“Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando.”
ALBERT EINSTEIN
Il lavoro nobilita l’uomo lo rende, cioè, migliore: ma è lo stesso anche per il lavoratore?
In un mondo che sta subendo grandi trasformazioni a causa delle misure emergenziali messe in atto per contenere la diffusione della Covid19 i lavoratori hanno vissuto e stanno vivendo un periodo di incertezze, novità e necessario adattamento a nuovi contesti che non si limitano ad essere lavorativi ma si estendono anche a livello sociale.
C’è sì bisogno di adattamento e nuove competenze (senza dimenticare la riqualificazione delle precedenti) ma tutto questo necessita di un suo tempo; anzi, di più tempi tra i quali senza dubbio un tempo interpersonale, ma anche intrapsichico. E, in un’ottica globale, esiste anche un terzo tempo, quello veloce, a tratti spietato, durante il quale la comunità interagisce con se stessa attraverso le virtuali realtà del digitale.
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Insomma, un tempo del lavoro e una società che attraversa il tempo: i lettori del blog 6MEMES hanno premiato, con il loro consenso sui social, gli articoli che, nel periodo da marzo a maggio 2022, hanno cercato di dar voce all’evoluzione di una società guidata dal digitale che, forse, dimentica di chiedere tempo ma dovrebbe riscoprirne la necessità per migliorare le proprie competenze e i rapporti con i simili.
PRIMO TEMPO: il lavoro che migliora l’uomo.
Gli standard sulla formazione definiscono, in generale, le competenze in relazione a specifici ambiti relativamente alle conoscenze e alle abilità. Queste specializzazioni, in molti casi, si suddividono in ulteriori sotto-specializzazioni – come accade nello specifico per le professioni del mondo web – necessarie per gestire strumenti la cui complessità va aumentando continuamente nel tempo. Come afferma Giulio Destri nel suo articolo ‘L’importanza della competenza nel lavoro’:
“Anche se vi sono alcune abilità e conoscenze di base la cui validità è perenne, moltissime invece “invecchiano” e devono essere sostituite con nuove”.
Tutto questo comporta una iperspecializzazione che
“[…] comune a molti settori, pur necessaria, spesso tende a creare problemi di comunicazione fra le persone.”
Nel corso della propria vita, lavorativa e non, è quindi indispensabile dedicare tempo a imparare, se si vuole mantenere la competitività del sistema produttivo. Senza dimenticare come, per evitare pericolose tensioni sociali, dovrà anche essere organizzata la riqualificazione di migliaia di persone le cui competenze tendono a diventare obsolete.
SECONDO TEMPO: l’uomo che migliora il suo tempo.
Acquisire competenze comporta studio e tempo; il lavoro stesso prevede un’esecuzione condizionata e guidata dal tempo. In generale, qualunque aspetto della vita coinvolge il concetto di tempo.
Dall’avvento della rivoluzione industriale e l’ingresso in una società che ha eletto suo fine ultimo l’ottenimento del bene materiale, il tempo ha gradualmente abbandonato e messo a tacere la sua componente psichico-emotivo, per esser confuso con la produttività: l’unico tempo di valore è quello della produzione.
“La lentezza viene percepita spesso con caratteristiche negative, associata a pigrizia e inconcludenza o, se va bene, guardata con commiserazione, come un limite”
afferma Sonia Bertinat nell’articolo: Essere agili in un mondo complesso: tempo intrapsichico e interpersonale.
Eppure, esiste anche un tempo interiore proprio di ogni essere umano, che ha necessariamente bisogno di lentezza, come anche il nostro tempo interpersonale. Oggi, spesso, vengono elogiati la velocità, il multitasking, il lavorare per molte ore al giorno come segno di impegno ed efficienza: ma le conoscenze o abilità che apprendiamo necessitano di un tempo di sedimentazione che non può essere accelerato.
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La conoscenza di sé e del mondo richiede, infatti, tempo per valutare ciò che va tenuto, valorizzato e sedimentato e ciò che, invece, può essere lasciato andare in quanto non utile alla nostra vita. Che si parli di crescita o di “ristrutturazione di sé” o di “decostruzione” di sé.
“Una vita in cui conti solo la meta da raggiungere, il risultato finale, è per forza una vita accelerata […]. Ma una vita ricca e rispettosa di tutte le nostre esigenze deve essere fatta di percorsi non necessariamente lineari, di tappe, di step di valutazione e ricalibrazione. E questo implica un giusto equilibrio tra velocità e lentezza.”
TERZO TEMPO: le virtual communities.
E il tempo digitale dove si può inserire in tutto ciò? Esso vola basso, afferra l’uomo e ne trascina l’avatar nelle vorticose acrobazie delle virtual communities, che dilagano, rimbombano e ci spiazzano.
Secondo le parole di Carlos Melendez – membro del Forbes Technology Council – riportate da Sara D Paolo in Comunità che ci sorprendono, comunità che ci spaventano:
“Il metaverso è pronto a diventare la prossima grande pietra miliare nell’evoluzione di internet che cambierà il modo in cui lavorano le imprese private e pubbliche.”
E questa rivoluzione sarà guidata dal consumatore che è, ormai, abitante di comunità virtuali e, in primis, uomo che sceglie di dedicare il suo tempo per meglio capire e sfruttare le rivoluzioni tecnologiche in corso.
Il dibattito che ha acceso molte comunità virtuali italiane negli ultimi mesi non si è limitato al solo mondo del metaverso: tra i temi più trattati e commentati c’è stato anche quello dei diritti collegati al nostro utilizzo di internet e la reale capacità di scelta che sappiamo e vogliamo mantenere quando si accede a questo universo:
- Scelte di tempo e fiducia, che siano un contributo di crescita personale ma anche incentivo di sviluppo alla curiosità e predisposizione ad accettare dei membri virtuali di una comunità.
- Scelte lesive di odio, che mostrano il lato oscuro dei nostri comportamenti digitali, quali attacchi di cyberbullismo, casi di pedopornografia digitale e produzione di contenuti digitali lesivi o diseducativi per bambini e ragazzi.
Occhio al tempo, quindi, e a chi o come si decide di utilizzarlo.
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