Social Media. Colloquiali, professionali o telegrafici: tutto (o quasi) lo spettro dei registri di comunicazione.

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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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I social media sono utilizzati con tale e tanta disinvoltura da essere ormai oggetto di un’azione comune e quotidiana. Hanno conquistato una fetta sempre maggiore di pubblico e del nostro tempo, al punto che la vita di relazione di ciascuno di fatto si svolge tra due mondi, quello reale e quello digitale, in reciproca integrazione o meno.

A proposito di social media e dinamiche sociali, conviene sottolineare che esiste una netta distinzione tra due termini che spesso vengono, a torto, usati come sinonimi. Con social networks ci si riferisce a “strutture relazionali che hanno lo scopo di connettere le persone. Queste relazioni sono sempre esistite, fin dalle origini della storia perché – scomodando Aristotele – l’uomo è un animale sociale e in quanto tale tende ad aggregarsi con altri individui.
Oggi il mezzo principale con cui avviene questo interscambio sono i social media, ovvero “applicazioni per facilitare l’interazione, la collaborazione e lo scambio di contenuti all’interno di gruppi di utenti”. I social media sono un prodotto esclusivo della Rete e del nostro tempo, di cui esistono diverse tipologie, a seconda del bisogno sociale e comunicativo che soddisfano. E proprio per questo non sfuggono alle regole di ogni mezzo di comunicazione.

Infatti, dove esistono messaggio, mittenti e destinatari, situazioni comunicative e mezzi di comunicazione, esistono anche specifici registri comunicativi, convenzioni espressive, argomenti consueti, adeguati o da evitare. Nel caso dei Social Media, dunque, tanti quante sono le piattaforme stesse. E se tali caratteristiche comunicative possono avere potenzialmente infinite varietà per gruppi omogenei di utenti (o di target se chi comunica è un’azienda ad esempio), qui ci occuperemo in generale di temi e registri “istituzionali” dei vari Social Media.

Iniziamo allora da Facebook, il social più utilizzato al mondo, che potremmo definire “pop”, perché – così come la pop art voleva essere arte di massa in grado di rivolgersi a tutte le classi sociali – così Facebook è una piattaforma che raccoglie contenuti popolari, di ogni ispirazione e tone of voice. Su questa piattaforma il raggio d’azione è talmente ampio che si può spaziare tra i più diversi ambiti, affrontando argomenti anche importanti, ma con un livello di approfondimento sempre contenuto e un approccio divulgativo. Il pubblico a cui ci si rivolge su Facebook è costituto da reti di “amici”: per questo è utile un registro più informale, un tone of voice leggero e colloquiale, contenuti emozionali. A tale proposito, val la pena annotare che Facebook ha applicato il termine “amici” alle relazioni intessute sul web, alterandone profondamente il significato tradizionale, definendo amici persone che potrebbero anche non essersi mai incontrate, se non su Facebook appunto. Perciò se un registro informale è d’obbligo, è anche vero che talvolta gli utenti meno attenti dimenticano il contesto comunque scritto e personale, ma non del tutto privato, in cui si trovano ad agire.

Linkedin, in quanto social media specificamente dedicato al lavoro e al business, ha regole d’ingaggio comunicative molto diverse da Facebook. I post su Linkedin infatti non sono rivolti a una audience massiva, ma a un target specializzato e business oriented. I post su Linkedin dovrebbero far risaltare le competenze e le caratteristiche professionali o aziendali, incrementando di volta in volta brand awareness e brand identity o la reputazione personale. Per queste ragioni, si predilige un linguaggio formale, preciso e tecnico. Anche i contenuti, di conseguenza, si giovano di argomenti “alti” come l’attualità, la politica, innovazioni tecnologiche, notizie di finanza ed economia, a seconda del settore di riferimento.

Twitter si potrebbe collocare a metà strada tra Facebook e Linkedin. Per la sua natura “cinguettante” che vive di testi brevi e hashtag, ha il suo punto di forza in una comunicazione distillata, che arriva subito al punto, e che si presta ad essere usata sia dalla sfera privata che da quella istituzionale. Sintesi e rapidità del mezzo fanno sì che sia molto utilizzato per la comunicazione real time, ad esempio in caso di eventi, per le news e gli aggiornamenti di cronaca e attualità. I tweet ideali coniugano interesse e curiosità, per coinvolgere la community, e mentions di influencer per incrementare l’authority e creare buzz. Un registro bilanciato tra la colloquialità di Facebook e l’autorevolezza di Linkedin.

Infine un accenno a Instagram e Pinterest, i social delle immagini. Adottano un linguaggio prettamente visivo che si presta a temi come la moda, l’arte, il turismo e che può essere utilizzato anche per creare una comunicazione aziendale meno istituzionale e più “personale”. Numerosi brand e imprese, infatti, usano sia Pinterest che Instagram per mettere in evidenza “l’altro lato” della loro azienda, mettendo al centro il personale, i momenti di unione, e tutto quello che accade dietro alle quinte. I social fotografici vivono di un registro altamente personale: non ci sono regole fisse, solo creatività da liberare. Qui il testo ha una sua funzione importante sebbene didascalica, in grado di contestualizzare l’immagine, conferirle senso e valore.
Ma questi sono solo alcuni degli innumerevoli Social Media esistenti. Molti altri ne esistono: per ognuno si potrebbe vagliare lo specifico delle relazioni che vi si dispiegano, come i singoli si rispecchiano nel network di cui fanno parte e come questo a sua volta si rifletta nel linguaggio e nei registri comunicativi, giù per li rami fino a individuare – chissà! – una sorta di idioletto social.