I superman con la visione lunga tra di noi, ovvero i visionari. Di Sonia Bertinat.

Sonia Bertinat

Sonia Bertinat

Psicologa Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico ● Esperta di cyberbullismo, dipendenze da sostanza e comportamentali

“Alcuni vedono le cose come sono e dicono ‘perché’?

Io sogno cose non ancora esistite e chiedo ‘perché no’?”

G.B. Show

 

 

Il termine “visionario” in italiano spesso è altamente deprecato dai più. Letteralmente fa riferimento alla vista, metaforicamente a una vista che travalica i muri, i confini e va oltre. E per questo motivo, per certi aspetti non convenzionale, i visionari sono messi ai bordi della “norma: o vengono innalzati come geni oppure, al contrario, trattati come pazzi.

In inglese il termine visionary in realtà ha un’accezione più positiva. Abbiamo bisogno di visionari che ci portino con lo sguardo oltre le barriere del conosciuto, oltre i nostri limiti. Perché le sfide che l’uomo e il mondo hanno davanti oggi non si risolvono con i vecchi schemi ma con lenti visionarie. 

In inglese il termine visionary in realtà ha un'accezione più positiva. Abbiamo bisogno di visionari che ci portino con lo sguardo oltre le barriere del conosciuto, oltre i nostri limiti. Condividi il Tweet

Perché bisogna “credere che un uomo possa volare”, come ci ricordano i claim del film Superman. E abbiamo ancor più  necessità di chi, attivando una visione che travalichi i muri, ci porti fuori dalle consuetudini cristallizzate per cambiare la nostra visione del mondo.

Il mondo scientifico è pieno di esempi di visionari che hanno permesso all’umanità di fare balzi nella conoscenza. In questo articolo tratterò i visionari della psiche. 

 

La Follia

La malattia mentale, la follia fu trattata, e forse in parte lo è ancora, come un qualcosa che disturba l’ordine costituito e che, di conseguenza, deve essere integrata o in caselle accettabili o messa ai margini.

Nel primo caso rientra ad esempio il “matto del villaggio”, gli artisti cui è concessa l’espressione di ciò che per la norma veniva considerata follia o in altre epoche storiche o culture diverse, l’area del sacro. Ma rientra anche un appuntamento annuale come il carnevale il cui motto era “semel in anno licet insanire” [1].

Sicuramente per molto tempo la Chiesa ha impresso il controllo sulla follia additandola come origine demoniaca.

 

“In psicologia, psichiatria e nel senso comune con il termine follia o pazzia si indica genericamente una condizione psichica che identifica una mancanza di adattamento, che il soggetto esibisce nei confronti della società, spesso in maniera anche non pienamente consapevole, tipicamente attraverso il suo comportamento, le relazioni interpersonali e stati psichici alterati ovvero considerati anormali fino a causare stati di sofferenza psicologica per il soggetto [2].”

 

Il metro di misura è quindi la società che come ben sappiamo cambia la sua struttura, le sue norme a seconda della weltanschauung, dello spirito del tempo che la connota.

 

“In certi casi non sembra difficile distinguere tra chi è folle e chi non lo è. Quando però cerchiamo di entrare nel dettaglio e distinguere la follia dalla eccentricità, dalle scelte ardite, dagli slanci dell’immaginazione, i connotati della follia diventano meno netti e capiamo che a seconda del nostro punto di vista la follia può essere imparentata più con la malattia fisica o con il disordine morale o la devianza [3]”

 

I visionari della mente

Fu con l’”Elogio della follia” (1511) di Erasmo da Rotterdam che si ebbe una prima svolta nell’approccio con queste manifestazioni della mente e che porterà ad un filone filosofico, la fenomenologia, che considerava l’incontro con la follia un modo per conoscerla.

Fu però con il XVIII secolo che si ebbe la svolta più significativa in quanto la follia entrò nel campo della medicina dove alla prigione si sostituirono gli istituti psichiatrici o manicomi. Fu di questi medici, il più famoso lo psichiatra francese Philippe Pinel, il merito di aver tolto le catene ai folli, di aver sottratto la follia alla dimensione di reato da punire per analizzarla come disturbo medico da trattare.

“Pinel riteneva infatti che la ragione del pazzo fosse andata perduta a seguito di gravi accadimenti di ordine sociale o personale e che pertanto gli si potesse restituire tale ragione attraverso l’ascolto, la comprensione e i consigli [4].”

Purtroppo lo sguardo di Pinel era rivolto solo ai ceti alti della società per cui tanta strada era ancora da fare.

Michel Foucault nella sua “Storia della Follia nell’età classica” [5] ci ricorda un concetto fondamentale, ossia che “il folle non era un alienato prima di essere rinchiuso, ma lo è diventato dopo [6].”

Michel Foucault ci ricorda un concetto fondamentale, ossia che “il folle non era un alienato prima di essere rinchiuso, ma lo è diventato dopo.” Condividi il Tweet

Ovviamente dobbiamo guardare a questo cambiamento, come spesso accade, con gli occhi di allora e non con i nostri che hanno visto (o letto) la situazione dei manicomi. 

Ai tempi, infatti, la possibilità di avere riuniti i pazienti in una unica struttura permise un’osservazione migliore e una teorizzazione più puntuale della malattia mentale. Non solo, il passaggio dalla reclusione carceraria alla reclusione manicomiale permise un cambio di assetto significativo: ossia la possibile curabilità della malattia e quindi il possibile reintegro del malato nella società da cui era stato escluso.

Fu poi con l’avvento della psicoanalisi di Freud, che seguì gli studi di Charcot e Breuer, che si ebbe una spinta maggiore non solo alla cura della malattia mentale ma anche alla costituzione di un impianto teorico e di una pratica psicoterapeutica per affrontarle. La teorizzazione dell’inconscio, ossia di un’area della psiche che poteva agire in modi dissonanti con la mente cosciente permise di teorizzarne il ruolo nell’emergere delle malattie mentali.

Con l’avvento della psicoanalisi di Freud si ebbe una spinta maggiore non solo alla cura della malattia mentale ma anche alla costituzione di una pratica psicoterapeutica per affrontarla Condividi il Tweet

Con l’avvento dei primi psicofarmaci negli anni ‘50 e ‘60 e con la terapia elettroconvulsivante si trasformò poi  il controllo dei disturbi in contenimento chimico e non più fisico.

In Italia un altro visionario fu Basaglia con il movimento di Psichiatria Democratica. Le condizioni manicomiali infatti, nonostante l’intento ottocentesco, rivelavano condizioni ben lontane dalla cura e molto vicine alla segregazione carceraria. 

L’istituzionalizzazione, infatti, non faceva che aggravare le condizioni psicofisiche dei ricoverati e ben lontani dagli intenti ottocenteschi di maggior attenzione alla persona, si era perso di vista l’essere umano con la propria individualità. 

La riforma Basaglia, legge 180 del 1978, mirava alla chiusura delle strutture manicomiali per come erano costituite per promuovere il rientro del malato nella società. Per fare questo bisognava puntare lo sguardo all’individuo nel suo complesso e non solo alla malattia uniformante. Far emergere le potenzialità e risorse che potevano contrastare la malattia e permettere un rientro attivo nella società.

Ad oggi purtroppo molti aspetti della legge sono rimasti disattesi e forse avremmo bisogno di altri visionari per realizzarli. Negli ultimi anni poi lo sguardo oltre è stato deputato alle macchine. Le neuroscienze e le tecniche di neuroimaging hanno permesso di vedere l’attività cerebrale come mai era stato fatto. Rimane tuttavia imprescindibile l’analisi clinica per affrontare questi disturbi [7].

 

Conclusione

I visionari della mente non sono solo riusciti a guardare oltre lo status quo e lo spirito dell’epoca. Sono riusciti ad immergersi nella psiche individuale e trovarne un senso e una risorsa. 

 

La scienza ci dice che esiste una norma e che ciò che si allontana dalla norma è anormale. Ma la norma chi la stabilisce? Sì, lo sappiamo tutti, la norma è l’occorrenza che nella popolazione si manifesta con la maggior frequenza. Ma allora, ciò che non si uniforma al resto della popolazione è sbagliato? È malato? Dove finisce l’individualità del singolo? E cosa dire dell’importanza del ruolo rivestito dai fattori socio-culturali nella definizione di malattia mentale [4]?”

 

Sonia Bertinat

 

 

FONTI

[1] Una volta all’anno è lecito fare follie
[2] Follia
[3] La follia secondo Focault
[4] La Malattia Mentale e la Mente Malata

 


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