“La vostra visione diventerà chiara solo quando guarderete nel vostro cuore. Chi guarda all’esterno, sogna. Chi guarda all’interno, apre gli occhi.”
Carl Gustav Jung
TEMPI E MODI DI UNA MIGRAZIONE SOSTENIBILE
Il miglior modo per affrontare una transizione verso qualcosa di nuovo è la possibilità di rendere visibili e messe bene a fuoco le aspettative – o necessità – che ne stanno alla base.
Per capire meglio cosa intendo, vorrei fare un esempio concreto e attuale: parliamo di transizione energetica in relazione all’evoluzione digitale delle informazioni e dei dati che la riguardano.
Il miglior modo per affrontare una transizione verso qualcosa di nuovo è la possibilità di rendere visibili e messe bene a fuoco le aspettative che ne stanno alla base. Condividi il Tweet
A partire da un bisogno originario esistente – quale il fabbisogno energetico, che in precedenza è stato per lo più soddisfatto seguendo la via del carbone – eravamo arrivati (finalmente) a un bisogno condiviso di energia pulita, ponendo noi stessi come comunità di fronte a una necessità originaria di energia che si è trasformata nel tempo in un bisogno più evoluto capace di tener conto non solo della necessità di energia, ma anche di una contemporanea esigenza di tutela dell’ambiente.
Avevamo cioè finalmente compreso che sopravvivere in un mondo saccheggiato dall’uso improprio dell’energia fossile sarebbe diventato nel tempo impossibile.
L’avvento del digitale e delle nuove tecnologie in senso ampio hanno facilitato questa maggiore consapevolezza: dalle analisi dei Big Data, capaci di predire in maniera più accurata i dati del cambiamento climatico, alle proteste ambientaliste dei giovani diffusi attraverso i social, dai sistemi digitali di controllo dei consumi delle proprie utenze all’avvio di una gestione delle reti e delle infrastrutture energetiche monitorate in un’ottica di maggiore efficienza.
Il questo modo, passo dopo passo, il nostro bisogno iniziale (e anche primordiale) di calore e luce necessario alla sopravvivenza della nostra specie, si è trasmutato nel tempo, di fronte all’evidenza degli effetti negativi di alcune pratiche intensive, in un altro bisogno, più complesso e articolato, che rinnova ed estende il nostro stesso concetto di benessere e sopravvivenza aprendo ad altri scenari di possibilità e bisogni, sempre più evoluti.
E, per questo, sempre più difficili da rappresentare, comprendere e far comprendere. Tant’è che per arrivare a decisioni “sostenibili” in ambito energetico abbiamo impiegato decenni, nonostante i tanti avvisi che il pianeta ci mandava.
Purtroppo, nel frattempo, qualcosa è (di nuovo) cambiato, al di là delle nostre intenzioni.
Sono trascorsi pochi mesi dalle decisioni assunte dalle varie collettività anche internazionali che il tema dell’energia rinnovabile è giocoforza deragliato dai binari principali. In poche settimane, a causa del conflitto in atto, le risposte immaginate soltanto poco tempo prima si sono rivelate inadeguate di fronte alla tempesta da cui siamo stati travolti.
E il problema si è rivelato essere “acuto” non solo dal punto di vista infrastrutturale e strategico, ma anche dal punto di vista comunicativo rispetto all’opinione pubblica, dimostrando una volta di più un tema reale anche se immateriale: per far sì che nuove decisioni, anche difficili da prendere, siano appoggiate dal consenso maggioritario dei nostri paesi, occorrerà fare attenzione agli aspetti di condivisione di dati, contingenze e risposte.
Il discorso del consenso, e non solo quello della realtà delle cose, che sta dietro ad ogni decisione, pubblica e privata, ha molto più rilievo di quanto poteva apparire solo qualche anno fa. Condividi il Tweet
Perché il discorso del consenso che sta dietro ad ogni decisione, pubblica e privata, ha molto più rilievo di quanto poteva apparire solo qualche anno fa, grazie alla diffusione in ambito digitale delle informazioni.
Questo significa, a maggior ragione, che il modo con cui le informazioni saranno trattate e – le figure che le illustreranno al pubblico – acquisteranno sempre maggior peso, mettendo in campo quello che si chiama “fattore umano”, come emerso durante l’evento di Bruno Bertelli di Publicis Worldwide e Publicis Group Italia:
“I dati non sono sempre oggettivi, ma sono fragili perché sono il risultato di valutazioni umane”
afferma infatti durante l’evento Federica Fragapane, information designer, e prosegue:
“I dati sono certamente un ottimo modo per raccontare la realtà, ma sono qualcosa di organico: insomma, è bene tenere in considerazione il fatto che c’è una persona dietro a delle informazioni numeriche”.
In questo senso la responsabilità diretta e indiretta di chi raccoglie, analizza e gestisce i dati su cui si basano le informazioni divulgate, aumenterà in maniera esponenziale e dovrà tendere non solo a un’accuratezza sostanziale, ma anche formale e comunicative.
Le evidenze che emergeranno, infatti, come pattern di senso e non solo informativi, saranno proprio quelle su cui si fisserà, nel tempo, il dibattito.
Perché la datizzazione e digitalizzazione delle informazioni, anche se appare più volatile e immateriale rispetto ai media tradizionali, ha in realtà una durata – o una coda lunga, diremmo in ambito più tecnico – davvero notevole.
IN AVANTI NEL TEMPO
Nei prossimi mesi, tra sanzioni e cambi strategici dei “fornitori energetici”, potremo davvero verificare se la strada verso la transizione energetica ha o no possibilità di procedere senza (troppi) ostacoli.
Molto dipenderà anche dal peso che si farà sentire in termini di opinione pubblica.
Se la transizione digitale ci accompagna da un lato verso condivisioni un tempo impensabili di informazioni e dati, è infatti evidente che quello che si mette sempre più a fuoco è che sarà proprio il valore della qualità del “capitale umano”, sia a livello strategico-manageriale che fattuale-operativo, a garantire le premesse necessarie per far sì che tale transizione possa davvero farci avanzare in un cammino così impegnativo e certamente non breve.
Questo significa che, se la direzione presa dalla società nel suo insieme, e dunque dall’opinione pubblica, è quella della sostenibilità, ambientale e sociale, istituzionale e d’impresa, culturale ed economica, dobbiamo essere consapevoli che tra il dire e il fare ci saranno di mezzo il tempo e il modo in cui l’uomo stesso lo spenderà non solo nel ricercare nuove soluzioni, ma anche nel condividerle.
Al di là dei costi (o dei prezzi) che tali rivoluzioni possono comportare all’inizio della trasformazione.
Alla ricerca di un esempio coraggioso che mettesse in azione questi concetti – ovvero la capacità a vario titolo di rispondere creativamente alle crisi, anche gravi, in cui l’umanità “inciampa – mi sono imbattuta in questa opera d’arte (perchè di questo si tratta) rappresentata da un magnifico documentario-testimonianza.
Si tratta de Il mio anno stranissimo: il racconto della pandemia vista dai preadolescenti.
“Il documentario di Marco Ponti presentato al Festival del cinema di Torino raccoglie collage di video realizzati dai giovanissimi protagonisti aiutati solo da poche linee guida, una testimonianza diretta della loro esperienza e della loro straordinaria resilienza.”
Il documentario, inoltre, era stato concepito PRIMA della pandemia, come dice il uso autore:
“nei mesi prima delle chiusure, avevo avuto modo di incontrare molti studenti delle medie per parlare del libro, una storia di fantasmi incentrata proprio su quella fase della vita, e mi ero reso conto che dialogare alla pari con quei ragazzini mi aveva arricchito più di quanto fosse successo in anni di presentazioni nel mondo degli adulti”.
Questo gioco del “tempo” che nell’andare avanti ci porta indietro e di nuovo avanti – in una sorta di percorso sì circolare, ma aperto in chiave di spirale, è io credo la chiave del segreto di ogni vero cambiamento.
E siccome riassumerlo in parole è davvero un peccato, vi consiglio piuttosto di vederlo, in quanto esemplare nella sua valenza anche educativa e simbolica.
Se infatti la molla prima dell’evoluzione è lo slancio iniziale che conduce a un cambiamento dello status quo, in realtà è il risultato di tale percorso che ci dice la “verità” sulle nostre reali intenzioni iniziali in base al risultato conseguito.
Se la molla prima dell’evoluzione è lo slancio iniziale che conduce a un cambiamento dello status quo, è il risultato di tale percorso che ci dice la “verità” sulle nostre reali intenzioni iniziali in base al risultato conseguito. Condividi il Tweet
Non si tratta di fallimento o di riuscita di un progetto, si badi bene: in campo vi è proprio la capacità di essere fedeli a un proposito, pur con tutti i limiti incontrati. Se il risultato finale non è all’altezza valoriale dell’aspettativa iniziale, allora forse c’era qualcosa di velleitario fin dall’esordio di tale scintilla di cambiamento.
Lasciandoci con questo punto interrogativo, prima di darvi appuntamento al prossimo e ultimo articolo, ecco il “cammeo” che condivido al termine di ogni mio articolo di quest’anno.
Si tratta di un’opera d’arte dedicata alla relazione tra Tempo e Verità, di Annibale Carracci, ovvero l’Allegoria della Verità e del Tempo. Siamo di fronte a un’opera giovanile, fortemente suggestionata dalla sua conoscenza del lavoro del Correggio, eppure di straordinaria originalità, a mio parere. Soprattutto per quanto riguarda il tema. Anche se:
L’opera, non particolarmente conosciuta, ha un alto valore simbolico, pur se non “è menzionata da nessuna delle fonti biografiche seicentesche su Annibale Carracci. (…) La prima notizia sicuramente riferibile al dipinto è di circa un secolo e mezzo dopo e ne documenta la presenza nelle collezioni della regina Vittoria.
IL PASSARE DEL TEMPO E LA VERITA’
“Iconograficamente, l’Allegoria di Annibale illustra la vittoria della verità favorita dal tempo.
La personificazione del Tempo – riconoscibile dall’età decrepita e dalla clessidra che ha in mano –, infatti, tira fuori da un pozzo la figura alata della Verità (un adolescente efebico) che si guarda in uno specchio, mentre schiaccia l’Inganno (o Frode)[1].
L’Inganno sembra avere sulla nuca una piccola testa mostruosa che ne sottolinea la doppiezza e la malvagità.”
CREDITS IMMAGINI di copertina
https://it.wikipedia.org/wiki/Allegoria_della_Verit%C3%A0_e_del_Tempo ID 1: 52654916 ID 2: 71939241 ID 3: 14975074 Immagine/figura in bianco e nero: opera fotografica di Eadweard Muybridge. Pubblico dominio