semplice assunto delle nostre tracce digitali, ma la loro varietà e la capacità che queste informazioni hanno di coesistere tra loro (…)”.
Per non parlare di loro, i MUSEI, i luoghi principi deputati a conservarle e mostrarle al mondo, le opere d’arte. Ebbene: anch’essi utilizzano i dati per organizzare mostre, visite, servizi, come raccontato qui seppure in tono parzialmente polemico.

Ed è recentissima (aprile 2016), la pubblicazione dell’Atlante degli archivi fotografici e audiovisivi italiani digitalizzati, che “scheda per la prima volta il patrimonio mediale storico italiano già digitalizzato o in corso di digitalizzazione sino al dicembre 2014.”

Ma uno dei primi a parlare in qualche modo di questo fenomeno fu proprio Lev Manovich, ne Il Linguaggio dei Nuovi Media, in cui traccia le origini comuni di ogni forma di comunicazione, dai suoi albori all’avvento del digitale.
Già dalle sue prime pubblicazioni, infatti, si intravede un minimo comun denominatore tra tecnica e creatività.

Qual è dunque la massima che possiamo trarre da queste considerazioni?  Che se l’arte è ciò che dà un nome a quello che prima non lo aveva, mettendone in luce forma e sostanza, allora anche i Dati sono in grado di farlo. Perché, come cita il celebre proverbio la “bellezza è negli occhi di chi guarda”, appunto. E nelle domande che uno si pone, aggiungiamo noi.