Siamo arrivati all’ultimo meme di Calvino in questo nostro viaggio all’incrocio tra i tag del blog 6MEMES e il concetto di Interoperabilità.
La sesta lezione di Italo Calvino – incompiuta a causa della sua prematura scomparsa – sarebbe stata dedicata a un tema di cui purtroppo non sapremo mai il titolo definitivo, anche se restano a nostra disposizione i suoi appunti, dai quali scopriamo in primo luogo le ragioni del titolo che l’autore avrebbe voluto dare alla lezione:
“in origine, il titolo della sesta lezione doveva essere Openness, «da intendersi non come ‘franchezza’, bensì nel senso di apertura, proporzione spaziale tra uomo e mondo». In seguito il titolo fu mutato in Consistency, da tradursi con coerenza.”
Da parte mia, sulle orme di quanto indicato, chiuderò la mia serie di riflessioni sui tag calviniani scegliendo la strada della Coerenza, anche perché mi sembra quella più interessante e appropriata rispetto al nostro contesto.
Mi spiego meglio, o almeno cerco di farlo.
È chiaro che all’interno del nostro inedito rapporto Uomo-Macchina le variabili in gioco (come abbiamo visto negli articoli precedenti) sono innumerevoli, alcune visibili e altre no, ma sicuramente tutte in rapida evoluzione e senz’altro di prossimo incremento anche a causa degli scenari (purtroppo pessimi) che abbiamo davanti in questi mesi in tema di immobilità “forzata” della nostra specie.
Perché, se è vero che la pandemia in corso ha accelerato da un lato il nostro ricorso alla “Macchina” attraverso quel mezzo di traduzione universale che è il linguaggio digitale, dall’altro ha aperto scenari interi di complessità, spesso aggrovigliati tra punti critici e incapacità ad inter-operare (appunto).
Proprio in un orizzonte così incerto e frammentato, dunque, la Coerenza può essere il necessario punto di convergenza tra noi e la Macchina, se vogliamo che questa “storia” vada a finire bene…
Un esempio per tutti?
La famosa “tracciabilità” di cui tanto si parla e che riguarda per lo più la celebre (ma non scaricata a sufficienza) Immuni, che avrebbe dovuto mettere a sistema le capacità dell’Uomo nel disegnare scenari strategici di prevenzione (del contagio) e le infinite possibilità della Macchina nel gestire e governare flussi e dati in maniera ben più esponenziale di quanto i nostri limiti umani ci consentano.
Così non è andato, purtroppo, per ora. E perché non ha funzionato?
Da un lato ci sono i tifosi di una delle due fazioni che si scagliano contro di lei, la Macchina, sostenendo che è stata progettata male , mentre gli altri, dal fronte opposto, si scagliamo contro la presunta inefficienza dell’Uomo, che è stato capace di utilizzarla o lo ha fatto troppo poco…
La realtà, io credo, è che non c’è Macchina che possa funzionare bene se non è “guidata” da Uomini adeguatamente informati e addestrati per LAVORARVI INSIEME. In una parola sola: per essere a loro volta interoperabili con la forma di tecnologia di cui si dispone.
A tal proposito, ora, con un call center istituito dall’ultimo decreto che prevede un team di persone dedicate a gestire i vari flussi di dati, sembra che vi si stia mettendo una soluzione.
Ma cosa è mancato fin dall’inizio? Direi una visione d’insieme, capace di prevedere (prima) e mettere ordine (poi) nella complessità di un processo così strategico da essere addirittura vitale, e la cui assenza di fluidità ne ha parzialmente rallentato l’esito…
Andante, leggero e sincronico…
Per proseguire nel nostro discorso mi voglio rifare a un articolo illuminante di Marinella De Simone, che ho scoperto di recente in rete e che prende il via con una citazione sulla “sincronia”, come vedremo insieme nel prossimo paragrafo.
“Da molto tempo l’esistenza di un ordine spontaneo nell’universo sconcerta gli scienziati.
Sincronia. I ritmi della natura, i nostri ritmi – Steven Strogatz
Questa capacità di visione ricordata nell’articolo di Marinella De Simone mi ha fatto subito venire in mente un meme molto comune ai giorni nostri: l’inquadratura della terra vista da lontano (o meglio da uno dei vari satelliti in orbita) che mano mano si stringe su particolari anche minimi del nostro pianeta e viceversa.
Il fatto che noi – finalmente – oltre che immaginare l’Universo grazie alle parole visionarie di poeti e scrittori, possiamo in qualche modo vedere tutto ciò dal vero, lo dobbiamo, in pratica, alla “Macchina”, che ci consente di uscire dal nostro naturale contesto percettivo per avventurarci in luoghi (anche del pensiero) un tempo inimmaginabili.
Immuni, e l’aiuto che ci potrà (o potrebbe dare) ne è uno straordinario esempio: là dove noi non possiamo certo metterci a fare migliaia di telefonate al giorno per seguire vertiginosi tracciamenti, ecco che una piccola app nel nostro device potrebbe farlo con facilità. Con il nostro aiuto, certo. Soprattutto se ci decidiamo, finalmente, a mettere un po’ di ordine in tanto disordine generato tra noi e la cosiddetta tecnologia…
Vorrei quindi proseguire il mio ragionamento proprio con le parole dell’autrice che ho appena citato. Cosa ci racconta, infatti, nel proseguire la sua riflessioni a proposito della seconda legge della termodinamica?
Innanzitutto che essa
“È un confine di probabilità tra passato e presente, presente e futuro. Il passato è ordinato: poche forme possibili, che hanno una bassa probabilità di manifestarsi (…) mentre il futuro è disordinato: tante forme possibili (…)”
Dopo aver sottolineato come questa differenza tra un prima e un dopo dipende dalla “sfocatura” con cui osserviamo la nostra realtà, l’autrice ci illustra infine che, tuttavia,
“c’è una forza che si manifesta in senso opposto all’entropia, ed è la sincronia. La sincronia è forse la spinta più pervasiva dell’universo (…). È una tendenza profonda che porta all’ordine spontaneo in natura e che contrasta l’entropia.”
Trovo questo testo memorabile e particolarmente significativo alla luce delle nostre riflessioni.
E mi viene in mente, ad esempio, il lavoro incessante di ogni scrittore – ma anche musicista, pittore, o inventore – in cui, come scrive Calvino:
“Fino al momento precedente a quello in cui cominciamo a scrivere, abbiamo a nostra disposizione il mondo – quello che per ognuno di noi costituisce il mondo, una somma di informazioni, di esperienze, di valori – il mondo dato in blocco.
E noi vogliamo estrarre da questo mondo un discorso, un racconto, un sentimento: o forse più esattamente vogliamo compiere un’operazione che ci permetta di situarci in questo mondo.”
Ecco allora che, alla fine, possiamo ricongiungerci in una sola, corale e fin struggente considerazione: cos’altro è la nostra esistenza se non un tentativo continuo, duraturo e coerente di dare un ordine al caos?
Questo, in fin dei conti, è il tentativo che ci accomuna tutti: Uomini, Animali e perfino Macchine. E che dovrebbe tenerci uniti a maggior ragione per fronteggiare l’attuale nemico comune.
E oggi, più che mai, dovremmo cercare di imparare questa lezione a memoria.
Ed è in questa esatta, comune e doppia contingenza che possiamo trovare la nostra zona franca, il nostro terreno comune – l’area semantica di traduzione, come direbbe la nostra Anna Pompilio, o la nostra zona di inter-mediazione e comunanza, come ha scritto Giulio Destri – che ci riunisce tutti insieme in unico, coerente, cerchio: un disegno del mondo condiviso.
Un mondo condiviso, aggiungo, che lo è anche nostro malgrado, come si dice nella buona e nella cattiva sorte, nonostante le spinte davvero forti e all’apparenza inarrestabili che vediamo in ogni angolo del mondo verso l’individualismo, la brutalità e la pulsione nei fatti suicida, anche in termini ambientali, a prendere la cassa e scappare!
Ci voleva giusto una pandemia, forse, a ricordare che nessun luogo può essere davvero sicuro se è accerchiato da caos e anarchia, violenza e individualismo cieco, incapace di cercare – ancor prima che di trovare – per lo meno un senso comune condiviso e coerente, se non proprio un destino inter-dipendente.
Vorrei così chiudere questo “viaggio” nell’Interoperabilità con alcune frasi che ho scritto alcuni anni fa sempre a proposito di Coerenza e costruzione di senso comune. Parlavo di Arte, ma si può applicare pari pari alla Scienza:
“Il patto soggiacente , è che ci sia una sorta di disegno, a condurre il gioco. Una strategia, una ragione o un fine, piuttosto che un mero – anche se a prima vista coerente – si o no.
Il che non vuol dire che tale disegno debba per forza essere palese: deve però essere in qualche modo riconoscibile, o meglio, ricostruibile. E, a quel punto, la sua apparenza varrà di più della sua sostanza.”
In questa ricerca un tempo ad armi impari è ormai chiaro che, oggi, abbiamo una freccia/variabile in più, al nostro arco, ed è rappresentato dal linguaggio digitale e dalla sua possibilità di farci dialogare tra noi Umani con/attraverso le Macchine da noi realizzate.
Ed è esattamente da qui, che partirà il nostro tragitto 6memesiano del prossimo anno! 🙂
Alla prossima, Natalia
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