A proposito di malattia e cura, abbiamo sviluppato la nostra rubrica sulla medicina in prospettiva culturale, di cui fa parte anche questo articolo, intorno al concetto cardine della loro variabilità.
Volendo introdurre una terminologia tecnica, presa a prestito dall’ambito linguistico, potremmo parlare di una relatività che si manifesta in senso diacronico (ovvero nel tempo), diatopico (ovvero nello spazio), e diastratico (ovvero nel plurimo riflesso sociale della malattia e del modo di affrontarla e gestirla da parte degli attori in causa).
E proprio alla luce della variabilità sia diatopica che diacronica, ancora una volta il tema che affrontiamo oggi esige una piccola premessa disambiguante. Parliamo infatti delle cosiddette CAM, ovvero le medicine alternative e complementari, in opposizione alla medicina tradizionale. Ma parlare di medicina tradizionale vuol dire di fatto assumere il punto di vista di una precisa linea storica. Prendiamo ad esempio la medicina cinese e l’agopuntura. Se per noi rientrano nel novero, complesso e articolato, delle medicine alternative, per i cinesi è proprio la nostra medicina – tradizionale per noi perché frutto (e tuttora oggetto) di secolare messa a punto metodologica – ad essere medicina alternativa, quanto meno di importazione, occidentale appunto.
Dichiarato allora l’orizzonte d’osservazione, partiamo all’esplorazione – almeno panoramica – di questo universo di cure alternative, rimanendo intanto nell’ambito della medicina cinese, forse la più nota anche perché frutto di un sapere millenario, e anche indirettamente riconosciuta dal Nobel, assegnato a una ricerca contro la malaria che partiva appunto da precetti della medicina classica cinese.
È di questi giorni la notizia che in Cina il governo ha definitivamente vietato di commerciare e cibarsi di animali e piante protette. Poiché il divieto riguarda elementi naturali utilizzati nella preparazione dei rimedi (ossa di tigre e pelle di manta, per fare qualche esempio) gli operatori del settore, come produttori e medici, ma anche i pazienti, hanno sollevato aspre critiche e contestazioni. Tuttavia, secondo questo articolo, se è vero che la medicina tradizionale riguarda milioni di cinesi delle aree rurali, “i cinesi in realtà hanno già consumato lo storico strappo: da anni sono in fuga dalla medicina tradizionale, diretti in massa verso i farmaci chimici importati dall’Occidente”, compreso un deciso calo del fatturato interno, ma anche dell’export.
E veniamo al punto, ovvero alla medicina alternativa a casa nostra. Accanto alla medicina cinese, sono moltissime le pratiche e i rimedi inseribili in questa categoria, definita anche integrativa e complementare, perché in realtà spesso usata in modo non esclusivo, ma in aggiunta o in temporanea alternanza alla medicina e ai farmaci della nostra tradizione, anche a seconda del disturbo da curare o da prevenire. Senza avviare una disamina delle varie medicine e metodi di cura, si può intanto fissare a contrario il tratto fondante la medicina occidentale, definita anche convenzionale e scientifica. Ovvero il suo derivare dal quel metodo sperimentale in cui affonda la sua radice la scienza moderna e che nello specifico clinico e sanitario prevede la verifica dell’azione di terapie e farmaci secondo le procedure della sperimentazione clinica controllata.
Come si possono invece classificare e definire le varie medicine alternative? Intanto vi rientrano pratiche antiche, come ad esempio l’agopuntura e la fitoterapia, e altre che sono relativamente moderne (ad esempio l’omeopatia). Alcune prevedono rimedi strettamente naturali, altre uniscono l’azione su corpo e mente insieme, come l’agopuntura. Altre ancora prevedono la manipolazione corporea, come la massoterapia e l’osteopatia. Ma tutte sfuggono a una fissazione in termini scientifici e sperimentali, essendo la verifica dei risultati tuttalpiù di natura empirica, basata cioè sulla consuetudine dell’osservazione. Anche perché si tratta per lo più di cure e metodi in cui è rilevante la differenziazione della risposta dei singoli individui e in cui spesso agisce anche il rapporto di fiducia e di dialogo che si instaura con il medico o comunque colui che somministra la cura.
Tuttavia la distanza tra la medicina tradizionale e quella alternativa non è radicale, né definita una volta per tutte. L’utilizzo nella farmacopea di principi attivi di estrazione vegetale è un fatto assodato, per fare l’esempio più evidente, così come l’utilizzo di pratiche quali l’agopuntura o la manipolazione muscolare o osteopatica in associazione ai farmaci o in alternativa ai farmaci.
A questo proposito in Toscana si trova il primo ospedale italiano in cui i pazienti possono trovare tanto le cure classiche che quelle alternative, affidandosi a fitoterapia, omeopatia, agopuntura e medicina cinese. La Regione Toscana risponde così a un’esigenza di conciliazione nelle cure che viene anche dalla cittadinanza.
Secondo una recente ricerca diffusa in occasione della Giornata Internazionale della Medicina Omeopatica, l’80% degli Italiani sa cosa è l’omeopatia. La usa regolarmente il 4,5%, almeno una volta all’anno il 20%. Ed ecco l’elemento diastratico: sono soprattutto donne gli utilizzatori, e di istruzione superiore. Mentre l’area geografica regionale prevalente è il Nord Ovest. Anche i dati sull’uso sono interessanti: gli Italiani usano i medicinali omeopatici per evitare effetti collaterali e perché li considerano efficaci per disagi più lievi.
L’Italia, che si colloca terza per uso delle cure omeopatiche in Europa, dopo Francia e Germania (mentre nel continente sono cento milioni coloro che si affidano a queste cure), attende però ancora una definizione della normativa, nonostante le politiche avviate da alcune Regioni (oltre alla citata Toscana, anche Emilia Romagna, Lombardia e Lazio).
Insomma la materia è complessa e controversa, e come sempre in questi casi si possono configurare anche eccessi pericolosi, quando si intendano queste cure come integralmente sostitutive della medicina scientifica o quando ci si affidi a un fai da te inopportuno, soprattutto in presenza di malattie o disturbi non banali. Certo è che il ricorso a questo tipo di cure rivela il bisogno di una cura più attenta all’organismo come un tutto armonico, l’esigenza di una maggiore naturalità, la preoccupazione per cure troppo aggressive o foriere di effetti collaterali, e infine la necessità di trovare nel medico un ascolto personalizzato. Tutti aspetti che anche una contemporanea medicina tradizionale e scientifica – che vuole essere precisa e personalizzata come abbiamo visto in questo nostro articolo – non può tralasciare.
Per saperne di più:
– www.treccani.it/enciclopedia/omeopatia
– www.treccani.it/enciclopedia/medicine-complementari-e-alternative