Una mitica età dell’oro, in cui l’uomo viveva, in pace, dei ricchi frutti di cui la natura era dispensatrice, appartiene a molte tradizioni, in primis a quella greca classica e a quella biblica del Paradiso Terrestre. E se, ben presto, tale idilliaco equilibrio si è spezzato sotto la spinta impressa alle vicende umane dal desiderio di conoscenza dei nostri mitologici antenati, pare che le conseguenze della punizione inflitta a Prometeo e Adamo continui a perseguitarci. La cacciata dall’Eden si perpetua, invero per colpa nostra, nella misura in cui, non solo a lungo e in modo dissennato abbiamo consumato le risorse naturali che il pianeta ci offriva, ma tuttora rincorriamo obiettivi di riequilibrio ambientale ancora tutti da avverare.
Insomma, la cornucopia dei beni che la Natura ci offre si va inesorabilmente svuotando. Global Footprint Network è un ente che “ha l’obiettivo di accelerare l’uso dell’Impronta Ecologica – uno strumento di contabilità delle risorse che misura quanta natura abbiamo a disposizione, quanta ne utilizziamo, e chi usa cosa”, per diffondere dati e conoscenze utili a uno sviluppo sostenibile. Ebbene, secondo questa organizzazione, come riportato in questo articolo il consumo attuale di risorse naturali è una volta e mezzo quello disponibile sulla Terra. Di questo passo, in proiezione, ci servirebbero due Pianeti entro il 2030 e tre pianeti entro il 2050 per sostenere tale vertiginosa crescita a scapito dell’ambiente.
Tanto che, ogni anno, l’8 di agosto è simbolicamente fissato l’Overshootday, ovvero il giorno in cui l’umanità esaurisce tutte le risorse che la Terra è in grado di rigenerare appunto in quell’anno.
Questa “contabilità ambientale” rivela come la ricchezza ecologica del nostro Pianeta – che può essere visualizzata in una interessante mappa interattiva consultabile a questo link – risulta dunque inesorabilmente in pericolo.
Per questo, anche in ambito europeo, sono attivi programmi per contrastare gli effetti negativi su biodiversità e risorse naturali, e raggiungere l’obiettivo del 7° Programma d’azione europeo per l’ambiente, ovvero quello di uno sviluppo compatibile con i limiti naturali del Pianeta. Ma il rapporto SOER 2015 dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, nel sottolineare i progressi fatti – in ambiti come il contenimento dei gas serra o la gestione dei rifiuti – rivela anche come “la biodiversità continua a essere erosa”: il 60% delle specie protette e il 77% degli habitat presi in considerazione dallo studio non godono di buona salute, così come “la metà dei corpi idrici”, mentre “la biodiversità marina e costiera rappresenta un ambito di particolare preoccupazione”.
Quale sia la situazione in Italia può essere consultata invece nell’Annuario 2014-2015 dell’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, dove sono presi in considerazione globalmente i fattori convergenti che incidono sulla conservazione dell’ambiente, come quelli produttivi, lo stato di biosfera, idrosfera e geosfera, gli elementi di rischio e quelli invece di tutela ambientale. Ne emerge un quadro complesso dove indicatori positivi, si alternano a situazioni che destano allerta e ad altre più negative.
Quali soluzioni perseguire allora? Non ci soffermeremo qui sullo stato delle politiche nazionali o sugli accordi intrapresi tra gli Stati. Ci piace pensare però che quella stessa fame di conoscenza e quella curiosità della scoperta che gli Antichi reputavano all’origine della perdita dello stato di natura, possano soccorrerci, fornendoci gli strumenti per porre rimedio ai nostri stessi guasti, sotto l’impulso di una più matura consapevolezza della necessità di tutelare il nostro Pianeta. Un esempio per tutti, quello che vede uniti FAO e Google Earth nel monitorare attraverso i satelliti lo stato della Terra e fornire così dati utili alla sua salvaguardia.
Chissà allora che – anche grazie a innovazione e conoscenze tecnologiche – la cornucopia non torni a elargire i suoi frutti.