L’altra metà dei BigData: il digitale, speriamo che sia rosa!

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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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Il settore tecnologico è destinato nel prossimo futuro a un’espansione tale da garantire un notevole impiego di posti di lavoro, circa due milioni entro il 2020, dicono le stime. Si potrebbe dire però – con un gioco di parole – che questo scenario dalle rosee prospettive non sembra essere più di tanto “rosa”.
Fra le tante sfide e i tanti problemi che le nuove opportunità tecnologiche presentano infatti al nostro paese, c’è anche quello della presenza attiva delle donne, sia come fruitrici del WEB, dei social e degli strumenti digitali in genere, che come protagoniste nel mondo del lavoro legato all’high tech e alla scienza.
Con un interessante paradosso che vogliamo sottolineare e riportato in un articolo della Stampa: nonostante le donne siano “formidabili nerd, patite di smartphone di ultima generazione, tablet e computer (…) per i quali arrivano a spendere la cifra record di 55 miliardi di dollari”, rappresentando “l’85 per cento di chi fa acquisti hi-tech”,  di questi stessi oggetti elettronici solo un “misero dieci per cento (…) viene pensato, studiato, disegnato nei contenuti e nelle forme da una di loro”. Gli uomini dunque producono, mentre le donne acquistano.

La cosa non ci deve stupire più di tanto. Dati alla mano, infatti, sul fronte dell’occupazione nel settore tecnologico si può riscontrare una preoccupante “differenza di genere”, e non solo in Italia: solo il 3% delle giovani in Europa, spesso disincentivate da società e famiglia, sceglie e porta a termine un percorso di studi in campo informatico, e solo il 19% degli imprenditori nel settore della tecnologia dell’informazione e comunicazione è donna. In America la situazione non è migliore: nei settori leader delle imprese hi-tech le donne occupano meno della metà dei ruoli guida disponibili e i loro stipendi sono più bassi. E tutto questo trova conferma nell’alto numero di cause legali intentate per discriminazione.

Le ragioni di questo segnare il passo di un’autentica compartecipazione delle donne allo sviluppo dei settori trainanti della società e dell’economia hanno radici antiche, che non è il caso di indagare qui. Basterà ricordare una certa tradizione educativa che consegna ancora oggi le bambine prima e le ragazze poi a stereotipi di genere negli studi e nella professione, innescando un circolo vizioso a lungo termine: non occupando posti di lavoro che prevedono competenze tecnologiche di alto profilo, l’accesso a questo sapere rimane per loro limitato.

Si tratta di un tema importante prima di tutto da un punto di vista socio-culturale: se le informazioni e le relazioni passano attraverso la rete, anche la componente femminile della società deve avervi accesso, sapendone padroneggiare con spirito critico, e piena consapevolezza, gli strumenti. E se anche da un punto di vista economico, sarebbe assurdo sprecare il potenziale e peculiare apporto delle donne alla crescita, per loro occupare posti decisionali e di rilievo nel settore tecnologico più innovativo – quello di Big Data e IoT – significa anche esercitare un diritto d’opzione, ponendo ad esempio problemi e tematiche che non troverebbero adeguata espressione in un mondo a maggioranza maschile.

Eppure esistono esempi di donne che, con la loro brillante intelligenza e sagacia sono riuscite a dimostrarsi alla pari anche del più abile ingegno maschile.
Una su tutti, Ada Lovelace. Nata a Londra nel 1816, la visionaria Ada, figlia del poeta Byron e di Anne Isabella Milbanke, educata a sua volta a studi matematici, è riconosciuta ideatrice del primo calcolatore analogico. Le futuristiche idee di Ada infatti furono determinanti per modificare il progetto di una macchina analitica al quale, nel 1833, stava lavorando il titolare della cattedra di matematica all’Università di Cambridge, Charles Babbage. Si configurò così la possibilità teorica di realizzare un “computatore”, ossia uno strumento programmabile in grado di elaborare, seguendo delle regole, numeri che rappresentano simboli… insomma, il più antico antenato del moderno computer!

Se Ada Lovelace rimane un fulgido esempio della caparbia intelligenza femminile che vetuste convezioni sociali non sono riuscite a soffocare, non è nemmeno l’unico.Vogliamo parlare di Mary Kenneth Keller, la prima donna, peraltro suora, a laurearsi in Computer Science negli Stati Uniti? O di Grace Murray Hopper che, ammiraglio e informatico statunitense, compì ricerche all’avanguardia nel campo del linguaggio di programmazione. Non solo, fu lei a coniare il termine “bug” per identificare un errore nella scrittura di un programma software.

Esempi di donne capaci di superare i limiti loro imposti dalle convenzioni del loro tempo, sono raccolti – anche attraverso interviste immaginarie – nel portale “Donne nella scienza.it” che vuole in questo modo ispirare le ragazze ad avere fiducia nelle proprie capacità e incoraggiarle alla scelta di percorsi di studio scientifici.
Riconoscere e far conoscere i contributi innovatavi che le donne hanno apportato e apportano al mondo della scienza infatti, può stimolare le più giovani a coltivare l’interesse per la tecnologia e per il digitale, fonte proficua di prospettive in ambito lavorativo, in un secolo dove scienza e tecnologia hanno acquisito un ruolo sempre più importante nella vita e per il futuro dell’uomo.
Proprio questo è lo scopo di Nuvola Rosa, un’iniziativa rivolta alle ragazze – giunta quest’anno alla terza edizione e organizzata nel maggio scorso a Milano – di corsi gratuiti, incontri e seminari su temi come, Big Data, social media, digital marketing.

La rotta da seguire è dunque insieme culturale e politica affinché attraverso le nuove generazioni – che sono naturalmente più predisposte all’utilizzo della rete, dei social e degli strumenti digitali – si possa costruire e promuovere un futuro tecnologico più “rosa”, e che soprattutto si giovi delle menti più brillanti, maschili o femminili che siano!
E per dare il nostro piccolo contributo alla diffusione di una nuova cultura digitale e tecnologia “in rosa”, segnaliamo di seguito alcune buone notizie ed alcune ottime pratiche.
Partiamo intanto dalla lista stilata da Digitalic, rivista del settore tecnologico, che ha individuato le dieci donne più influenti del 2014 nel comparto della tecnologia, e proseguiamo segnalando due siti al femminile dedicati al tema: www.donnetecnologie.org e www.girlgeeklife.com, entrambi ricchi di notizie e buone pratiche.

approfondimenti

Per saperne di più

 

– www.tgcom24.mediaset.it

– www.webnews.it

– www.linkiesta.it

– www.inchieste.repubblica.it

– www.donnenellascienza.it