L’arte di costruire luoghi: inno a un’architettura della vita inclusiva e sostenibile. Di Alessandro Silva.

Alessandro Silva

Alessandro Silva

Biologo Molecolare • Digital Copywriter

Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Knowledge and control: dalla complessità dei dati all’informazione

“Talvolta l’architettura cerca il silenzio e il vuoto in cui la nostra coscienza si possa ritrovare.”

RENZO PIANO

 

I luoghi che abitiamo sono sempre più “artificiali”, ma questo non vuol affatto dire che debbano essere estranei alla natura e al di là dei nostri bisogni più esistenziali e perfino “viscerali”.

C’è anzi bisogno di LEGGEREZZA e SENSIBILITÀ, ossia di una reale presa in cura di forma e sostanza delle interazioni e delle azioni tra gli esseri umani, e tra gli esseri umani e ciò che li circonda – sia esso l’ambiente ristretto della propria abitazione o quello più vasto del mondo.

L’arte di formare per eccellenza spazi fruibili ai bisogni umani è compito dell’architettura mentre l’architetto è il vero e proprio deus ex machina della situazione, come si evince dall’etimologia della parola greca ARCHITEKTON composta da Archè, particella prepositiva che denota preminenza, eccellenza, e tek-ton, l’artefice che compone. 

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L’architetto è dunque il primo artefice, colui che possiede e sviluppa l’arte del fare e del progettare. E anche chi, forte di una profonda conoscenza dell’ambiente e l’uomo che lo abita, possa incentivare:

  1. l’approccio a un’architettura filosofico-scientifica, figlia di visioni che indaghino sul senso stesso del suo esistere nel mondo, e dei rapporti che la legano a uomo e ambiente;
  2. un’architettura adattabile al contesto sociale e climatico, dunque responsiva e promotrice di una rigenerazione urbana votata alla sostenibilità;
  3. un ritorno all’origine, ossia promuovere l’attività di chi provveda a dar norma razionale alla costruzione di spazi a scarso impatto distruttivo che emulino gli insegnamenti della natura. 

Un concetto di architettura, quindi, priva di muri ideologici fuorvianti e, di fatto, anche di rigidi muri materialmente reali e poco adattabili. 

 

L’approccio a un’architettura filosofico-scientifica: come vivremo insieme?

“Come vivremo insieme?” E’ questa la domanda con la quale si è presentata al pubblico la 17° edizione della Biennale di Architettura a Venezia, nel 2021, curata dall’architetto libanese Hashim Sarkis:

“In un contesto di divisioni politiche acutizzate e disuguaglianze economiche crescenti, chiediamo agli architetti di immaginare spazi in cui possiamo vivere generosamente insieme”.

Hashim Sarkis ha dunque chiesto agli architetti partecipanti di cimentarsi in una coraggiosa sfida: mettere l’architettura di fronte alla scommessa della porosità, ossia fungere da matrice di supporto per accogliere – o meglio assorbire – e integrare le realtà sociali di oggi (non necessariamente solo umane), generando nuovi spazi più congrui per nuove opportunità di convivenza.

Numerosi e notevoli per interesse e capacità di visione alternativa sono stati i progetti proposti. Eccone alcuni:

 

  • Studio Ossidiana – Giovanni Bellotti e Alessandra Covini hanno presentato un paesaggio modulare integrabile in una città per la coabitazione sostenibile tra esseri umani e uccelli. Tra torri e trespoli di varie altezze, e unità architettoniche modulate per il gioco, la raccolta di acqua o l’esposizione di cibo, la Platform for Humans and Birds vuole essere uno luogo dove esprimere un nuovo gradiente di relazione tra specie ed esplorare: 

[…] la relazione con gli uccelli come forma di gioco, proponendo una superficie-paesaggio dove negoziare confini, territori, risorse e concessioni per l’una e l’altra specie. Man mano che le relazioni evolvono così fa la piattaforma; man mano che i confini vengono tracciati, modellati, negoziati, i territori appaiono e si dissolvono.

Il tutto realizzato in materiali prodotti dalla combinazione inusuale di calcestruzzo, pigmenti, pietre, sabbia e cemento in diverse proporzioni. E ancora blocchi di suolo creati da argilla espansa, canapa, carbone o sale, legati da calce e colorati con spezie, per ottenere forme nuove di terreno che possono subire trasformazioni, fungere da alimento e adattarsi a vari contesti climatico-ambientali. 


  • ecoLogicStudio – Claudia Pasquero e Marco Paoletto. 15 litri di terreno di coltura con sostanze nutritive, contenenti un ceppo fotosintetico vivo di Spirulina (microbi unicellulari indicati come alghe blu-verdi) in grado di assorbire, giornalmente, l’equivalente in CO2 di due giovani alberi, producendo la quantità di ossigeno pari a quella di 7 piante d’appartamento. 

Stiamo parlando del progetto BioBombola, un giardino – o, meglio, ‘fotobioreattore’ – di alghe domestiche perfettamente integrabile nell’architettura domestica, per consentire a nuclei famigliari e singole persone non solo di favorire l’ossigenazione dell’ambiente domestico attraverso una quotidiana e appagante interazione con elementi naturali ma persino di coltivare la spirulina – fonte di preziosi nutrienti – allo scopo di integrarla nella dieta.

C’è un valore non sfruttato nel portare la bio-intelligenza dei sistemi naturali nelle città, trasformando gli edifici in macchine viventi che producono energia e puliscono l’aria. Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo pensare al mondo vivente come parte dell’attuale rivoluzione digitale, in modo che la natura diventi componente di una nuova infrastruttura bio-intelligente.

 

Un’architettura adattabile: la Soft Architecture (o architettura morbida).

Non solo Biennale ma anche Expo 2020 Dubai. La capitale asiatica, sino a fine marzo 2022, si tramuterà nell’ideale vetrina in cui i paesi partecipanti esporranno modelli e progetti innovativi inerenti al tema “Connettere le menti e creare il futuro”, ossia favorire l’intreccio dei potenziali creativi per generare innovativi sistemi di comunicazione e accessibilità sostenibile alle risorse ambientali.

In tal senso un ruolo di rilievo lo potrà svolgere l’architettura così definita ‘morbida’: un’architettura capace di adattarsi agli effetti dei mutamenti sociali, climatici e politici (sempre più imprevedibili) e che sia strumento duttile, ossia generatore di un processo che, a partire dalla qualità dei materiali, possa definire nuove strategie sociali e modelli di pensiero proiettati a sostenere il benessere e la qualità di vita nelle città.

Proprio la soft architecture è la migliora risposta alle esigenze di trasformazione degli spazi urbani aperti che, durante la pandemia, sono divenuti luogo d’elezione per ospitare attività e relazioni sociali. Un intervento architetturale responsivo dovrebbe allora:

  • evitare l’aumento di densità o il consumo di suolo e materiali non rinnovabili; 
  • promuovere l’uso circolare, e a basso impatto ambientale, di materiali ‘morbidi’ per contrastare il riscaldamento urbano.

Degno di interesse nel contesto Expo è senza dubbio la fibra i-Mesh, un tessuto speciale realizzato da una startup di Numana, nelle Marche, utilizzato per realizzare ‘Thematic Concourse’, il più grande modulo di coperture retrattili senza travi mai realizzato, per proteggere dall’eccessiva radiazione solare e creare zone di comfort urbano.

 

i-Mesh – Alberto Fiorenzi

  • 52.426 m² di superficie totale, altamente riflettente;
  • 2.7 km di coperture retrattili, senza travi di sostegno trasversali che ha comportato 30 km di alluminio estruso risparmiati e 31 tonnellate di CO2 che non saranno rilasciate nell’ambiente;
  • 6 tipi di fibre (di cui 4 minerali: carbonio, basalto, volcano e fibra di vetro) e un polimero termoplastico, separabile dalle fibre durante le operazioni di riciclo.

i-Mesh si propone come nuovo modello di tessile, un filo che diviene trama e sviluppa il dialogo tra architetti e designer, ingegneri e filosofi e tra tutti questi e la natura. Natura vigile e perentoria nel ricordare come, ora più che mai, sia indispensabile il rispetto e l’ascolto che porti a una visione comune e sostenibile dell’ecosistema. 

 

Un ritorno all’origine: l’architettura biomimetica.

La necessità, dunque, è quella di un’architettura più ‘costruttiva’ che preveda una programmazione territoriale fondata su dinamiche spaziali, sociali e culturali in piena armonia tra loro, e che applichi alla natura il ruolo di Modello, Misura e Guida. 

Un’architettura biomimetica, insomma, ispirata al concetto di biomimesi, ‘la pratica, di recente formazione, che studia e imita i processi biologici e biomeccanici della natura e degli esseri viventi come fonte di ispirazione per il miglioramento delle attività e tecnologie umane’.

Come può la biomimetica intervenire e proporre soluzioni al cambiamento climatico? […] La natura non conosce lo spreco, bensì il riciclo. La convivenza tra natura e architettura è la chiave fondamentale per aprire la porta all’emulazione. […] La vera rivoluzione si può ottenere imparando i segreti più nascosti della natura e da questi trarre ispirazione per poi applicarli in maniera intelligente, piuttosto che impossessarsene senza capirne il vero valore.”

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Motivi floreali e intrecci di foglie: la morfologia delle perfezioni in natura trova proiezioni all’esterno delle costruzioni a partire dai greci e dai romani, che possiamo considerare pertanto precursori della scienza biomimetica. Con l’ingegno di Leonardo da Vinci, vero precursore del biomimetismo, oltre al puro piacere visivo di entrare in contatto con la riproduzione di forme della natura si aggiunge il mirabile tentativo di una scrupolosa analisi delle sue leggi per sfruttarne le funzioni a vantaggio dell’uomo. 

Passando da Gaudì, e i suoi edifici-foresta, all’architettura organica di Frank Lloyd Wright – la cui massima espressione, Fallingwater (la casa sulla Cascata) è un perfetto dialogo interno ed esterno tra elementi naturali e artificiali – si arriva a parlare di vera e propria biomimetica verso la metà del 1900, grazie all’inventore, ingegnere e biofisico Otto Herbert Schmitt, il quale raggruppa nella parola ‘biomimetica’ le soluzioni tecnologiche bio-ispirate.

“Biomimicry, innovation inspired by nature” è la pubblicazione della biologa americana Janine Benyus che, infine, divulga al mondo la biomimetica. L’opera di diffusione si concretizza poi nel Biomimicry 3.8, un laboratorio nato per offrire consulenza nel tradurre in tecnologie utili all’uomo quanto di più innovativo ha ideato la natura. 

 

Dalla torre biodegradabile Hy-Fi – il cui nome è un chiaro riferimento alle ife, i filamenti fungini il cui intreccio ha creato gli oltre 10.000 mattoni dell’edificio – esposto nell’estate 2021 presso il MoMa, al Bullitt Center, progettato per imitare le funzioni fisiologiche di un albero – con sonde geotermiche che, come radici, affondano nel terreno, e una copertura fotovoltaica per immagazzinare l’energia solare alimentante i vari impianti – molti sono i mirabili esempi di architettura biomimetica.

La torre Hy-Fi vista dall’interno

Ognuno di essi sviluppa un pieno concetto di armonia e coesistenza con la Terra e le sue risorse ormai limitate, come è sempre bene ribadire.

 

Perchè la vita continui, nella pace.

Catastrofe dopo catastrofe – compresi i giorni inauditi che stiamo vivendo – l’uomo dovrebbe ormai essersi reso conto di quanto la necessità di empatia e sensibilità con i simili e la natura depauperata debba sfociare in una sua piena e consapevole emulazione, a partire dall’ambiente urbano. E, anche se questa lezione sembra che non la impariamo mai, non vuol dire che non vada perseguita.

Il titolo-domanda della Biennale Architettura 2021, ‘How will we live together?’ è così invito e presa di coscienza che, già ricorrente nel corso della storia, diventa ora rilevante urgenza di rinascita: ecco come occorrano allora soluzioni concrete (how) che, estrapolate dall’immaginario architettonico, siano rivolte ad una visione futura (will) in cui non solo gli esseri umani ma qualunque specie (we) possano esprimere il miglior concetto di abitare la vita (live) in spazi comuni sostenibilmente organizzati (together).

[bctt tweet=”Diamo un’opportunità alla Sostenibilità. Pianifichiamo strategie architettoniche che consentano relazioni armoniose tra ogni vivente di una società straordinariamente variegata.” username=”MapsGroup”]

Diamo un’opportunità alla Sostenibilità. Pianifichiamo strategie architettoniche – costruite su fondamenta di memoria e consapevolezza dell’innovazione – che naturalmente dissolvano in un perfetto connubio con la loro fonte ispiratrice naturale, e consentono relazioni armoniose tra ogni vivente di una società straordinariamente variegata. Perché la vita continui, nella pace.

Alla prossima,

Alessandro Silva

 

 


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