Nel nostro blog – dedicato quest’anno al tema della complessità – abbiamo parlato più volte della visualizzazione (dei dati, dei concetti, dei processi) come di un processo di sintesi e rappresentazione finalizzato non solo alla messa in forma delle informazioni, ma anche all‘analisi e alla comprensione di quella che – per semplificazione – chiamiamo realtà.
E questo è tanto più vero quanto più ci addentriamo a indagare la questione non solo da un punto di vista filosofico – all’interno di un dibattito antico quanto la storia dell’uomo – ma perfino dal punto di vista della Fisica quantistica, come dimostra un recente esperimento in quest’ambito, primo nel suo genere, che:
“ha indagato uno dei principi cardine della meccanica quantistica, ossia il rapporto tra osservatore e realtà.”
Il sunto di tale esperimento, infatti – che io cerco di semplificare, anche se in maniera arbitraria – è che la realtà, in sé, non esiste, né come valore assoluto né come autonoma contingenza, ma è invece il frutto di una relazione tra un soggetto (ovvero l’osservatore) e la cosiddetta realtà (ovvero l’oggetto di osservazione).
E se perfino a livello di meccanica quantistica inizia a essere riconosciuto che la sola presenza di un osservatore modifica, in qualche modo, la porzione di realtà osservata, allora avremo da divertirci parecchio nel trarre le nostre conclusioni…
Fatte queste premesse, tuttavia – lanciando come si dice il sasso nello stagno ritirando la mano – vorrei dedicarmi a uno dei tanti cerchi nell’acqua che tali considerazioni possono aver generato: quello legato, appunto, al tema della visualizzazione, topic che noi di 6MEMES abbiamo già affrontato da diversi punti di osservazione.
In ciascuno di questi ambiti abbiamo osservato come la componente visiva delle nostre attività percettive, cognitive e comunicative, non solo interagisce con i nostri altri script di comprensione, ma lo fa molto spesso imponendosi sugli altri format comunicativi.
L’immagine arriva subito, diretta e immediata al bersaglio (ovvero lo spettatore), proprio grazie alla sua capacità di rappresentare porzioni di senso immediatamente disponibili, a differenza ad esempio del testo scritto. Ma che lo faccia in maniera puntuale è tutto da stabilire, come vedremo in seguito.
Questo è ancor più vero oggi, complici gli schermi dei dispositivi mobile onnipresenti nella nostra vita con cui, ad esempio, condividiamo in real time quello che il nostro sguardo incontra e registra.
Soffermiamoci ora non tanto sul soggetto che abbiamo deciso di condividere, ma piuttosto sull’inquadratura con cui l’abbiamo selezionato e “ritagliato” dalla realtà circostante, scegliendo ad esempio una posa piuttosto di un’altra oppure uno sfondo al posto di un altro egualmente disponibile.
Proprio qui, in questa precisa e semplice scelta, c’è infatti molto di più del semplice soggetto della nostra osservazione, ma vi si trova invece rappresentata in maniera implicita – anche nostro malgrado – la nostra visione su di lui (o lei), ovvero la nostra connotazione soggettiva della porzione di “realtà” che abbiamo inquadrato.
Ed è esattamente questo l’inciso che vorrei approfondire, perché nella scelta stessa di una cornice rappresentativa piuttosto che un’altra si mette in atto un vero e proprio processo di costruzione di significato e – di conseguenza – si gioca molto dell’impatto che l’immagine stessa, una volta visualizzata, sarà in grado di generare.
Cosa intendo con questo?
Che dietro a questa scelta c’è nascosta sottotraccia – molto potente nella sua funzione generatrice di senso – la storia che abbiamo deciso di raccontare, in maniera più o meno consapevole, e il punto di vista che vogliamo esprimere, in modo più o meno manipolato (o manipolatorio). Non la faccio più lunga di così, ma passo a un esempio concreto.
A colpo d’occhio
Immaginiamo, ad esempio, di essere a passeggio nel parco di una grande città – nello specifico la metropoli di Shanghai – e che, vista la bella giornata di sole, decidiamo di condividere su Instagram (social che va per la maggiore in materia di fotografie in real time) una foto del panorama che ci sta intorno attraverso il nostro cellulare.
Niente di strano, sin qui: siamo in un parco metropolitano in una giornata di sole, in un luogo imprecisato del mondo e in un momento qualunque dell’anno.
A questo punto, uno sguardo superficiale della scena – magari coinvolto dagli aspetti paesaggistici del parco – potrebbe scattare la fotografia seguente, immortalandola con un taglio, diciamo così, neutro:
Ma se invece, al posto del nostro precedente e ipotetico visitatore, si nascondesse uno sguardo più attento agli elementi architettonici del tragitto, ecco che l’inquadratura scelta potrebbe essere questa, con un cambio deciso sia di prospettiva che di messa a fuoco:
così come una persona più attenta agli aspetti di cura e giardinaggio di un parco ben tenuto potrebbe scegliere invece questo particolare focalizzato sui cespugli e le aiole:
Proseguendo il gioco – in base a una serie di caratteri o stati d’animo dei vari fotografi possibili, o semplicemente al loro gusto estetico – ecco che le inquadrature potrebbero essere le più svariate: da quella di una città avveniristica, in cui il “verde” è solo un ricordo…
…a quella di un parco immaginato per il “passeggio”, quasi fosse un Campus universitario…
… o, addirittura, all’inquadratura di una distesa di prato, pura e semplice.
Per capire meglio l’operazione nell’insieme, rappresento di seguito, più o meno, le inquadrature che ho selezionato nelle varie “interpretazioni” del parco metropolitano della città di Shanghai: come si vede, si è trattato di operazioni basilari, molto semplici, consistenti in linea di massima nello spostare di lato l’obiettivo o di selezionare particolari più o meno ravvicinati. Tutte operazioni banalissime.
Tutte selezioni che chiunque, basandosi sul proprio “senso comune”, è in grado di fare, e che tuttavia, se analizzate a posteriori, sono capaci di rivelare molto sia del fotografo che del suo “messaggio, già a questo livello.
Perché è questo, quello che accade nel momento stesso in cui – immersi in una realtà complessa come quella che ci circonda – tentiamo di semplificarla: nel momento stesso in cui il nostro occhio si posa su una porzione della stessa e il nostro dito fa “click”, decidiamo cosa ci piace e cosa no, cosa tenere da conto e cosa invece buttare giù dalla torre, scegliendo a quale mini-storia dare più credito e quale porzione di realtà preferire raccontare.
Mi si potrebbe obiettare che è la location specifica che ho scelto per questa riflessione, a prestarsi in maniera particolare a così tanti punti di vista. Vi assicuro: non è così.
Non solo ogni luogo, ma anche ogni esistente ha una sua coordinata, e dunque esiste, intorno a lui, un sopra e un sotto, un dietro e un avanti, una destra o una sinistra, in grado di capovolgere l’orizzonte di senso di ogni eventuale “inquadratura” in base al punto di vista con cui lo si osserva ed eventualmente rappresenta.
Confesso anzi che, quando ho scelto questa foto, non mi sono subito resa conto che, in realtà, il vero fotografo che l’ha inserita nella banca di immagini da cui l’ho scaricata, aveva fatto lo stesso giochino a modo suo, selezionando, tra le altre, questa altra immagine che, come possiamo vedere, cambia una volta in più il punto di vista, creando un vero e proprio “dietro le quinte”:
E se volete vedere le miriadi di porzioni ritagliabili in questa inquadratura, seguite questo link, e vedrete con i vostri occhi 🙂
Ora, per chiudere la mia riflessione (visto anche che il cerchio nello stagno si sta dissolvendo): di quali di queste inquadrature possiamo dire che sono vere o false?Quali sono più belle o meno attraenti? E quali sono più emblematiche?
Ciascuna lo è a suo modo, non c’è dubbio, e contemporaneamente. E dunque, quella che all’inizio poteva sembrare la semplificazione di porzione di realtà – ovvero la condivisione ridotta in forma di immagine di un’esperienza di vita vissuta fatta attraverso una semplice foto – è a sua volta parziale, arbitraria, ed è soprattutto un messaggio che – attraverso il dominio degli occhi e dell’immaginazione – mette in atto una precisa interpretazione della realtà, modificandola, semplicemente decidendo cosa è dentro e cosa è fuori, cosa è incluso e cosa escluso.
Teniamola a mente, questa questione, quando ci vengono consegnate (magari ben prefabbricate) risposte e soluzioni semplici a questioni complesse, in nome magari del buon senso… Perché c’è il caso che di colpo, ci potremmo trovare punto e a capo in un loop di senso senza via di uscita, anziché al vertici di una risoluzione :-
PS: navigando su Instagram ho trovato un hashtag che mi ha colpito e vi consiglio di seguire: #linquadrabilequotidiano.
CREDITS IMMAGINI Immagine di copertina (rielaborata) ID Immagine: 71939241. Diritto d'autore: scyther5 ID Immagine: 41808591. Diritto d'autore: Luca Bertolli Immagini articolo: ID Immagine: 38111819. Diritto d'autore: Iakov Kalinin ID Immagine: 32106753. Diritto d'autore: Iakov Kalinin ID Immagine: 31676496. Diritto d'autore: Luca Bertolli