Nei precedenti articoli abbiamo visto i nuovi scenari di servizio resi possibili dalle nuove tecnologie, il ruolo delle persone entro i settori tecnici e specialistici, in primis l’ICT., e analizzato con precisione la figura del Business Analyst, che deve essere dotato di grandissime doti comunicative.
Vediamo ora più nel dettaglio questo focus, ovvero analizziamo il ruolo del professionista tecnico-specialistico nei suoi aspetti di vero e proprio “comunicatore”.
Oggi, infatti, sia nel lavoro che nella vita quotidiana, operiamo in un mondo sempre più complesso e interdipendente. Le aziende e le organizzazioni tendono ad essere divise in compartimenti funzionali (ufficio vendite, ufficio acquisti, controllo qualità…) dotati a loro volta di interfacce di comunicazione attraverso cui interagiscono.
L’iper-specializzazione degli individui, inoltre, tende a rendere la comunicazione più difficoltosa: se un esperto di marketing deve comunicare con un esperto di infrastrutture informatiche, ad esempio, ciascuno dei due si cimenterà (quasi) con un’altra “lingua”.
E tuttavia, mai come oggi, è necessario comunicare con tutti gli interlocutori coinvolti nei processi aziendali, per fare sì che l’impresa stessa svolga per intero il suo ruolo nel mercato.
Chi si trova a gestire ruoli di analisi e/o coordinamento (come ad esempio vale per i Manager, i Project Manager, i Business Analyst o i Direttori di Cantiere nel contesto di Ingegneria Civile e Industriale), diventa molto spesso l’interfaccia privilegiata di comunicazione fra entità organizzative differenti, a loro volta composte da individui che hanno cononoscenze, storia professionale e linguaggi specialistici diversi, come viene schematizzato nella figura seguente:
Gli stessi team di lavoro – in molti casi – sono eterogenei in partenza, e riuniscono al proprio interno professionalità diverse. Un gruppo di lavoro sulla sicurezza delle informazioni e/o sulla privacy, per esempio, potrebbe comprendere informatici, avvocati e ingegneri gestionali, oltre che Etical Hacker.
In una prima approssimazione si può pensare che, per realizzare questa comunicazione in modo efficace, sia sufficiente uno dei metodi classici di Business Analysis degli anni ’80 e ’90, che presuppone che basti imparare il lessico dei vari settori e usarlo con precisione nella comunicazione.
In fin dei conti – si ritiene il più delle volte – si tratta di comunicazione lavorativa, e dunque per sua definizione puramente razionale, a basso contenuto emotivo e destinata alla mente logico-razionale dei destinatari. Comunicazione intrinsecamente diversa, quindi, da quella orientata alla vendita e/o al marketing, a maggior ragione in un settore all’apparenza puramente logico come l’ICT…
Ma è veramente così? Non proprio, come vedremo tra poco.
Le norme stesse lo dicono: bisogna saper comunicare
Nella scheda del profilo del Business Analyst definita dalle norme UNI 11506, UNI 11621-2 e EAN 16348 (normativa dell’Unione Europea che estende a tutta Europa le due precedenti) si individuano come competenze assolutamente necessarie le seguenti, definite a loro volte nell’European E-Competence Framework:
Allineamento strategie tra Sistemi Informativi e Business.
Sviluppo del Business Plan.
Miglioramento di Processo.
Identificazione dei fabbisogni.
E nella definizione di queste competenze, a sua volta l’E-Competence Framework definisce come basilari, tra le altre competenze e skill, le:
tecniche di comunicazione;
tecniche di narrazione (“Story telling”);
capacità di proporre i cambiamenti di processo (che richiede enormi capacità comunicative e di convincimento).
Analogamente, nella normativa ISO/IEC 27021, che definisce il ruolo del professionista dei sistemi di gestione della sicurezza delle informazioni, sono nominate esplicitamente come conoscenze fondamentali:
Leadership.
Teoria e metodi di comunicazione.
Tecniche di comunicazione.
Quindi, già a livello normativo, viene riconosciuta la necessità di saper comunicare anche per figure in apparenza tecniche o di congiunzione fra il settore tecnico e il business. I migliori manager sanno già che saper comunicare è fondamentale in qualsiasi ambito, anche “tecnico puro”.
Se analizziamo i dettagli delle richieste delle norme sopra elencate troviamo che saper comunicare significa:
Apparire come leader – e quindi essere ascoltati.
Guidare nel cambiamento – e quindi motivare e convincere.
Usare tecniche complesse con contenuto emotivo come lo storytelling.
La comunicazione tecnica, pertanto, non è soltanto una traduzione di contenuti, ma ha anche un forte impatto emotivo. Ecco quindi che, per realizzare una comunicazione tecnica efficace, presupposto fondamentale per il successo di progetti ed aziende, bisogna costruire una metodologia molto più ampia.
Un modello per la comunicazione tecnico-specialistica efficace
Nei miei anni di esperienza sul campo – esercitata in vari ruoli nei settori sia organizzativi che e tecnologici – ho potuto vedere, sentire e toccare con mano quanto, durante una comunicazione tecnica, sia importante l’aspetto emotivo e la vicinanza al “modello mentale” dell’interlocutore.
Allo stesso modo – studiando Coaching, PNL per la comunicazione, intelligenza emotiva e neuro-marketing – ho potuto apprendere e comprendere le basi culturali, psicologiche e percettive che stanno alla base di tali punti di vista.
Infine, dopo avere insegnato questo tipo di comunicazione in molte edizioni di corsi per Business Analyst e Project Manager, mi sono reso conto della necessità di applicare tali metodologie in tanti altri contesti lavorativi, sia professionali che aziendali, ricavandone infine un corso specifico che ho erogato con successo in contesti complessi quali ad esempio gli ordini professionali e gli istituti di ricerca. A riprova ulteriore di come il tema sia assolutamente sensibile.
Per comprenderne i “fondamentali” di tale approccio, partiamo dunque da un presupposto di base, ovvero:
Cosa è la comunicazione?
Tradizionalmente, essa si definisce attraverso gli scopi che persegue nonché gli attori che investe (e il loro contesto) e infine la tecnologia che utilizza per dispiegarsi. Il filo “narrante” del processo comunicativo è così riassumibile:
lo scopo della comunicazione è trasmettere informazione da un mittente ad un destinatario;
ricevere informazione aumenta la conoscenza del destinatario;
il destinatario, di solito, attiva una re-azione all’informazione ricevuta.
Il modello base per la comunicazione è mostrato nella figura sottostante:
A questo punto, è importante soffermarci su alcuni concetti specifici.
Nel caso della comunicazione interpersonale, infatti, la sorgente è la mente del mittente, che contiene le “idee” che a loro volta vengono convertite in parole attraverso la conoscenza del mondo del mittente (ossia il suo “modello mentale”) e le relative associazioni idee-parole (tramite il processo di codifica delle idee in parole).
Nel caso di linguaggio parlato, inoltre, è bene ricordare che, accanto alle parole, tante informazioni vengono trasmesse anche dal modo con cui le pronunciamo (linguaggio paraverbale) e dalle espressioni del viso e del corpo con cui le accompagniamo (linguaggio non verbale).
Occorre anche avere presente che – come dimostrato già negli anni ’60 da Albert Merhabian – in caso di non coerenza fra il contenuto verbale, paraverbale e non verbale di un messaggio, l’ultima e la seconda prevalgono sulla prima. E di questo ci accorgiamo in tutti quei casi in cui, pur essendo il contenuto verbale impeccabile, “qualcosa” ci ha trasmesso non coerenza, creando in noi un senso di sospetto e diffidenza.
Nel caso del linguaggio scritto, infine, la punteggiatura, il corsivo e il grassetto possono corrispondere alla componente paraverbale, mentre l’uso dei font e la formattazione possono ricondurre alla componente non verbale.
In generale, comunque, accade che il messaggio, sotto forma di onde sonore (per le componenti verbali e paraverbali) e di luce (per le componenti non verbali) viaggia nell’aria e giunge ai ricevitori del destinatario (ossia gli organi di senso), che compiono la prima parte della decodifica.
Ma non tutto fila sempre così liscio, anzi: durante il tragitto il messaggio può subire alterazioni (per esempio, in una telefonata con qualità dell’audio pessima) o essere offuscato da una serie di disturbi (si pensi, ad esempio, a una conversazione in ambiente rumoroso). Facilmente, quindi, potrà giungere al destinatario in modo imperfetto.
Come se non bastasse, una volta raggiunto il destinatario, il messaggio, per essere compreso, necessiterà di un ulteriore e complesso processo di elaborazione da parte del ricevente.
Se ne deduce che ciascun mittente – se vuole conseguire il suo scopo ed essere efficace nella sua esposizione, riducendo a priori i possibili rischi di fraintendimento o non comprensione – deve conoscere e comprendere a priori tutte queste caratteristiche della comunicazione, in maniera da garantire il più possibile il suo approdo efficace alla destinazione finale. Destinazione che – nel caso la comunicazione sia di tipo tecnico – è definibile come la componente logico-razionale della mente del destinatario.
Essere consapevoli di ciascuno di questi meccanismi, inoltre, non serve solo per acquisire leadership o vendere bene, ma anche e soprattutto per lavorare meglio ogni giorno.
E’ dunque importante che questo tipo di competenza – conforme tra l’altro a quanto richiesto dalle normative – diventi progressivamente sempre più patrimonio di base dei professionisti dei settori tecnici ed organizzativi.
Approfondimenti:
Robert Dilts – Creare Modelli con la PNL – Ed. Astrolabio, 2003.
Shelle Rose Charvet – Le parole della Mente: eccellere nel linguaggio di Influenza – Ed. FrancoAngeli, 2013.
Oren Klaff – Pitch Anything: la presentazione perfetta – Ed. ROI Edizioni, 2017.
Daniel Goleman – Lavorare con Intelligenza Emotiva – Ed. BUR, 1998.
Paolo Borzacchiello – PNL per la vendita – Ed. Alessio Roberti Editore, 2015.
Giulio Destri – Manuale di PNL per la pratica nella Vita Professionale – Ed. Amazon, 2016.