Lo Sport cambia passo: Big Data e Device Wearable sul podio?

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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Nel mentre che infuria la tempesta su “Olimpiadi a Roma sì” e “Olimpiadi a Roma no”, spostiamo lo sguardo di lato – com’è uso del nostro blog – e diamo conto di un’importante sviluppo nel mondo dello sport che ha ormai preso piede (e corpo) in tantissimi ambiti, e che ha di conseguenza connotato anche le Olimpiadi appena concluse.

Parliamo di un team recente, e tuttavia già affiatato, tra i Big Data e la cosiddetta device wearable, ovvero quella serie di dispositivi indossabili che, integrati con sensori, software etc., connettono il corpo umano con le sue funzioni, consentendo di monitorarle e misurarle in real time sia durante l’allenamento, allo scopo di migliorarne la performance, sia durante la gara vera e propria, così da ottenere informazioni utili per quelle successive.

Con tale approccio innovativo nel rapporto tra il corpo umano, i suoi limiti e le nuove tecnologie – come anche le paralimpiadi ci hanno ben mostrato – si possono raggiungere risultati sorprendenti, e questo vale non solo per il futuro, ma per il nostro presente.

Come riportato infatti in questo articolo, sono stati diversi gli sport che ne hanno già beneficiato durante le olimpiadi del Brasile, anche se il vero e proprio debutto dei Big Data è stato a Londra nel 2012, come ricorda Sky Christopherson, ex primatista nel ciclismo: «Sperimentammo sensori sul corpo e sulla bici di ogni atleta, per studiarne biomedica e fisica. (…) Abbiamo così tarato nutrizione, allenamenti, galleria del vento per ciascuna, eliminando la routine e vincendo un argento che nessuno sognava».

Le Olimpiadi 2016 di Rio, infatti, saranno di certo ricordate per l’utilizzo massiccio di soluzioni tecnologiche in tantissimi ambiti, non da ultima anche la preparazione degli atleti, i quali si sono affidati a device wearable e alla potenza dei big data per “monitorare aspetti quali la potenza resa dagli atleti nell’esercizio”.

Ad essere utilizzati, in questo caso, sono stati ad esempio occhiali speciali, gli smart glass, in grado di seguire le le corse dei ciclisti da ogni punto di vista (atleta, mezzo e utilizzo del circuito) e istante per istante, la soluzione iBoxer, che ha fornito ai giocatori di Boxe report dettagliati sulle caratteristiche degli atleti, e ancora le squadre di velisti che hanno potuto “allenarsi utilizzando modelli virtuali basati su dati e analisi di condizioni ambientali e atmosferiche (correnti, vento…)”.

Ma quali sono i temi di studio qualificanti di questa nuova “intesa” tra l’Uomo e le Macchine in ambito sportivo?

Innanzitutto il corpo stesso, che, durante gli sforzi cui viene sottoposto (pensiamo alla corsa, alla boxe o al nuoto) viene monitorato istante per istante nelle sue funzioni vitali, ma anche appunto nei suoi risultati agonistici, consentendo di scoprirne punti forza e Talloni d’Achille.

  In secondo luogo i circuiti di gara, per mettere meglio a punto le strategie di approccio agli ostacoli e ai percorsi previsti. È il caso della vela, della canoa, o del ciclismo, in cui gli itinerari possno essere studiati un millimetro alla volta.

  Per non dimenticare schemi e strategie di gioco, facilmente studiabili e interpretabili alla luce dei nuovi strumenti di analisi. Pensiamo ad esempio al calcio, all’hockey e al rugby, che possono essere rivisti “col senno di poi” in ogni loro anche più piccola mossa.

Il tutto finalizzato da un lato ad “aggredire” gli ostacoli agonistici e gli avversari, grazie a una conoscenza più dettagliata deelle loro carattersitiche, e dall’altra migliorare le performance degli atleti con una nuova frontiera del “doping”: quello tecnologico che, almeno sembra per ora, ha certo meno effetti collaterali.
Per non dimenticare, infine, le possibilità terapeutiche di tali conoscenze approfondite dei vari atleti in caso di infortunio, e le relative possibilità di intervenire dal punto di vista terapeutico in maniera più mirata e a ragion veduta.

E tuttavia l’imprimatur tecnologico di queste Olimpiadi non si ferma all’azione, ma corre velocemente verso la condivisione globale della stessa. Secondo questo studio, infatti, le Olimpiadi di Rio 2016 lo hanno confermato che “il digital è imprescindibile” nel caso di evenyti sportivi globali. Lo attestano cifre di tutto rispetto, ovvero i 187 milioni di tweet postati sulla manifestazione, che hanno generato a loro volta  75 miliardi di impression.

Se la contemporaneità si gioca sui numeri, dunque, questi sono tali da farci facili profeti: l’Uomo, che ha già toccato i propri limiti fisici contingenti con uno sforzo “naturale”, seppure per certi versi sovrumano, ha davanti a sé traguardi prima inimmaginabili, da porsi oggi e superare domani.

approfondimenti

Per saperne di più:

 

www.pcprofessionale.it

www.engage.it

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