Molteplicità versus FLESSIBILITÀ: nuove scelte alimentari consapevoli. Di Lilith Dellasanta.

Lilith Dellasanta

Lilith Dellasanta

Project Manager e Web Analyst ● Educatrice in formazione

Negli articoli precedenti abbiamo visto come la costruzione di abitudini sostenibili sia una attività complessa che coinvolge numerosi attori: richiede decisioni politiche coraggiose e coerenti che sensibilizzino i cittadini e indirizzino le politiche pubbliche, facilitando la disponibilità al cambiamento da parte delle persone, un cambiamento che a sua volta influenza i comportamenti delle aziende. Tutto questo in un circolo in cui mutate sensibilità collettive si esprimono in una molteplicità di modi e con velocità differenti nell’adozione di comportamenti virtusi.

Durante l’anno abbiamo parlato della regolamentazione dell’utilizzo di plastica monouso, di uso consapevole delle fonti energetiche e di mobilità urbana; in questo articolo affrontiamo un altro aspetto tanto quotidiano quanto fondamentale per la costruzione della propria identità: il cibo e le relative abitudini di consumo.

 

Tra abitudini e leggi

L’attenzione verso una alimentazione corretta è cresciuta nel tempo, e negli ultimi anni si sono avvicendati spazi di discussione che vanno dagli ingredienti dei prodotti acquistati, al contenuto energetico, ai valori nutrizionali, e che si estendono agli aspetti etici della produzione e sulla sostenibilità ambientale.

L’attenzione verso una alimentazione corretta è cresciuta nel tempo, e negli ultimi anni si sono avvicendati spazi di discussione che vanno dagli ingredienti agli aspetti etici della produzione e sulla sostenibilità ambientale. Condividi il Tweet

Per avere un riferimento concreto di come e su cosa si sia evoluta l’attenzione si può prendere come riferimento la legislazione riguardante le etichette alimentari: in Italia, la prima regolamentazione precisa sull’indicazione degli ingredienti risale al 1980, con il Decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, a cui seguono gli interventi legislativi in tema di sicurezza e tracciabilità, ed è solo nel 2016 che diventa obbligatoria l’indicazione delle dichiarazioni nutrizionali. Tuttavia in questi casi l’obbligatorietà spesso ha sancito delle abitudini positive in via di consolidamento che rispondevano a richieste del mercato, in modo da uniformare i comportamenti delle aziende e definire i modi di tutela del consumatore.

Che la tendenza delle aziende sia di venire incontro alla sensibilità dei consumatori in tema di sostenibilità è confermato dall’undicesima edizione dell’Osservatorio Immagino (Oi) curato da GS1 Italy, secondo il quale “ormai un prodotto su quattro presenta in etichetta un claim che ne comunica l’attenzione e l’impegno sul fronte del miglioramento dell’impatto ambientale”, con claim, certificazioni volontarie e bollini europei che riguardano il “management sostenibile delle risorse, agricoltura e allevamento sostenibili, responsabilità sociale, rispetto degli animali”.

Tutto ciò testimonia una sempre maggiore consapevolezza sul proprio stile alimentare, che include aspetti riguardanti la salute ad aspetti etici. 

 

Veg* vs meat?

Tra salute ed etica, è necessario affrontare il tema di consumo della carne. È ormai chiaro come i sistemi di produzione del bestiame siano associati ai cambiamenti climatici, al degrado del suolo e alle preoccupazioni per il benessere degli animali, e come il consumo eccessivo di alimenti di origine animale sia uno dei principali fattori di malattie umane (qui su Science Direct un interessante approfondimento) e tuttavia siamo di fronte a dati contrastanti sul consumo di carne e sull’interesse per l’alimentazione vegana e vegetariana. 

Da una parte, il report FAO del 2021 sul mercato globale della carne mostra come l’andamento sia ancora in crescita, pur sottolineando come questo avvenga a livelli meno sostenuti dei 5 anni precedenti. Sempre del 2021 è uno studio dell’Università di Sidney, che lega l’aumento del consumo di carne all’aumento del PIL dei paesi, ma che considera anche che siamo di fronte al raggiungimento di un picco, come sintetizzato in questo articolo

D’altro canto, vediamo come per gli utenti sia consolidata da tempo l’attenzione verso l’alimentazione vegetariana: i grafici ottenuti su Google Trends con le keyword “vegetarian” e “vegan” dal 2016 ad oggi mostrino un andamento costante, diminuito in concomitanza con la diffusione della pandemia da Covid-19 e, per quanto riguarda il primo termine, ora in ripresa.

Questo andamento è simile a quanto rilevato dal già citato Osservatorio Oi, che per il 2021 ha rilevato il consolidamento dei consumi per i prodotti con claim legati a particolari stili di vita. 

 

 

È anche interessante notare, come dimostrato da una ricerca pubblicata su Food Quality and Preference come diversi fattori psicologici possano portare alla decisione di seguire un determinato modello dietetico, e che definisce come nella identità nutrizionale, cioè l’immagine di sé che gli individui hanno riguardo al loro consumo/evitamento di prodotti animali, esistano differenze tra la categorizzazione dietetica e l’auto-categorizzazione. Questo significa che, tra il regime alimentare dichiarato e le scelte concretamente attuate, possono esserci discrepanze.

Nella identità nutrizionale, cioè l'immagine di sé che gli individui hanno riguardo al loro consumo/evitamento di prodotti animali, esistano differenze tra la categorizzazione dietetica e l'auto-categorizzazione Condividi il Tweet

Infine, introduciamo una riflessione sulla fake meat, la carne finta: sembra che si sia rapidamente esaurito il picco di attenzione è stato dimostrato tra il 2019 e il 2021 dalla scelta dei colossi dei fast food come Burger King e McDonald, che hanno  realizzato i loro hamburger in collaborazione, rispettivamente, con The Vegetarian Butcher in Europa e Impossible Meat in USA, e Beyond Meat, si sia rapidamente esaurito: questo a causa di fattori di gusto e errori di progettazione, come la scelta di usare comunque il formaggio da parte di McDonald o l’iniziale utilizzo delle stesse piastre usate per gli altri hamburger da parte di Burger King, che hanno portato a vendite non hanno soddisfatto le attese. 

 

Cosa dovremmo mangiare? Soluzioni realistiche per ridurre l’impatto della nostra alimentazione

Il titolo di questo paragrafo riprende uno studio pubblicato su Sustainable Production and Consumption, che, confrontando cinque tipologie di alimentazione ricche di vegetali (mediterranea, flexitarian/semi-vegetariana, vegana, vegetariana e pescetariana) arriva alla conclusione che, nel valutare gli stili alimentari da promuovere, vadano bilanciati gli effetti benefici su ambiente, salute umana e benessere degli animali con la probabilità di adozione

Nel valutare gli stili alimentari vanno bilanciati gli effetti benefici su ambiente, salute umana e benessere degli animali Condividi il Tweet

Concludendo, potremmo ipotizzare che il trend di diminuzione del consumo di carne sia iniziato in alcuni Paesi o in gruppi più o meno estesi, non ancora consolidato tra i consumatori ma supportato dalla crescente consapevolezza dell’impatto ambientale. Allo stesso tempo, la scelta di rinunciare alla carne si distacca dai regimi alimentari più estremi, ma è tanto più realizzabile quanto più si confronta con la flessibilità di un comportamento alimentare consapevole, intesa come la capacità di modificare la propria alimentazione in funzione di una maggiore salubrità e sostenibilità delle scelte.

Lilith Dellasanta


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“Il nostro pensiero leggero, rapido quanto esatto, ben visibile - qui e altrove – in una molteplicità di modi, coerentemente dedicato al genio italiano che, circa trent'anni fa, se ne è andato, lasciandoci in dono le sue opere memorabili: Italo Calvino, e le sue indimenticabili Lezioni americane.”

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