Trivio e Quadrivio: Lingua e Informatica.

Maps Group
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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Trivio e quadrivio sono le due componenti complementari delle arti liberali medievali: il primo afferente alla sfera matematica, il secondo composto da grammatica, retorica e dialettica, in un’ottica di unità degli studi caratteristica di quell’epoca. Anche l’umanista rinascimentale è del resto uno studioso a tutto tondo: pensiamo ad esempio alla figura mitologica di “quel” Leonardo che era insieme pittore, ingegnere, scienziato, intellettuale…
È nel sistema moderno che si attua invece la divaricazione del sapere fra scienza e cultura umanistica, uno iato che è all’origine di una certa vulgata che vuole gli “umanisti” in un mondo tutto loro, fuori da logiche concrete e utilitaristiche (non si sa se più sognatori o ingenui), mentre relega gli “scienziati” in luoghi del pensiero altrettanto chiusi e rigorosi, in un orizzonte fatto di soli numeri, regole e verifiche sperimentali.

A questo proposito, fra i motivi ispiratori del Blog 6memes, c’è proprio il desiderio di mettere in comunicazione Cultura e Parola con Numeri e Modelli, nella convinzione che ci sia tutto da guadagnare, dall’una e dall’altra parte. Perché, per essere davvero utile, la tecnologia deve nutrirsi ed essere immersa in un più ampio orizzonte culturale e, viceversa, la società nel suo insieme non può che trarre un grande vantaggio da una consapevolezza più diffusa e densa di significati (anche culturali e filosofici) del sapere tecnologico, oltre che dalla padronanza di un sapere umanistico non solo volto al passato e alle tradizioni, ma aperto al futuro e al cambiamento.
Naturalmente non abbiamo la pretesa, in questo, di essere particolarmente originali: sono anzi molti i filoni del sapere contemporaneo che hanno riattivato questa comunicazione virtuosa.
Ci riferiamo – oggi – all’applicazione della tecnologia digitale agli studi umanistici, si veda ad esempio il sito di The Alliance of Digital Humanities Organizations (ADHO), che si occupa appunto di promuovere e sostenere la ricerca digitale in ambito umanistico. Ma anche al possibile apporto della forma mentis umanistica agli studi scientifici.

A tal proposito ci vogliamo soffermare su un settore che ritieniamo affascinante (De gustibus… direte voi!), quello dell’applicazione dell’informatica agli studi linguistici, ovvero la linguistica computazionale che, secondo la definizione Treccani, “ha come oggetto di studio gli aspetti quantificabili del linguaggio e delle lingue: frequenza e quantità di informazione di ciascun elemento, restrizioni e regole di tipo morfologico e sintattico, traduzione automatica”.
Si tratta di una disciplina giovane, che ha avuto proprio in Italia uno dei suoi riconosciuti precursori, il Padre gesuita Roberto Busa. Una figura curiosa la sua, quella di uno studioso che negli anni Cinquanta del Novecento fu tra i primi a sentire la necessità di un’analisi del testo con strumenti computazionali.
Per seguire la sua “seconda” vocazione si rivolse a una delle principali aziende informatiche, IBM, affinché creasse per lui, di fatto, il primo software capace di indicizzare un testo e fare ricerche al suo interno. Insomma un ipertesto, che – nel caso di Padre Busa – era l’opera di San Tommaso d’Aquino.

La creazione e l’analisi con gli strumenti dell’informatica di corpora testuali (ad esempio il Brown Corpus del 1964 utilizzato per studiare l’inglese americano) ha dunque orientato la linguistica computazionale che, con l’informatica umanistica, sono divenute oggetto di ricerca e di insegnamento universitario anche in Italia, ad esempio presso l’Istituto di Linguistica Computazionale del CNR, a cui rimandiamo per l’approfondimento delle aree di competenza della disciplina.

Da parte nostra – semplificando e per fare esempi concreti – possiamo riassumere il filo del discorso sottolineando come tali aree riguardino:

– l’applicazione dell’informatica alla metodologia filologica, per lo studio e la conservazione dei testi;
– l’analisi automatica dei testi per compiere al loro interno ricerche semantiche ai fini dell’estrazione di conoscenza;
lo studio del linguaggio stesso, che permette, in tempi impensabili per un essere umano, ricerche e indagini su una grande quantità di materiale (si veda ad esempio questo articolo).

Potrebbero sembrare tutti concetti teorici e molto specifici, quasi avulsi dalla realtà… si tratta invece di approcci sperimentali che hanno ricadute assai concrete.
Un esempio ne sono gli stessi frutti della ricerca del succitato Istituto, ma anche l’ormai ovvia e da tutti conosciuta realtà dei motori di ricerca: non sono forse questi basati su algoritmi sempre più raffinati nella “lettura” di quantità esorbitanti di testi?
Lo stesso studio del funzionamento dei linguaggi – per fare un altro esempio concreto – può fungere da base per lo sviluppo di applicazioni che permettono la comunicazione da parte di persone con disabilità proprio nelle competenze comunicative. Si veda ad esempio uno dei campi di ricerca di Arcslab del Politecnico di Milano.

Molte altre possibili applicazioni possono riguardare inoltre gli ambiti industriali e commerciali, e per una volta – concedetecelo – ci prendiamo il permesso di essere autoreferenziali, citando strumenti software di business intelligence quali quelli sviluppati da Maps Group.
Clinika, ad esempio nel settore della sanità, e Webdistilled per l’analisi online e real time del sentiment. Entrambi infatti si fondano su motori semantici istruiti per annotare i testi in linguaggio naturale ed estrarne conoscenza.

Grazie alla linguistica computazionale è possibile dunque una nuova sinergia tra sapere umanistico e scientifico. Anzi, pare proprio che gli “umanisti” diventeranno essenziali allo sviluppo stesso della tecnologia – come possiamo leggere in questo interessante spunto. Dopo la crescita esponenziale del settore, in una nuova fase di assestamento e messa a frutto degli strumenti, “i prossimi 50 anni saranno probabilmente segnati da un ricongiungimento della cultura tecnica e quella umanistica: una vera e propria fusione dei due approcci”… E una (possibile) riscossa per i tanti laureati in materie umanistiche, a patto che aprano a loro volta il proprio sapere alla contemporaneità, e lo intendano con rigore scientifico!

approfondimenti

Per saperne di più


www.ehumanities.nl

www.smartdatacollective.com

 

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