The big “sport” data. Quando i numeri fanno goal!

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Otto anni fa iniziava l’avventura del blog #6MEMES, un luogo di conversazione tra tematiche tecnico-scientifiche e temi considerati di tipo umanistico, ispirato alle Lezioni Americane di Calvino.

In questi otto anni molto è cambiato e in maniera sostanziale: la cultura dei dati e del digitale è ormai dominante e i relativi settori di riferimento – comprese le contaminazioni culturali che li riguardano – sono diventati di dominio comune.

Per questo, nel 2022, il progetto #6MEMES ha raggiunto il suo traguardo e salutato i lettori.

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In Italia vivono circa 60 milioni di persone, che corrispondono – si sa – ad altrettanti potenziali allenatori di nazionali sportive, tutti competenti per “scienza infusa” e pronti a darsi battaglia anche in pubblico sui risultati ottenuti durante il fine settimana dalla squadra prediletta.

Discussioni tra il serio e il faceto segnano così il rituale del lunedì mattina, più imprescindibile di qualsiasi altro appuntamento, opinabile oltre il buon senso eppure irresistibile, regolato dalle leggi non scritte della mitica Gazzetta dello Sport, la cui lettura collettiva è spesso accompagnata da una serie di esclamazioni e di gesti “folcloristici” a commento delle varie performance sportive del weekend.

E’ evidente: lo sport è uno dei luoghi del cuore dove i sentimenti vincono sempre sulla ragione, anche per la sua stessa natura competitiva, quasi primordiale.

Eppure le cose stanno per cambiare anche in questa roccaforte dell’istinto: a sfidare il perdurare di questa consuetudine è il recente sviluppo di una tecnologia estremamente avanzata e puntuale, che commenta “oggettivamente” i fatti sportivi. Sembra un paradosso, ma non lo è.

Attualmente infatti, registrazioni video delle competizioni svolte effettuate ad altissima definizione e collegate a software in grado di generare un’ampia gamma di dati utili e pertinenti, forniscono all’allenatore i particolari più dettagliati sulle condizioni sia ambientali che del campo, oltre a un patrimonio di informazioni su ogni singolo atleta, tutti dati indispensabili per definire e migliorare lo stile di gioco sia singolo che di squadra.

E non si tratta mica di due o tre numeri: tra i chilometri percorsi, le accelerazioni e i passaggi sul campo da calcio, bastano tre difensori centrali per produrre più di trecentomila dati a partita, mentre ogni incontro di tennis può generare un database di circa duemila dati utili su servizi, ace, falli e posizioni dell’atleta in campo.

Lo sanno bene la nazionale di calcio tedesca di Joachim Löw e la Woman Tennis Association di Cincinnati, tra le prime società sportive ad utilizzare i Big Data in fase di allenamento e preparazione della partita.

E che dire del campione del tennis moderno Rafa Nadal, dotato di una racchetta tecnologica che, grazie a un microchip integrato nel manico e ad una serie di sensori installati lungo il piatto corde, registra ogni informazione sul colpo prodotto, misurando la performance nel suo complesso e generando una serie di dati efficaci per l’elaborazione delle tattiche di gara?

Un altro interessante modello è la squadra di ciclismo femminile degli Stati Uniti che, da team perdente, è riuscita ad aggiudicarsi la medaglia d’argento alle ultime Olimpiadi di Londra nel 2012 grazie ad un efficiente monitoraggio delle prestazioni delle atlete.

Ogni aspetto in grado di influire sui risultati – dalla dieta al sonno, dall’ambiente circostante all’intensità dell’allenamento – è stata registrato e rielaborato per creare programmi personalizzati mirati ad ottenere il miglior risultato possibile da parte di ogni membro della squadra.

Il grado di raffinatezza di tali strumenti è arrivato ad assegnare ad alcune cicliste un materasso ad acqua termicamente controllato, che ha mantenuto il loro corpo a un’esatta temperatura durante la notte, garantendo loro un sonno profondo ed una conseguente naturale produzione di ormone della crescita umana e di testosterone, così da assicurare una prestazione sportiva migliore il giorno seguente.

Non meno significativo e preponderante è ormai l’utilizzo dei Big Data anche per le previsioni in ambito sportivo: lo stesso motore di ricerca Bing ha impiegato questo genere di analisi per le sue predizioni sull’ultima Champions League, azzeccando nei quarti di finale il pronostico di 3 risultati su 4, mentre le agenzie di scommesse, specie quelle inglesi, si avvalgono abitualmente dei Big Data per il controllo delle classifiche e per piazzare al meglio le giocate.

Davanti a questo scenario, anche il tifoso potrebbe modificare in parte la sua modalità di partecipazione sportiva ad eventi sempre più fortemente connotati dal business, che si tratti di migliorare le prestazioni degli atleti, prevenire gli infortuni sul campo o creare modelli predittivi sempre più efficaci da applicare al mercato delle scommesse.

Eppure, se anche la Gazzetta dello Sport si tramutasse in un efficientissimo tablet dove scorrere immagini di numeri, grafici e tabelle – dove i dati e le statistiche raccontassero lo sport in modo diverso – esiste (e resiste, per ora) una variabile tutta umana che i Big Data non sono in grado di anticipare: il talento puro, il bagliore imprevedibile del genio che rende lo sportivo un autentico campione!

approfondimenti

Per saperne di più

 

– Sole 24ore
– Forbes
– Wired