Business e Rifiuti: il riciclo come valore d’impresa.

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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Il tema del riciclo dei rifiuti, oltre ad essere fondamentale per la salvaguardia dell’ambiente, riveste un’importanza primaria anche nella governance dei singoli comuni e, più in generale, nell’economia degli stati.
La responsabilità condivisa, infatti, di cui abbiamo parlato nella presentazione di questa Rubrica intitolata “Il ciclo del riciclo”, dovrebbe vedere imprese, cittadini e comuni attuare politiche virtuose in materia di riciclo e smaltimento dei rifiuti.
In Italia esistono esempi degni di nota, frutto di una efficace policy organizzativa, come i cosiddetti comuni ricicloni, amministrazioni locali impegnate in prima linea per risolvere il problema dei rifiuti. È il caso di Milano, dove la raccolta differenziata arriva al 53,4% o di Ponte delle Alpi (Belluno) che, con il suo 90%, si è classificato tra i primi a livello nazionale.

Se esistono case histories di eccellenze nel campo della raccolta differenziata, esistono anche esempi dove il rifiuto – grazie a un processo di innovazione – è diventato un elemento portante e redditizio del business aziendale.
Un esempio è l’impresa Mapei che, nei suoi laboratori di ricerca ha sviluppato Re-Con Zero (ovvero “Recycling concrete at zero impact”), un prodotto innovativo che permette di recuperare il calcestruzzo reso.
Altro esempio è l’azienda Lucart, che sfrutta la cellulosa contenuta nel Tetrapak per produrre tovaglioli, fazzoletti, carta igienica. Fungo Box è una cooperativa sociale milanese che – in collaborazione con Lavazza e Novamont – recupera il caffè per donargli non solo una seconda, ma una terza vita: il primo ciclo del riciclo trasforma il caffè in terriccio per produrre funghi di alta qualità, mentre il secondo riciclo avviene trasformando il terriccio residuo in fertilizzante.
Esempi, questi, di come possa esistere un’economia dai rifiuti “zero” che – ispirandosi a un modello circolare – è in grado di autogenerarsi: gli scarti diventano materie prime su cui investire per creare business reali e solidi.

Il percorso verso un’economia circolare diffusa è ancora lungo, ma anche in aziende dove il core business non è centrato sui rifiuti, possono essere applicate politiche ecosostenibili a basso costo, in grado di abbattere notevolmente l’impatto ambientale di un prodotto e di portare benefici in termini di risparmio di risorse produttive e finanziarie.
Ad esempio Barilla, semplicemente riducendo le dimensioni e modificando il packaging di uno dei suoi prodotti, ha ottenuto un risparmio del 39% di materia prima. Meno consumo, più quantità di prodotto all’interno del packaging, minor carico ambientale dell’imballaggio: ciò si traduce in minor emissioni di CO2, risparmio delle risorse idriche e di energia.

Sempre in tema di imballaggi, CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi), per il terzo anno consecutivo, ha lanciato il Bando Prevenzione con lo scopo di premiare imprese che hanno rielaborato il proprio packaging in un’ottica di sostenibilità. Come si legge sul sito, il progetto presentato deve far leva su almeno uno dei seguenti fattori: “riutilizzo, risparmio di materia prima, ottimizzazione della logistica, facilitazione delle attività di riciclo, utilizzo di materie provenienti da riciclo, semplificazione del sistema imballo e ottimizzazione dei processi produttivi”.
Anche un’altra iniziativa, gli “Oscar degli imballaggi”, dal 1957 premia gli involucri progettati o commercializzati in Italia: fra i requisiti oggetto di attenzione ci sono anche le performances ambientali.

Gli esempi citati dimostrano il valore della prevenzione nella filiera del packaging. Insomma, è meglio adottare misure finalizzate a ridurre l’impatto ambientale e impiegare meno materie prime, che dover poi gestire i rifiuti, recuperando così risorse e indirettamente profitto.
Ma, se per gli imballaggi “prevenire è meglio che curare”, non sempre è possibile mettere in pratica questa stessa regola per gli altri tipi di rifiuti (pensiamo ad esempio al legno o alla carta): è in questo contesto che il rifiuto può diventare un business a tutto tondo, costituire il know-how di un’impresa e diventare foriero di introiti e di guadagni.

 

approfondimenti

Per saperne di più


http://www.conai.org/prevenzione

http://www.istitutoimballaggio.it/
http://it.ibtimes.com/
http://www.conai.org/download-documenti
http://www.conai.org/prevenzione/pensare-al-futuro
http://www.conai.org/prevenzione/pensare-al-futuro/casi-di-successo