In Italia e in Europa – ma più estesamente anche a livello internazionale – il tema di “genere” è molto dibattuto, oggetto di una riflessione sociologica che si riverbera nella politica e nell’attività legislativa, entrambe investite da decisioni cruciali.
E se tradizionalmente tale fondante questione, negli esseri umani, ha mantenuto a lungo saldi i poli opposti del femminile e del maschile assieme alle reciproche peculiarità, dando quasi sempre per scontata la connotazione “naturale” della divisione dei ruoli, è la Natura in prima persona a smentire questo punto di vista, con un’eccezione davvero esemplare.
Parliamo dell’ippocampo, più noto come “maschio” del cavalluccio marino, in cui questa differenza di genere non è affatto marcata né dal punto di vista comportamentale né da quello delle funzioni biologiche a lui attribuite da Madre Natura. L’ippocampo, infatti, può vantare la peculiarità di sostituirsi alla compagna non solo nelle cure parentali – cosa che in sé potrebbe non stupire più di tanto – ma addirittura nella fase della gestazione. Sentite un po’ come!
Partiamo innanzitutto con la sua presentazione, anche se forse non ce ne sarebbe bisogno: si tratta di una creatura diffusa nelle acque temperate e poco profonde di tutti i mari, e la sua forma lo rende immediatamente riconoscibile, soprattutto per via del lungo collo e del profilo della testa simile a quella di un cavallo, appunto.
Ma se il cavalluccio marino è uno dei pesci più presenti alla memoria di ciascuno, per lo meno dal punto di vista estetico, un’altra caratteristica comportamentale lo distingue: ha infatti subito un’evoluzione tale (grazie alla riduzione o addirittura alla perdita di molte delle pinne originarie, e con la trasformazione della pinna caudale in una coda prensile) da fargli assumere la tipica posizione “verticale” con cui avanza nell’acqua, a differenza degli altri animali marini che solitamente procedono orizzontalmente.
E se tutto ciò non bastasse a renderlo speciale, parliamo allora di quanto lo rende veramente straordinario: il comportamento amoroso e infine riproduttivo, per cui annovera una serie di singolari ed eccezionali performance.
Vediamo quali.
Innanzitutto la fedeltà tra i partner, che si esprime, tra l’altro, in una danza di oltre 15 minuti perfettamente sincronizzata, eseguita in un’affascinante sequenza di movimenti e cambiamenti di colore: attraverso gli studi di etologia si è potuto comprendere come questa danza rituale abbia anche una sorta di funzione “emotiva”, tanto che il legame fra i due pesci continua fino alla morte di uno dei due.
Assolutamente eccezionale poi è la pseudo gravidanza dell’ippocampo maschio: quando lo stato ormonale è appropriato, durante il rituale della danza di corteggiamento, il cavalluccio accoglie nella propria tasca, posta sul ventre, un filamento di uova provenienti dalla femmina.
Dopo averle fecondate, il futuro padre inizia ad occuparsene con pazienti ed amorevoli cure. Nel periodo d’incubazione inoltre, la pelle della sacca si arricchisce di vasi sanguigni e di speciali cellule che producono sostanze nutritive per gli embrioni, e al suo interno si creano condizioni simili a quelle che, una volta nati, i figli troveranno all’esterno.
Dopo diverse settimane, giunto al termine della “gravidanza”, attraverso una serie di contrazioni ritmiche dei muscoli della sacca, con il respiro affannoso e persino con un cambio di colore della livrea, il futuro padre espelle da 20 a 1000 minuscoli ippocampi lunghi circa 7 millimetri.
E lo stretto legame tra il neo padre e i pesciolini non si esaurisce qui: il “mammo cavalluccio”, infatti, continua a seguirli anche dopo il parto, perché li accoglie nella sua sacca per nutrirli, fino al momento in cui sono in grado di provvedere da soli a se stessi. E se anche un altro animale del regno marino potrebbe contendergli un qualche primato (parliamo del pesce ago, capace anch’esso di partorire i propri piccoli) non può certo sottrargli il primato della fedeltà e dell’amore per la prole, espressioni caratteristiche solitamente di istanze affettive di genere femminile.
Nella scacchiera ben disegnata e preordinata di significati tra loro opposti o complementari, quali bianco e nero, femmina e maschio, madre e padre e via dicendo, il cavalluccio marino scombina dunque ogni schema precostituito, dandoci ancora una volta una lezione: l’evoluzione non si formalizza più di tanto tra “culturale” e “naturale”, facendosi a sua volta madre e padre di se stessa.
PS: non credete anche voi che in un ipotetico mondo animale organizzato come la nostra società umana, il cavalluccio marino sarebbe davvero il marito ideale?
Per saperne di più
– www.archiviostorico.corriere.it