L’ambiente, l’uomo, le attività produttive e le regole del gioco

Maria Bonifacio
Maria Bonifacio

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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L’ambiente e la sua tutela rappresentano una tematica di grande attualità che – senza alcuna pretesa di esaustività – cercheremo di approfondire insieme.
Il focus scelto è un punto di vista non solo tecnico, ma anche culturale, che parte dalla prevenzione del danno e arriva alla sua eventuale riparazione.
Nel mezzo vi è la normativa, indagata criticamente mediante un excursus
che approdi a quello che poi è il tema centrale della rubrica, ossia quello di rintracciare il senso fondante della legge, pur nella logica del divenire, e di interpretarne alla luce dell’attualità i nodi più significativi.

La Genesi Legislativa

La Carta Costituzionale, risalente al 1948, pur non contenendo norme che indicavano l’ambiente come oggetto di tutela, aveva in nuce alcuni riferimenti al diritto alla salute e ai valori legati alla tutela ambientale.

Un primo importante input alla disciplina legislativa connessa espressamente con gli interessi ambientali si è avuto con la legge 13 agosto 1966, n. 615.
Ma sappiamo che l’ambiente è costituito da fattori molteplici, a volte assai complessi e connessi in vario modo gli uni con gli altri e, dunque, suscettibili di valutazione da una molteplicità di soggetti, mossi da interessi e idee spesso in irrimediabile conflitto.
Tuttavia, rispetto al rapporto con l’essere umano il concetto di ambiente si può ricondurre in due categorie concettuali:

  1. la concezione “antropocentrica” che vede l’uomo porsi come soggetto attivo nei confronti dei beni e degli equilibri ambientali
  2. la concezione “ecocentrica” che vede l’ambiente e la natura come valori a sé stanti e l’uomo come elemento vitale, ma che trova il suo posto, indipendente, nell’equilibrio della biosfera.

Diciamo che se la prima concezione trova riscontro nella normativa, la seconda vi trova all’apparenza meno spazio, e tuttavia, nei fatti, la prospettiva ecocentrica risulta essere la fonte principale dei cambiamenti più rilevanti in essere, riguardanti questioni basate sul riconoscimento dei diritti dell’ambiente e della sua tutela.

Prodromico all’elogio della legge è, non a caso, il principio di precauzione, ossia una rivisitazione in chiave moderna del principio di Ippocrate “Primum non nocere”, da cui deriva una condotta cautelativa per quanto riguarda le decisioni politiche ed economiche sulla gestione delle questioni scientificamente controverse.
Il principio di precauzione si applica non a pericoli già identificati, come può essere per il principio di prevenzione, ma a pericoli potenziali, di cui non si ha ancora conoscenza. Vi è, difatti, differenza tra:

il concetto di “prevenzione”, ovvero la limitazione di rischi oggettivi e provati,

il concetto di “precauzione”, ovvero la limitazione di rischi ipotetici o basati su indizi.

Gli organismi: Nazionali, Europei, Internazionali.

Il moderno dibattito sul principio di precauzione è nato durante gli anni ’70, promosso dai primi movimenti ambientalisti ed ecologisti e successivamente analizzato in termini economici ovvero relazioni causa-effetto, incertezza, rischi, irreversibilità delle decisioni da vari autori come Arrow e Fischer (1974), Epstein (1980), Gollier (2000).

La Dichiarazione di Rio del 1992, fra i principi proposti per lo sviluppo sostenibile, al punto 15 ha stabilito: «Al fine di proteggere l’ambiente, un approccio cautelativo dovrebbe essere ampiamente utilizzato dagli Stati in funzione delle proprie capacità. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale».

A livello internazionale, tale principio di precauzione è riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, in particolare nell’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie e nell’Accordo sugli ostacoli tecnici al commercio.
Nell’ambito di questi accordi, uno Stato membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, ha il diritto di porre delle barriere all’importazione basandosi sul principio di precauzione allorquando siano identificati rischi ambientali o sanitari su cui non c’è certezza scientifica.

Gli accordi tuttavia ribadiscono il principio che tali misure debbano considerarsi provvisorie e che lo Stato che le attua deve fare lo sforzo di ottenere tutte le informazioni necessarie per completare la valutazione del rischio entro un termine ragionevole.

La Commissione Europea ha inoltre specificato che il campo di intervento deve comprendere tutte le situazioni in cui si identifichi un rischio potenziale.
Tra le più importanti applicazioni di tale punto di vista c’é ad esempio quella della sicurezza alimentare, concetto visto nel contesto più ampio di protezione della salute. La legge quadro in materia di sicurezza alimentare (Regolamento EC No. 178/2002) riporta infatti il principio di precauzione come uno degli strumenti da utilizzare per assicurare un elevato livello di protezione dei consumatori.
Al riguardo, va ricordato tuttavia che il principio di precauzione non è un metodo di ricerca né un principio scientifico, ma uno strumento politico di gestione del rischio, e che in quanto tale, a livello legislativo, è stato più volte strutturalmente modificato tenendo conto della necessità di un equo rapporto tra gli eventuali costi-benefici cui l’applicazione della legge espone ipoteticamente coloro che sono tenuti ai vari adempimenti.

L’utilità e opportunità dell’utilizzo di tale principio è così giocoforza – anche a livello decisionale – un punto ampiamente controverso sia in ambito politico che scientifico, anche perché essendo l’ambiente – per definizione – il contesto in cui noi tutti viviamo, il suo legame con il nostro benessere va di pari passo.

I suoi sostenitori ritengono, non a caso, che il principio di precauzione sia imprescindibile e che, ad esempio, se si fosse applicato il principio ai primi sospetti sulla cancerogenicità dell’amianto (risalenti agli anni sessanta), si sarebbe evitato l’eccessivo diffondersi di materiali edili dannosi che ha generato danni alla salute (asbestosi e mesotelioma polmonare) ed enormi costi per le successive bonifiche.
Altri esempi clamorosi sono:

il piombo e il benzene (additivi nella benzina),

 il cadmio (nelle batterie),

 i clorofluorocarburi (nei circuiti refrigeranti).

I detrattori criticano il principio in quanto freno eccessivo allo sviluppo e alla diffusione di nuove tecnologie. In questo contesto, in effetti, l’applicazione troppo rigida del principio potrebbe e può portare a un rallentamento o addirittura a uno stop della ricerca, oltre che a strumentalizzazioni protezionistiche in ambito economico.

Ad esempio, nel caso degli alimenti derivati da OGM, il principio di precauzione è stato invocato da alcuni Paesi Europei, tra cui l’Italia, per bloccarne sia la coltivazione che la commercializzazione. In questo caso, nell’ambito del dibattito sugli OGM, il ricorso al principio di precauzione, secondo alcuni, era motivato più da ragioni di ordine economico e protezionistico, che da reali indizi di potenziali rischi.
Ciò è stato tra l’altro supportato dal fatto che gli Stati in questione non sono stati in grado di fornire prove scientifiche a supporto di tali misure, motivazione che è stata alla base dell’annullamento di alcune delle misure stesse. Ne è un esempio per l’Italia il Decreto cosiddetto “Amato” del 2000, annullato dal TAR del Lazio quattro anni dopo per mancanza di prove della presenza di rischi.

Questo esempio, che vale chiaramente solo per sé, mette tuttavia in luce un punto sostanziale in questo ambito: lo stretto rapporto tra la necessaria tutela dell’ambiente in cui viviamo e le novità che l’evoluzione tecnologica e scientifica comportano, con le relative e potenzialmente contrastanti conseguenze per le comunità di riferimento.

Alcune riflessioni…

Concludiamo, dunque, questa rapida panoramica sui fondamenti della legislazione ambientale con alcune conseguenti riflessioni, consapevoli dell’importanza della tutela dell’ambiente in cui viviamo rispetto alle numerose minacce provenienti dalle svariate forme di inquinamento che la società produce…
Non v’è dubbio che la coscienza del problema sia ormai fortemente radicata, tanto da essere alla base di numerose leggi la cui finalità è quella di tutelare l’ambiente dalle immissioni nocive, siano esse costituite da rifiuti, da liquami, da vapori, polveri e simili.

E tuttavia, in un ambito che vede lo sviluppo produttivo espandersi sotto molteplici punti di vista, il tema è un potenziale se non un frequente terreno di scontro tra istanze differenti, ciascuna con i propri portatori d’interesse al seguito.
Mai come in questo caso, dunque, possiamo tessere un elogio alla legge, soprattutto nel caso in cui il principio di precauzione che ne sta alla base, rappresenti l’antecedente non solo logico, ma anche culturale, in grado di sensibilizzare le coscienze e di generare circuiti virtuosi di progresso e crescita, piuttosto che costituire un ineludibile snodo di meri adempimenti burocratici.

Vedremo insieme come, nei prossimi articoli, le normative ambientali attraversino differenti settori e riguardino soggetti diversi tra di loro, attraverso una serie di leggi che, direttamente o indirettamente, si prefiggono di tutelare l’ambiente.

Avvocato Maria Bonifacio
Studio Legale Associato Quid Juris?